di Anna Messia

La crisi trasforma il bancario in promotore finanziario e dopo un’intero quinquennio di fuga dalla professione il numero degli iscritti all’albo dei pf ha ripreso a crescere. Il dato balza agli occhi analizzando il primo trimestre di quest’anno: le nuove iscrizioni, pari a 868, hanno superato le cancellazioni, che sono state 576, con un saldo netto che è stato quindi positivo per 292.

Un trend che era già partito nell’ultima parte del 2012 e che, come rilevato ieri da Giovanna Giurgola Trazza, presidente dell’Apf, l’organismo di gestione dell’albo, deriva in gran parte dall’afflusso di dipendenti bancari che sono stati avviati alla professione di promotore finanziario o che hanno deciso di cambiare mestiere e lasciare la banca. La tendenza è quindi con ogni probabilità destinata a proseguire, alla luce degli esuberi di personale e filiali che caratterizzano il sistema bancario tradizionale italiano, attualmente alle prese con la crisi e l’esplodere delle sofferenze.

Del resto sono numerose le banche che stanno riscoprendo questo canale di distribuzione, a partire da big come Intesa Sanpaolo e Unicredit, perché raccogliere tramite promotori è particolarmente utile per intercettare liquidità e risparmi in questa fase di contrazione del credito. Ma bisognerà capire quanto questa tendenza sarà duratura, mentre d’altro canto la professione di promotore finanziario continua a soffrire di un’altra patologia allarmante, ossia l’invecchiamento della categoria senza sufficiente ricambio generazionale. I giovani sotto i 30 anni rappresentano appena il 2% degli iscritti contro il 14% di dieci anni fa. Non perché i giovani non siano interessati a intraprendere questa professione, visto che sono ancora tanti coloro che presentano domanda per partecipare alla prova d’esame propedeutica per l’iscrizione all’albo. Il problema è che non trovano società di intermediazione e banche disposte ad assegnare loro un mandato per farli lavorare e quando lo trovano molto spesso non riescono a guadagnare abbastanza. Un modo per facilitare l’ingresso delle nuove leve potrebbe essere «lo sviluppo di nuove forme di aggregazione per l’esercizio della professione, come gli studi associati», ha aggiunto Giurgola Trazza. Aggregazioni che a livello europeo sono state consentire dalla Mifid ma che in Italia sono bloccate dall’articolo 31 Testo Unico della Finanza, che andrebbe quindi riformulato. (riproduzione riservata)