di Andrea Di Biase

La conferenza telefonica di venerdì 21 giugno, nel corso della quale l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, ha presentato il progetto di integrazione tra la compagnia bolognese e Fondiaria-Sai, si è trasformata a un certo punto in una sorta di processo pubblico. L’accusa rivolta alla compagnia bolognese? Di essere assai fragile dal punto di vista patrimoniale a causa delle possibili svalutazioni sui titoli strutturati in portafoglio. Poco importa se Cimbri abbia sempre negato questa eventualità. Almeno ad ascoltare le domande di alcuni degli analisti che hanno partecipato alla conferenza, questi dubbi rimangono. D’altra parte, nell’ultimo mese alcuni organi di informazione hanno più volte sollevato la questione citando il lavoro degli advisor di FonSai sui conti di Unipol. Il tema è stato affrontato una prima volta da Repubblica, venerdì 18 maggio, all’indomani della riunione del cda di FonSai sui concambi. In quell’occasione, nel corso della riunione del comitato parti correlate, Salvatore Bragantini, il consigliere eletto nella lista di minoranza presentata dal fondo Sator di Matteo Arpe, aveva espresso il proprio voto contrario. Bragantini, che formalmente è un amministratore indipendente, non avendo legami con Sator, se non il fatto di essere stato candidato da Arpe, aveva motivato il proprio parere negativo «con i dati rivenienti dal lavoro degli advisor». «Alla stregua di tali dati », segnalava Bragantini, «Unipol Assicurazioni risulta avere un patrimonio netto rettificato, ai fini del calcolo dell’embedded value, assai più basso dell’omologo valore che gli stessi advisor hanno determinato per Fondiaria-Sai». Il virgolettato del consigliere è contenuto nel comunicato di FonSai del 24 maggio. Nell’articolo di Repubblica di sei giorni prima, tuttavia, pur senza citare Bragantini, questa posizione veniva ampiamente illustrata. Il quotidiano citava i numeri presentati da Goldman Sachs e Citi, advisor di FonSai. Numeri diametralmente opposti a quelli indicati dai consulenti di Unipol (Lazard e Jp Morgan). Secondo il documento su cui si basava l’articolo di Repubblica, Unipol Assicurazioni avrebbe un patrimonio netto negativo per 209 milioni anche dopo l’aumento di capitale da 600 milioni, mentre il patrimonio netto di FonSai sarebbe positivo per 1,32 miliardi dopo la ricapitalizzazione da 1,1 miliardi. La clamorosa differenza discende da differenti valutazioni dei titoli in portafoglio alle due compagnie e degli immobili. Secondo Goldman infatti il portafoglio di Unipol dovrebbe essere svalutato di 1,33 miliardi, quello di FonSai per soli 220 milioni e quello di Milano per 85 milioni, mentre per Lazard queste svalutazioni non dovrebbero essere compiute ai fini dei concambi finali. L’altra vistosa differenza segnalata riguardava gli immobili: secondo Goldman quelli posseduti da FonSai sarebbero da rivalutare per 806 milioni, fatto che non sarebbe invece stato preso in considerazione da Lazard. Il tema sollevato da Repubblica è stato successivamente rilanciato dal Sole 24 Ore del 24 maggio in un articolo intitolato «I conti degli advisor non tornano» e corredato da una suggestiva tabella che riproduce l’esito discrepante delle valutazioni degli advisor di Unipol e FonSai. Due articoli di stampa non costituiscono una prova, ma sono sufficienti ad alimentare il sospetto. E’ bastato questo a Sator e a Palladio Finanziaria per scrivere all’Isvap e invitare l’autorità di vigilanza, che aveva in corso l’istruttoria sul progetto di aggregazione presentato da Unipol, a tenere in debita considerazione la preoccupante situazione patrimoniale della compagnia bolognese. Sator e Palladio, pur essendo azionisti di FonSai rispettivamente con il 3% e il 5%, e avendo contribuito a nominare Bragantini in cda come indipendente, non avrebbero potuto essere in possesso delle risultanze del lavoro degli advisor. Si trattava infatti di informazioni riservate nella esclusiva disponibilità dei consiglieri di FonSai, che sono tenuti a non divulgarle. E infatti la denuncia che viene inviata il 24 maggio dai due investitori all’Isvap, e per conoscenza alla Consob, non si basava su informazioni di prima mano ma «su quanto reso noto dagli organi di stampa». Arpe e Roberto Meneguzzo, firmatari della lettera, citano infatti sia l’articolo di Repubblica del 18 maggio sia quello del Sole 24 Ore del 24 maggio. Nella denuncia di Sator e Palladio, che nel frattempo avevano anche chiesto alla Consob di «ripristinare un quadro informativo completo e corretto» in merito alla reale situazione patrimoniale di Unipol, non era invece citato l’articolo sul medesimo tema apparso sul sito internet Linkiesta. it. Forse solo perché questo è stato pubblicato il 31 maggio, quando la lettera era già all’Isvap da sei giorni. In quell’occasione il sito di informazione pubblica anche la copia autentica della tabella predisposta da Goldman sulla base delle due diligence condotta sui libri di Unipol da Ernst & Young, in modo da dimostrare con chiarezza l’esistenza del problema. Linkiesta si associa inoltre alle preoccupazioni di Bragantini (peraltro segnalando che questi è uno degli 80 soci de Linkiesta) e, così come Sator e Palladio, fa appello all’Isvap, in quanto è «l’unico soggetto che può fare chiarezza». Appello raccolto? Non lo sappiamo. Di certo mercoledì 20 giugno l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni, al termine di un’istruttoria iniziata il 24 febbraio, ha autorizzato Unipol a prendere il controllo di FonSai senza fare menzione ai problemi di patrimonializzazione del gruppo bolognese. Questione chiusa? Nemmeno per idea, come testimonia l’interesse mostrato dagli analisti sul tema degli strutturati nel corso della conference call di venerdì 22. Un interesse suscitato anche dalla pubblicazione, avvenuto pochi minuti dopo l’inizio della presentazione, sempre da parte de Linkiesta del documento redatto da Ernst & Young e indirizzato al vertice di FonSai ad esito del lavoro di due diligence sui libri di Unipol. Dal documento, datato 12 aprile e che non costituisce la relazione finale del consulente, è emerso che su 15 miliardi di investimenti del gruppo bolognese, oltre il 40% è composto da prodotti strutturati, derivati, veicoli non quotati (un’esposizione di 3,2 miliardi in 58 special purposes vehicles). A chiedere un primo commento a Cimbri sull’articolo de Linkiesta è l’analista di Exane Bnp Paribas, Niccolò Dalla Palma, ma a rincarare la dose ci ha pensato Luca Orsini, un ex trader della Schroders che anni fa ha fondato a Lugano la One Investments (una società di consulenza per hedge fund). Orsini, che nell’aprile 2007 all’epoca dello scontro in Capitalia tra Cesare Geronzi e Arpe, si era schierato apertamente con l’attuale numero uno di Sator, prima di porre i suoi rilievi a Cimbri ha tuttavia omesso di essere anch’egli uno dei soci de Linkiesta, al pari di Bragantini. Proprio nei confronti di quest’ultimo sembrano essere indirizzate le parole di Cimbri quando ha definito i dubbi sugli strutturati di Unipol «chiacchiere messe in giro da consiglieri pseudo-indipendenti ». (riproduzione riservata)