di Gabriele La Monica Mf-Dow Jones

Il nuovo piano industriale di Mediobanca, che sarà presentato ai mercati venerdì, segnerà una forte discontinuità per la merchant bank guidata da Alberto Nagel nella misura in cui chiuderà l’epoca dei salotti buoni e con essa una buona parte delle logiche che hanno regolato, e regolano, il capitalismo di relazione.

Uno dei presupposti del nuovo piano, complici anche i vincoli imposti da Basilea 3 che entreranno in vigore dal prossimo mese di marzo, è che nessuna partecipazione è strategica, con l’eccezione delle Generali, la cui quota però è destinata a subire una sforbiciata del 3% ed essere quindi ridotta al 10% circa. Questo significa una progressiva uscita da tutti i patti di sindacato, che per anni sono stati il reticolo che ha sostenuto, nel bene e nel male, il capitalismo di relazione. Da un punto di vista strategico le alleanze industriali e finanziarie saranno molto più mobili e variabili. Le nuove regole sull’assorbimento di capitale da parte della partecipazioni non core delle società finanziarie hanno aiutato Nagel a velocizzare la riduzione delle attività di holding e il contestuale rafforzamento delle attività core del corporate e investment banking.
 

Un percorso avviato da tempo, che ora subirà l’accelerazione definitiva. Un accelerazione che consentirà, fra l’altro, di aumentare ulteriormente la presenza all’estero. Il nuovo corso di Mediobancadovrebbe riverberarsi anche nel patto di sindacato. Nel dettaglio, l’accordo, che oggi vincola poco più del 42% del capitale, dovrebbe dimagrire di circa 8 punti percentuali. In linea di principio, venendo meno le logiche relazionali, dovrebbe venire meno anche l’interesse da parte di tutti coloro che hanno quote vincolate molto sottili e in ogni caso abbondantemente sotto l’1%. Tramontato il capitalismo relazionale, dovrebbe tramontare anche l’interesse ad avere quote segnaletiche all’interno del patto, che prospetticamente dovrebbe essere molto meno popolato rispetto ad oggi. (riproduzione riservata)