Roma «Delle compagnie non si perde occasione per parlar male. Nessuno, invece, si sofferma sul fondamentale contributo che danno alla stabilità del sistema economico e finanziario italiano. Penso in particolare a quello che si è verificato nel momento in cui la crisi ha investito i debiti sovrani. Quando gli investitori esteri, che detenevano una parte significativa del debito pubblico italiano, hanno abbandonato il nostro Paese, le imprese assicurative non soltanto non hanno venduto i titoli in loro possesso, ma alla scadenza hanno immesso nuovi flussi di liquidità ». Aldo Minucci, presidente dell’Ania, predilige l’understatement, ma quando si ricordano le ‘magagne’ delle assicurazioni, dall’eterna questione di un’Rc auto che in Italia ha tariffe cronicamente troppo alte a comportamenti collusivi contro le liberalizzazioni (l’ultima istruttoria aperta dall’Antritrust riguarda un accordo fra le principali compagnie che si sospetta dettato dalla volontà di depotenziare la libertà degli agenti), allora emerge la grinta. Alla vigilia dell’annuale assemblea dell’Ania che si terrà la prossima settimana, martedì 2 luglio, Minucci fa il punto della situazione. Dottor Minucci, non è colpa dei giornalisti se le compagnie sono sempre al centro di turbolenze. Pensiamo all’esplosione del caso Fondiaria-Sai, che certo non ha fatto fare al sistema assicurativo una bella figura. «Ci si dimentica però che il settore assicurativo, anche nei

momenti più difficili, ha sempre risolto i problemi al suo interno, senza chiedere soldi allo Stato. Anche questa volta è stato così, a prescindere dalle polemiche sulla soluzione adottata. Ciò dimostra che il settore, nel suo complesso, è solido. A differenza di altre realtà finanziarie, nell’attuale crisi economica non c’è stato un solo momento di preoccupazione per gli assicuratori italiani. Non soltanto, ma adesso i dati dei primi tre mesi del 2013 sull’attività assicurativa sono positivi: in particolare, la raccolta delle polizze vita è di nuovo in crescita del 18%, dopo i cali del 2011 e del 2012». Per tutti i tipi di polizze vita? «Sì, sia per le unit linked, che per le polizze tradizionali che per quelle di capitalizzazione. Si tratta di un segnale forte per l’economia italiana. Siamo in controtendenza rispetto all’andamento generale, ma il settore di solito anticipa il trend nazionale». E i rami danni? «Nei primi tre mesi del 2013 abbiamo un calo della raccolta del 5%, che si spiega in due modi, uno positivo e uno negativo». Cominciamo da quello positivo. «A partire dal settembre del 2012, e ancor di più nei primi mesi di quest’anno, è cominciato un processo di riduzione delle tariffe dell’Rc auto. Ad aprile del 2013 il settore ha registrato una diminuzione dei prezzi pagati dagli assicurati del 4,5%». E quello negativo? «C’è un calo nei premi pagati dalle aziende. È il chiaro portato della crisi economica». Torniamo all’Rc auto. Lei dice che le tariffe stanno scendendo. Sarà, ma è dei giorni scorsi l’intervento del presidente dell’Antitrust, Pitruzzella, che ricorda che il premio medio in Italia continua a essere più del doppio di quello pagato in Francia e superiore dell’80% a quello tedesco. «Ci sono ragioni strutturali che spiegano queste differenze. Ad esempio, in Francia le strade sono meno pericolose di quelle italiane per caratteristiche morfologiche e per qualità di manutenzione. I risarcimenti per danni a cose e persone sono più bassi. Inoltre, anche l’incidenza delle frodi è molto meno elevata». Sono anni che si dicono le stesse cose. Ma non c’è mai un passo avanti: le tariffe italiane continuano a essere largamente superiori a quelle europee anche dopo che il tasso di sinistrosità è sceso. «Se si vuole che le tariffe Rc auto si riducano in modo strutturale bisogna in primo luogo approvare le nuove tabelle sul danno biologico per le invalidità superiori al 9%. Sono sette anni che chiediamo ai vari governi di approvarle. Con l’esecutivo Monti eravamo in dirittura d’arrivo, poi all’ultimo momento ci fu l’opposizione di alcune associazioni forensi. Ma noi riteniamo che sia indispensabile approvare questa norma». Perché? «Perché, come concordano alcune associazioni dei consumatori, da sola garantirebbe una diminuzione delle tariffe dal 3 al 5%». Sì, ma a patto di accettare una probabile riduzione del risarcimento. E poi, scusi, ma cos’è un 3-5% quando andando su Internet le differenze tra le tariffe possono essere anche nell’ordine del 100 e più per cento? «Il 3-5 per cento sul complesso dei premi non è poco. Il premio medio dopo le tasse è di 540 euro, non di 1.000 euro come affermato da qualche associazione dei consumatori. Tenuto conto che le polizze sono 41 milioni, si tratta di un risparmio compreso tra 700 e 1.100 milioni. Inoltre la variabilità del risarcimento, dipendendo da un giudizio discrezionale del giudice, non mi sembra una soluzione equa. Gli italiani hanno il diritto di conoscere con certezza la dimensione dell’importo per il proprio danno. Quel che lei dice sulle differenze tariffarie è vero, e tra l’altro dimostra che la concorrenza, in questo Paese, funziona davvero». Le differenze tariffarie, reperibili soprattutto su Internet e quindi non per le fasce sociali più deboli, certamente ci sono. Ma, come ha riconosciuto anche l’Antitrust, sono persino eccessive e contribuiscono a disorientare il consumatore. «Le compagnie determinano il prezzo soprattutto in relazione alla diversa valutazione del rischio correlato all’assicurato. Il prezzo praticato può talvolta dipendere anche dalle loro politiche commerciali ». Lei ha parlato prima di solidità del sistema assicurativo. Lo sarà anche con i nuovi parametri patrimoniali di Solvency 2? «Le nostre imprese vedono con grande favore Solvency 2. Finalmente avremo criteri valutativi di solidità patrimoniale omogenei in tutta Europa. E le assicurazioni italiane non temono il confronto, visto che in Italia ci sono sempre stati criteri più restrittivi. La competizione avverrà su un campo uguale per tutti. Ma è importante che le regole che verranno adottate siano coerenti con il business model dell’attività assicurativa e non scoraggino l’offerta di garanzie e l’investimento a lungo termine. Inoltre, con questi criteri le ‘avventure’ finanziarie e assicurative non saranno più possibili ». (a.bon.)