di Carlotta Scozzari

Nella partita per il controllo di Fondiaria-Sai, i colpi di scena proprio non mancano. È vero, da un po’ di tempo a questa parte era evidente che un certo malumore serpeggiasse tra i componenti della famiglia Ligresti, primi azionisti di Premafin, e, a cascata, di Fonsai e Milano Assicurazioni. Non foss’altro perché se, in un primo tempo, la fusione con Unipol era stata concepita in modo tale da condere qualche benefit alla famiglia siciliana capitanata dall’ingegner Salvatore, man mano ognuno di questi «contentini» è stato spazzato via. Basti pensare a Consob, che nei giorni scorsi, nel dettare le condizioni per l’esenzione al lancio dell’Opa da parte della compagnia bolognese su Premafin e Fonsai, aveva chiesto l’eliminazione della monetizzazione del diritti di recesso per gli azionisti di maggioranza di Premafin – appunto i Ligresti – e il rifiuto della cosiddetta manleva, che mette al riparo la famiglia siciliana da eventuali azioni di responsabilità. È per questo motivo che Via Stalingrado, nel formulare la propria controproposta al gruppo Fonsai in vista dell’agognata integrazione, ha eliminato la manleva. Ma la cosa – ed è questo uno degli ultimi colpi di scena – non ha fatto piacere a Jonella e Paolo Ligresti. I due fratelli, così, in una nota giunta la mattina dell’8 giugno, hanno annunciato la «decisione irrevocabile di non rinunciare agli impegni di manleva», aggiungendo che le società azioniste di Premafin Hike e Limbo (che hanno un 10,35% a testa della holding) non intendono assumere alcun impegno in merito all’esercizio del diritto di recesso conseguente alla fusione in Fonsai. Tale decisione è stata presa, «considerando particolarmente le continue modifiche e le crescenti problematiche intervenute nell’operazione di integrazione tra il gruppo Unipol, Premafin e il gruppo Fonsai, quali per esempio le criticità evidenziate da advisor indipendenti riguardo alla situazione patrimoniale di Unipol, allo stato non chiarite né risolte, e il fatto che, con lettera del 6 giugno 2012, Unipol abbia nuovamente rilanciato in tema di concambi pretendendone una sostanziale modifica». Sembra tra l’altro che anche la terza sorella, Giulia, sia in sintonia con Jonella e Paolo. Insomma, una presa di posizione forte, quella di gran parte degli azionisti di riferimento di Premafin (controllante di Fonsai al 36%), che cozza con l’atteggiamento del management di Fonsai e che, soprattutto, mette in pericolo l’intero impianto dell’operazione disegnato da Unipol con il supporto di Mediobanca. La compagnia bolognese guidata dall’ad Carlo Cimbri, tuttavia, non ha ancora gettato la spugna; anzi, in una nota ha confermato la sua «disponibilità a procedere nella fusione ai termini e alle condizioni indicate, rinviando a una successiva valutazione ogni determinazione concernente le modalità con cui dare attuazione alle richieste contenute nel provvedimento Consob». Sembra, in particolare, che Bologna abbia individuato delle vie legali che possano permetterle di superare l’ostacolo rappresentato dalla manleva. Il management di Fonsai, dal canto suo, allo stesso modo continua la trattativa con Unipol, indipendentemente dalla decisione di parte della famiglia Ligresti. Quanto alle banche creditrici, guidate da Unicredit e Mediobanca, hanno ribadito che nel caso in cui l’operazione Unipol dovesse saltare non esiterebbero a escutere il pegno sui titoli Premafin (un’azione che però potrebbe causare non pochi problemi alle società Imco e Sinergia, collocate a monte della catena Ligresti e alle prese con una non semplice ristrutturazione del credito, nell’ottica di scongiurare il fallimento).
La presa di posizione dei due fratelli, ipotizza un analista specializzato in assicurazioni che preferisce mantenere l’anonimato, «potrebbe essere finalizzata a ottenere qualcosa in cambio, visto che ai Ligresti sono stati tolti tutti i benefit inizialmente previsti». «Se il lancio di un’Opa diventasse obbligatorio – scrivevano gli analisti di Exane in una nota a caldo – ci aspettiamo che Unipol si chiami fuori dal deal, e a quel punto l’unica opzione percorribile sarebbe quella costituita da Sator e Palladio». Le due finanziarie, sempre la mattina dell’8 giugno, hanno presentato al cda di Fonsai una nuova offerta simile all’ultima, perché propone una ricapitalizzazione della compagnia da 800 milioni, strutturata in una tranche da 400 milioni riservata, per un prezzo di emissione tra 2 e 2,5 euro (intervallo maggiore rispetto al precedente di 1,5-2,5 euro), più un’altra tranche di pari importo da offrire in opzione a tutti gli azionisti. Gli analisti di Equita Sim sono andati oltre, calcolando le possibili partecipazioni di Sator e Palladio in caso di successo dell’offerta: ipotizzando un aumento riservato da 400 milioni a 2 euro e uno da 500 in opzione agli azionisti a 0,7 euro, con uno sconto di circa il 25% sul Terp, le due finanziarie controllerebbero Fonsai al 40,5 per cento. Premafin, invece, si diluirebbe al 23,1% sottoscrivendo la ricapitalizzazione con un esborso di 95 milioni, o al 9,3% se non esercitasse i propri diritti.