di Carlotta Scozzari

Btp e simili, in un momento di incertezza economico-finanziaria come quello attuale, vanno di gran moda nei portafogli di banche e famiglie. È questo uno degli aspetti emersi dalla relazione annuale della Banca d’Italia e dalle considerazioni finali post assemblea del governatore, Ignazio Visco, tenutasi a Roma giovedì 31 maggio. L’atteggiamento del quale nei confronti degli istituti di credito del Belpaese sembra essere in bilico tra le critiche e la giustificazione.
Come si legge dalla relazione di Palazzo Koch, nel 2011, gli acquisti di attività finanziarie delle famiglie, al netto delle vendite, sono stati pari a 41 miliardi di euro, in diminuzione dai quasi 62 dell’anno precedente. Gli investimenti si sono diretti in larga parte verso i titoli pubblici, in particolare quelli a medio-lungo termine, ossia principalmente Btp (47 miliardi), «resi appetibili dagli elevati rendimenti offerti, soprattutto nella seconda parte dell’anno». Come noto, a spingere verso l’alto i tassi offerti da questi prodotti è stata la stessa crisi, manifestatasi con il preoccupante ampliarsi dello spread di rendimenti tra Italia e Germania. 
Quanto alle banche, dalle parole pronunciate da Visco nelle Considerazioni finali si deduce quanto già intuito dai più, ossia che gran parte del denaro preso a prestito dalla Bce tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 al tasso di interesse stracciato dell’1%, piuttosto che all’economia, è andata verso Btp e simili. «Gli acquisti netti di titoli di Stato da parte delle banche italiane, modesti o negativi negli ultimi mesi del 2011, nei primi tre mesi dell’anno in corso sono stati pari a 70 miliardi», ha fatto sapere il numero uno di Via Nazionale. 
Il governatore di Bankitalia sembra, tuttavia, almeno in parte giustificare la prudenza delle banche nel concedere credito. «La critica alle banche di essere disattente alle esigenze dell’economia – ha detto – non è corretta» poiché gli istituti di credito sono esposti «in misura rilevante nei confronti delle famiglie e delle imprese meritevoli di credito, anche se in difficoltà» e «possono continuare a sostenerle». E, ancora, Visco ha puntualizzato che «la dinamica effettiva dei prestiti non riflette solo fattori di offerta, ma anche la debolezza congiunturale della domanda e il deterioramento della qualità del credito». 

MENO PRESTITI. Non solo: il governatore ha lasciato intendere che difficilmente nel futuro i prestiti concessi all’economia potranno crescere in maniera considerevole: «Le difficoltà di raccolta e l’aumento dei premi per il rischio sui mercati all’ingrosso impongono alle banche di procedere, con la necessaria gradualità, a un riequilibrio del rapporto tra impieghi e fonti stabili di raccolta. Lo squilibrio attuale rende difficile in prospettiva il ritorno a un modello di crescita della redditività bancaria». 
A ostacolare la redditività sono, inoltre, i costi operativi, che secondo Visco vanno tagliati. Per procedere in questo senso, il governatore fornisce la ricetta: rivedere le «remunerazioni degli amministratori e dell’alta dirigenza» e ridurre «il numero dei componenti degli organi amministrativi».