di Marco A. Capisani  

Rivoluzione in Mediobanca, che annuncia la fine del patto di sindacato di Rcs e manda «in soffitta» il salotto buono della finanza, così come è sempre stato definito l’accordo dei grandi soci di Rizzoli che controlla oltre il 58% del capitale. L’istituto milanese abbandona quindi la scuola del suo fondatore Enrico Cuccia e svaluta la partecipazione nel gruppo del Corriere della Sera (e in Telco che controlla il gruppo Telecom Italia), operazione che porterà a chiudere l’esercizio corrente con una perdita di 200 milioni di euro.

La presenza stessa di Mediobanca in Rcs risulta perciò transitoria. Da settembre i grandi soci potranno dare disdetta dal patto di sindacato, in scadenza nella primavera 2014.

Ad annunciare il cambiamento è stato ieri l’a.d. di Piazzetta Cuccia Alberto Nagel, aprendo in contemporanea a un ruolo di primo piano per Diego Della Valle, azionista all’8,65% che a sua volta ha dichiarato l’altroieri di esser pronto a dare il proprio contributo nell’aumento di capitale di Rcs a fronte di una revisione del piano industriale presentato dall’a.d. Pietro Scott Jovane.

«Tutti gli azionisti che si impegnano e mettono» capitali in Rcs «devono poter esprimere la propria opinione e partecipare al tavolo senza steccati tra soggetti del patto e fuori patto». Quindi «ben venga il contributo di azionisti come Della Valle a piani attuali o futuri», ha detto Nagel durante la presentazione del piano strategico al 2016 che porterà Mediobanca a concentrarsi soprattutto sull’attività bancaria. Ma, ha avvertito il banchiere su ricapitalizzazione e piano industriale, «oggi c’è un’operazione sul mercato. C’è un documento di offerta che parla di un piano, non ci sono i margini temporali per cambiarlo». Però «c’è tutta la disponibilità a ragionare appena finito l’aumento di capitale». L’attuale azionariato di Rcs Mediagroup «non è adeguato», ha sottolineato Nagel. «Dopo l’aumento di capitale si capirà la geografia dell’azionariato del gruppo. Poi immediatamente bisogna muovere per avere il superamento del patto di sindacato». Il consiglio di Nagel? «La società ha bisogno di qualcuno che si faccia carico delle linee imprenditoriali e strategiche. Non è un mestiere per le banche ma di un imprenditore, di un editore che ambisca a questo tipo di progetto».

Riguardo alla ricapitalizzazione di Rcs, la situazione «è fluida. Fino alla fine dell’esercizio delle opzioni non possiamo conoscere la quantità dell’optato o dell’inoptato. Non vediamo bene un’ipotesi di grande inoptato di cui farci carico, ma ci spiace che il principale azionista», ha aggiunto Nagel riferendosi a Giuseppe Rotelli, «abbia deciso di non sottoscrivere. Però possiamo capire le sue ragioni». E proprio ieri l’imprenditore della sanità lombarda ha annunciato di aver venduto, tra giovedì e venerdì, circa 4,6 milioni di diritti di opzione. I diritti totali di Rotelli dovrebbero essere pari a circa 14,3 milioni tra la quota posseduta (13,03%) e quella in opzione dal Banco Popolare (3,52%). Non ha esercitato finora alcuno dei diritti di opzione relativi nemmeno la famiglia Benetton attraverso la holding Edizione, vedendo diluire la sua quota post aumento dal 4,794% all’1,045%.

Posizione diversa, invece, per Pirelli che non ha ancora esercitato ad oggi i diritti di opzione ma ha ribadito l’impegno a sottoscrivere tutti i diritti di opzione relativi, mantenendo inalterata la sua quota al 5,3%. Se la società guidata da Marco Tronchetti Provera sottoscriverà i diritti di opzione per le azioni fuori patto, la sua quota salirà allora al 5,4%.

Ieri il titolo Rcs ha chiuso in Borsa a -6,6%.

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