PAGINA A CURA DI PIERO PICCIOLI

La sanità italiana è nell’occhio del ciclone della crisi economica. Dal 2006 la spesa pubblica nel settore è aumentata in media del 5% l’anno. Ma per la prima volta in 20 anni, nel 2011-2012, si è vista una contrazione dello 0,6%. E se da un lato ci sono meno risorse, dall’altra cresce (del 10% da qui al 2040) la fascia degli over 65, quelli più bisognosi di assistenza sanitaria, e che pesano per l’86% sulla domanda totale di servizi. Gli effetti concreti sono due: le Regioni trasferiscono sui cittadini l’onere della crisi imponendo nuovi ticket, e si abbassano i livelli di assistenza. Proprio in questi giorni si discute su come correre ai ripari. Si parla di riforma del ticket, forse con una ridefinizione delle fasce di reddito, che porti a un risparmio di 5 miliardi tra il 2012 e il 2014. Non dovrebbero aumentare – come ha promesso il ministro della Salute Renato Balduzzi – i ticket sui ricoveri ma i costi a carico dei cittadini sono sempre più alti e i tagli che molte Regioni sono costrette a operare sono destinati ad aumentarli ancora. Intanto, già milioni di italiani rinunciano alle prestazioni sanitarie per motivi economici. Nel complesso, come si deduce da una ricerca del Censis, la spesa sanitaria (visite, esami, dentisti) delle famiglie italiane è salita nel 2011 del 18%. La crescita è dovuta soprattutto all’aumento dei ticket su farmaci, visite specialistiche, analisi e radiografie. Inoltre il 38% degli italiani nell’ultimo anno ha fatto ricorso almeno una volta alla sanità privata. In particolare sono donne (42%), adulti fra 45 e 64 anni (42,5%) e anziani (40%). Il 42% è concentrato nel Nordovest. Ma – come accennato – circa 9 milioni di italiani non possono accedere alle prestazioni sanitarie per mancanza di fondi. Di questi, 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni sono coppie con figli e 4 risiedono nel sud del Paese. Escluse le prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale si tratta di prestazioni diagnostiche, preventive o secondarie, come le cure odontoiatriche. In genere, come fa notare il Censis «la spesa sanitaria privata è aumentata più che nel periodo pre-crisi», con una crescita del 2,2% medio annuo nel periodo 2000-2007 contro il +2,3% negli anni 2008-2010 (l’aumento complessivo nel decennio 2000-2010 è stato del 25,5%). Secondo la ricerca del Censis, il 77% di chi ricorre al privato lo fa a causa della liste d’attesa, troppo lunghe. Il 31,7% degli italiani parla, infatti, di una sanità in peggioramento nella propria regione, con un balzo del 10% nel 2012 rispetto al 2009, quando erano il 21,7%. Particolarmente coinvolte quelle regioni che hanno in corso piani di rientro, e in cui 10 milioni i cittadini, per curarsi, sono pronti a recarsi in altre regioni o persino all’estero. Il 18% di questi lo ha già fatto. In queste regioni è più alta la percezione del peggioramento della qualità (il 37,6% rispetto al 29,5% delle altre). Pessimismo giustificato dall’esperienza: quelli che hanno già speso di tasca propria per la salute sono il 61,8% contro il 54,9% delle regioni dove non sono in atto piani di rientro. Nel 2015 è previsto un gap di 17 miliardi di euro tra le esigenze finanziarie della sanità e le risorse disponibili nelle regioni. «I tagli alla sanità pubblica», spiega la ricerca Censis, «abbassano la qualità delle prestazioni e generano iniquità. Per questo è prioritario trovare risorse aggiuntive che impediscano una diminuzione dell’assistenza per chi non può permettersi la sanità privata». In Italia quella complementare è composta da centinaia di fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti, che colmano i vuoti dell’offerta pubblica. Uno dei settori più gettonati è proprio l’odontoiatria, in cui il settore pubblico interviene solo per patologie particolari e fasce di reddito molto basse. Com’è noto il dentista è soprattutto privato e i costi per il paziente sono spesso coperti da assicurazioni o Fondi. La ricerca Censis ha riguardato 14 fondi sanitari per oltre 2 milioni di assistiti e importi richiesti per prestazioni superiori a 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi ha riguardato prestazioni sostitutive di quelle essenziali del Servizio sanitario. Il restante 45% ha riguardato prestazioni integrative. Tra i vari tipi di Fondi integrativi esistenti, sono i Fondi aziendali a garantire maggiormente la copertura anche alle famiglie degli iscritti. (riproduzione riservata)