di Angelo De Mattia

C’è attesa per le proposte del governo volte a semplificare, eliminare e velocizzare alcuni adempimenti a carico di imprese e cittadini. In verità le semplificazioni sono già da qualche anno nelle agende dei Consigli dei ministri, ma apprezzabili risultati non se ne sono visti. Il fatto è che le diverse misure adottate trascurano i necessari interventi a monte, che dovrebbero tradursi in una profonda riorganizzazione della Pubblica amministrazione che tocchi strutture, tecnologie, norme, procedure e risorse umane. Il nuovo Ragioniere generale dello Stato, che proviene dalla Banca d’Italia, conosce bene come rispondere a questa esigenza per l’operatività corrente e la definizione di strategie a più lungo termine. Per non parlare del ministro Fabrizio Saccomanni, già direttore generale del medesimo Istituto, e del viceministro, Stefano Fassina, molto attento anche a questi aspetti. Per velocizzare la macchina pubblica occorre la massima credibilità di tutto il governo. Non sarebbe probante in tal senso il comportamento – sia del passato esecutivo sia dell’attuale, con l’attenuante per quest’ultimo del recente insediamento – tenuto sulla Commissione di vigilanza sui fondi di previdenza (Covip). Il governo Monti aveva approvato un decreto che concentrava nella Banca d’Italia le funzioni dell’Isvap e della Covip: ne sarebbe derivata l’integrazione e l’organicità delle competenze di controllo, se non altro per i profili di stabilità e di sana e prudente gestione sull’intera area del credito e del risparmio, ferme restando le attribuzioni di Consob e Antitrust per le corrispondenti finalità. Sarebbe stato un passo verso una vera riforma delle Authority, più volte auspicata su queste colonne. Sennonché, di fronte a un trasversale schieramento parlamentare che voleva tenere in vita la Covip – anche per una lottizzazione dei vertici o per pura demagogia – il governo Monti fece la pessima figura della marcia indietro e stralciò dal decreto la soppressione della Commissione. Quanto all’Isvap, ne fu decisa la trasformazione in Ivass con l’incardinamento nella Banca d’Italia. Poi, scaduta la presidenza Covip nonché il mandato di un altro commissario, il governo designò al vertice la professoressa Fiorella Kostoris, distinta e molto apprezzata economista, ma per la sopraggiunta fine della legislatura non fu possibile acquisire, sulla nomina, il necessario parere delle competenti Commissioni. Ora il procedimento sarebbe considerato di fatto estinto. Di conseguenza da febbraio la Covip è senza presidente e oggi, in luogo dei tre commissari che dovrebbero formare il vertice, ha un solo commissario, Rino Tarelli, che in pratica svolge anche le funzioni di presidente. Situazione che non può continuare se non altro per decenza istituzionale: si pensi che la vacatio di vertice ha reso impossibile la presentazione della relazione annuale dell’Autorità. È l’esito dell’indecisione massima su questo problema del governo Monti e della sua adesione a pressioni corporative. La decapitazione per inerzia dell’Authority – che coinvolge anche personaggi terzi come la persona che si era deciso di nominare – dovrebbe essere occasione per ripensare alla mancata confluenza nella Banca d’Italia e per attuarla, valorizzando così anche le risorse umane di cui la Covip dispone. Si guadagnerebbe in efficienza, economicità e tutela del risparmio. Che ne pensa il ministro del Lavoro? Non procedere alla suddetta riconsiderazione sarebbe un errore. Ma almeno si ricostituisca presto il collegio di vertice. (riproduzione riservata)