di Paola Valentini

Dietro al boom del risparmio gestito italiano un ruolo rilevante è giocato anche dalle private bank. Grazie ai rendimenti ottenuti da fondi e gestioni nell’ultimo periodo questi operatori puntano sull’asset management per offrire alternative attraenti ai Paperoni che oggi non trovano più un’alta remunerazione sui conti di deposito o sui titoli di Stato italiani.

Non a caso dalla relazione annuale della Banca d’Italia (si veda a pagina 14) emerge che nel 2012 gli investitori italiani hanno venduto titoli del Tesoro per 28 miliardi e 25 miliardi di obbligazioni estere e parte di questi capitali sono andati proprio nei fondi. Una tendenza che coinvolge piccoli e grandi private bank.

 Si spiegano anche così i numeri positivi realizzati dall’industria dell’asset management dopo il rosso degli anni passati: nei primi quattro mesi del 2013 la raccolta netta è stata di oltre 27 miliardi, di cui 19,2 confluiti in fondi e sicav. Per esempio, Intesa Sanpaolo Private Banking ha spiegato che «nel primo trimestre so è registrata una forte crescita degli asset gestiti, passati a 78 miliardi ovvero 1 miliardo in più da inizio anno, grazie all’azione commerciale della rete e ai rendimenti ottenuti dai prodotti di risparmio gestito».

Stesso trend anche in Banca Ifigest, che nel 2012 ha registrato una crescita del 35% delle sottoscrizioni dei fondi comuni e delle sicav, con un controvalore totale è passato dai 160 milioni di fine 2011 ai 216 milioni di fine 2012, arrivando a 1,7 miliardi di masse totali, che nei primi quattro mesi di quest’anno sono cresciute di altri 150 milioni. Ma se per le boutique specializzate l’asset management consente di ottenere maggiori commissioni per le banche commerciali, i capitali dei Paperoni rappresentano anche un bacino di raccolta stabile in una fase che resta comunque difficile per la provvista. Non a caso anche Mps considera il private banking una delle chiavi del rilancio dell’istituto e ha appena riorganizzato le attività in questo settore, dove oggi conta su 21 miliardi di raccolta e 400 gestori. La banca senese punta sulla consulenza su fondi e gestioni grazie a una piattaforma internazionale che consente di accedere a comparti italiani ed esteri. Proprio le grandi griffe estere stanno beneficiando della ripresa della raccolta fondi. A partire da Franklin Templeton, come emerge dalla classica delle società che hanno raccolto di più in fondi aperti da inizio anno. La società di gestione Usa spicca con flussi netti per 3,6 miliardi di euro in quattro mesi, segue il gruppo Intesa Sanpaolo con 2,8 miliardi, di cui 2,5 di Eurizon Capital e 269 milioni di Banca Fideuram, terza è Jp Morgan con 1,5 miliardi. AncheAzimut, che ha di recedente creato una divisione dedicata proprio ai clienti top, ha avuto flussi record nel risparmio gestito che ha masse per 18,8 miliardi, in progresso del 7,2% da inizio anno anche grazie a una performance media ponderata netta al cliente vicina al 3% nei primi quattro mesi del 2013. «In soli quattro mesi abbiamo superato il miliardo di raccolta netta sfiorando i 21 miliardi di masse complessive», sottolinea Pietro Giuliani, presidente e ad del gruppo Azimut. Dal canto suo la raccolta netta totale di Banca Generali ad aprile è stata pari a 241 milioni, di cui 121 realizzati dalla rete Banca Generali (519 da inizio anno) e 120 da Banca GeneraliPrivate Banking (342 da inizio anno). «Si tratta della performance mensile migliore dal gennaio dello scorso anno, in cui si evidenzia la forte richiesta di prodotti di risparmio gestito, con 314 milioni realizzati nel mese e 900 da inizio anno. La riduzione dei tassi d’interesse sui governativi e le attese di un miglioramento delle prospettive dell’Eurozona stanno orientando la clientela verso soluzioni di investimento di risparmio gestito che consentono di aumentare la diversificazione dei portafogli e cogliere le opportunità di investimento che i mercati finanziari internazionali offrono», spiegano dall’istituto guidato dall’ad Piermario Motta. Record anche per Banca Mediolanum, che in aprile ha registrato il massimo storico nella raccolta netta in fondi con flussi per 538 milioni.

 

Il mercato resta comunque ampio perché, secondo i dati Consob, oltre il 91% della ricchezza finanziaria degli italiani è relativo a forme di risparmio amministrato. Dalla relazione della Banca d’Italia emerge anche che nei forzieri dei conti di deposito vincolati sono affluiti lo scorso anno ben 51 miliardi. Somme che, una volta arrivate a scadenza, dovranno trovare alternative di rendimento, visto che oggi i tassi dei conti di deposito sono in ribasso per la discesa dello spread. Si spiega così la concorrenza dei gruppi esteri che puntano sull’Italia nonostante le difficoltà economiche del Paese. In particolare, le banche svizzere sono tra le più attive perché con l’abbandono del segreto bancario puntano a diventare i gestori in chiaro delle ricchezze detenute nei Paesi limitrofi. E ora dalla loro hanno un’arma in più. Con la libera prestazione dei servizi queste strutture possono offrire in Italia i propri prodotti direttamente dalla Svizzera. Si potrà per esempio aprire una gestione in franchi fatta da Zurigo. Dopo la lotta ai paradisi fiscali le banche svizzere vogliono uscire dall’angolo e accreditarsi come gestori di patrimoni dichiarati. E vanno all’attacco anche con acquisizioni. L’ultima mossa in ordine di tempo è quella Union Bancaire Privée, una delle principali banche private svizzere, che ha siglato un accordo per acquisire il private banking internazionale di Lloyds Banking Group. (riproduzione riservata)