Ora il contagio fa più paura. Soprattutto all’Italia, messa nel mirino poche ore dopo che i mercati avevano metabolizzato la richiesta di aiuti dalla Spagna per ricapitalizzare le proprie banche. Il mercato ha iniziato a prezzare l’eventualità di una richiesta di aiuto anche da Roma, facendo lievitare i rendimenti sui titoli di Stato (nell’ultima seduta della settimana il rendimento del Btp decennale è salito al 5,9%). Tanto che venerdì 15 nelle sale operative iniziava a circolare l’indiscrezione su un imminente, nuovo downgrade sull’Italia. Ma che cosa è andato storto? Secondo Pierre Olivier Beffy, chief economist di Exane Bnp Paribas, sui mercati finanziari ci sono forti preoccupazioni riguardo alcune incognite del piano di aiuti alle banche spagnole, come l’ammontare esatto dei fondi, che verrà definito entro fine mese: «Le stime vanno da 40 miliardi di euro (Fmi) a 100 miliardi di euro (Consiglio Europeo), Fitch ha dichiarato che 100 miliardi sarebbero sufficienti a coprire grosse perdite». Non solo: «È quasi un salvataggio dello Stato – commenta Fabio De Gaspari, proprietary trader di Invest Banca – Ma peggio: il fatto che tali soldi possano provenire dal fondo Esm, che fornisce i fondi con un trattamento privilegiato, di fatto pone il fondo in posizione privilegiata rispetto ai possessori del debito spagnolo». Rendendo pertanto difficile alla Spagna reperire denaro sui mercati. Ma perché l’Italia è stata messa nel mirino? «L’Italia è la prossima vittima, perché il mercato spingerà per mettere alla prova tutti i Paesi: arriverà presto una seconda ondata di downgrade e i rendimenti cominceranno a salire», commenta Pier Alberto Furno, ceo di Nemesis Asset Management, aggiungendo che il Paese, «è solo una parte del problema, che più in generale tocca tutta l’Europa, aggravato da una paralisi della politica che non ha ancora individuato una soluzione reale percorribile».

IL CASO ITALIA. «La stabilità politica è un asset fragile in Italia – aggiunge Beffy – soprattutto in un contesto che registra un aumento del populismo». Inoltre, «i mercati stanno mettendo in discussione la sostenibilità del debito pubblico italiano e l’assenza di una risposta politica da parte dell’Ue». Ma per Fabio Fois, european economist di Barclays, ci sono molte differenze tra Spagna e Italia. «In particolare, l’indebitamento delle famiglie (circa 50% del Pil) è la metà rispetto a quello della Spagna (pari circa al 100% del Pil), la disoccupazione è più bassa (al 10% contro il 24% del Paese iberico)» e sotto il profilo dei conti pubblici, Roma vanta un surplus al netto dei costi finanziari, mentre Madrid è in primary deficit. Inoltre, Fois ricorda che durante la crisi non è cambiata la struttura del tessuto economico italiano, mentre in Spagna, dove c’è poca industria, la crisi del settore delle costruzioni ha fatto venire meno una parte importante dell’economia. Tuttavia, è comprensibile che il prossimo Paese sotto attacco sia proprio il nostro, «dove c’è poca crescita e debito alto». E ci sono tante scadenze di titoli di Stato che vanno riscadenziate, in un contesto non favorevole. Sul governo di Mario Monti l’economista esprime un valore positivo, anche se, «non ha dato molto stimolo alla crescita», ma la privatizzazione del patrimonio pubblico italiano è una misura da guardare con favore: «Il debito italiano è una debolezza strutturale, quindi abbassare l’ammontare del debito attraverso le privatizzazioni sarebbe una mossa apprezzata sia dall’Ue che dai mercati. Inoltre, cedere gli asset delle amministrazioni locali potrebbe aumentare la competizione tra servizi territoriali e ridurre le spese dei consumatori. Infine valutiamo positivamente l’intenzione di tagliare la spesa pubblica, in particolare se dovesse portare all’abbassamento della tassazione del lavoro». Sicuramente la percezione degli investitori sull’esecutivo tecnico è cambiata rispetto ai mesi scorsi: «I mercati si sono accorti che la libertà di azione del governo è subordinata all’accordo dei soliti partiti – interviene De Gaspari – con un’impasse già negativa che si è evoluta nel tempo. Il governo ha poi perso consenso e si è mosso con ritardo su iniziative di riduzione dello stock di debito e di sblocco del credit crunch». Questo spiega perché, nonostante la situazione della Spagna somigli più a quella dell’Irlanda che dell’Italia, dice Donatella Principe, head of Institutional Business di Schroders, «la crisi di Madrid e le ripercussioni del suo piano di salvataggio sono stati certamente un catalizzatore della crescita dell’avversione al rischio sui mercati», che hanno spostato i fari, «sugli anelli deboli della catena, tra i quali l’Italia». Paese che risente non solo di fattori generali (crisi della Grecia e dell’euro), ma anche dell’incapacità di proporre un piano credibile per la soluzione dei suoi problemi strutturali, legati a debito elevato e bassa produttività. E, «una volta venuto meno l’effetto-placebo delle iniezioni di liquidità della Bce sul sentiment e terminata la scorta di fondi dell’Ltro che le banche italiane hanno potuto investire in acquisto di Bot e Btp, lo spread è naturalmente tornato a salire». In condizioni simili è facile che il mercato faccia di tutta l’erba un fascio: Spagna e Italia sono diverse, sì, ma entrambe hanno «perso il treno delle opportunità legate all’introduzione dell’euro», tralasciando le riforme strutturali e perdendo competitività. E sono entrambe «troppo grandi per essere salvate». Per questo motivo, secondo Principe, un contagio da Madrid a Roma non si può escludere, soprattutto nel caso in cui la situazione greca dovesse precipitare, portando Atene fuori dall’euro. Ma va ricordato che, «l’Italia non ha bisogno di finanziamenti esterni – dice Igor De Maack, gestore di Dnca Finance. «I risparmiatori italiani sono ancora in grado di finanziare le esigenze dello Stato e il bilancio primario è in equilibrio».

IL RUOLO DELL’EUROPA. Alcuni esperti sono convinti che l’evoluzione della crisi dimostri che l’Europa non si è mossa nella direzione giusta. Maria Paola Toschi, market strategist di J.P. Morgan Asset Management, argomenta che, «fino a questo momento si è gestita solo l’emergenza» ed è ora di, «passare a una gestione più strutturale della crisi. Per esempio, un’idea convincente è quella di costituire un fondo europeo per accentrare i debiti che superano il 60% del Pil, una specie di bad bank dei titoli sovrani. Un nuovo progetto di risistemazione del sistema bancario con fondi di stabilizzazione dei depositi e supervisione europea, come proposto dalla Bce». Un processo lungo e complesso, «ma necessario per fare avanzare e progredire il progetto Europa». 
Per Matteo Astolfi, director di M&G Italia, «l’Unione europea dovrebbe dare più poteri alla Bce», che potrebbe così «compiere tre passi importanti per mitigare la crisi dell’Eurozona: tagliare i tassi portandoli a zero, poi pensare a un’operazione di acquisto titoli di Stato, una sorta di quantitative easing, per dare maggiore respiro alle economie. Infine, dovrebbe lasciar correre l’inflazione, tollerando un aumento fino al 3-4%». Mentre per l’esperto di Dnca l’Europa deve, «salvare prima la S
pagna cercando di risolvere anche il problema della Grecia». L’Italia è un Paese troppo ricco e troppo strategico, ed è difficile secondo l’esperto che il governatore della Bce, «lasci fallire la sua patria d’origine». Ma è soprattutto l’Europa che deve lavorare a una maggiore integrazione. «Si può ipotizzare che, nonostante tutti i dubbi circa la perdita della sovranità nazionale, i governi si adopereranno al meglio per realizzare l’integrazione necessaria dopo l’estate, altrimenti saranno costretti a preparare l’opinione pubblica al ritorno delle monete nazionali», conclude. 

Posizione sostanzialmente condivisa da Vincenzo Longo, strategist di Ig Markets Italia: «Ci aspettiamo che l’Europa esca dalla crisi rafforzata e con un’anima comune. Superare le divisioni nazionali non è facile, ma è la sola cosa che possa garantire un futuro all’Unione europea. Il primo vero passo sono gli Eurobond, ma l’ostacolo si chiama Angela Merkel. Probabilmente, se lo scenario dovesse deteriorarsi rapidamente, qualcosa su questo fronte potremmo vederla entro l’estate».