Non vedono, non sentono e non parlano. Sono i consiglieri inesistenti, formula semi-letteraria con cui, nella terra di Calvino, si cerca di individuare la creatura di passaggio evolutivo tra il consigliere titolato a sedere in un board bancario, e il consigliere che non dovrebbe sederci. Ieri, l’ha ricordata anche l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, il quale ha confermato le indiscrezioni sugli impegni accolti dall’Antitrust in conseguenza dell’ingresso della banca nell’azionariato di Fonsai. «Il nostro impegno – ha spiegato ai giornalisti – è fare in modo che quando in consiglio Fonsai parlano di Mediobanca e Generali i nostri consiglieri, tra i quali due indipendenti, non siano presenti». Del resto, Unicredit aveva già ideato qualcosa di simile ai tempi dell’acquisizione di Capitalia, quando si trovò in dote una solida quanto scomoda – sempre dal punto di vista dell’Antitrust – partecipazione in Mediobanca. Nel febbraio 2008, l’impegno di Piazza Cordusio fu quello di prevedere che i consiglieri in conflitto di interessi (Fabrizio Palenzona, Carlo Pesenti e Dieter Rampl) che siedevano nel cds di Mediobanca avessero un ordine del giorno con omissis su alcuni argomenti come investment banking e assicurazioni. E che alla discussione di tali punti i consiglieri in questione lasciassero il board. Tutto questo per rilevare come, in un Paese che si avvelena da decenni sui conflitti di interesse, che cerca norme di governance e trasparenza su insider, spionaggio industriale, concorrenza e clientelismo di varie forme, bastava rivolgersi in Piazza Cordusio. E farsi svelare la formula dell’homo sapiens sapiens non sapientis.