Il decreto del 2010 aveva bloccato gli investimenti 

di Gabriele Frontoni

Pericolo scampato, o quasi, per i fondi immobiliari. Dopo nove mesi di blocco assoluto sul versante degli investimenti, in attesa di conoscere le sorti della fiscalità applicata agli strumenti di investimento del mattone, il governo di Roma ha deciso di venire incontro alle richieste di chiarezza e di semplificazione tributaria mostrate dagli investitori nel real estate. E così, i primi giorni di maggio, il Consiglio dei ministri, ha approvato il decreto legge «Prime disposizioni urgenti per l’economia» che all’articolo 8, comma 11 ha apportato importanti modifiche all’art. 32 del dl n. 78 del 2010, riconducendo l’intera manovra a un intervento di natura prettamente fiscale in linea con l’intento originario del legislatore. E così, all’indomani dell’approvazione del decreto legge del 5 maggio scorso, a prescindere dalla quota detenuta, i fondi immobiliari italiani continueranno a mantenere l’attuale regime di tassazione (pari cioè al 20% dei dividendi percepiti). Ma soltanto per alcune categorie di investitori ben individuate: Stato ed enti pubblici, Oicr italiani, forme di previdenza complementare e obbligatoria, compagnie assicurative (solo per gli investimenti a copertura delle riserve tecniche), intermediari bancari e finanziari assoggettati a vigilanza prudenziale. E tutti i soggetti indicati costituiti all’estero in Paesi della white list, fondazioni bancarie, società residenti con finalità mutualistiche, nonché le società o i veicoli da questi soggetti partecipati in misura superiore al 50%. Per tutti gli altri, nel caso in cui detenessero una quota superiore al 5% del patrimonio del fondo, saranno invece tenuti a sottostare a un livello di tassazione per trasparenza, vale a dire ordinaria.

 

Ma le novità non finiscono qui. Per quanto riguarda le quote detenute al 31 dicembre 2010, i soggetti possessori di quote di fondi dovranno pagare adesso un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 5% del valore medio delle quote possedute. Mentre i fondi che al 31 dicembre 2010 erano partecipati da almeno uno dei soggetti non esenti potranno essere liquidati entro il 2011, previa l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap pari al 7% del valore netto del fondo al 31 dicembre 2010. In base alle nuove disposizioni, inoltre, la liquidazione non potrà avere una durata superiore ai cinque anni. E sui risultati della gestione del fondo verrà applicata un’imposta sostitutiva del 7% da versare per il 40% entro il 31 marzo 2012 e la restante parte in due rate di pari importo entro il 31 marzo 2013 e il 31 marzo 2014. Infine, per le operazioni di liquidazione, la legge dispone che siano mantenute le disposizioni contenute nell’art. 32, pensate per evitare la doppia tassazione dei redditi in capo ai partecipanti e quelle che prevedono disposizioni agevolative ai fini delle imposte indirette.

 

Un successo per il mondo del mattone, dopo che per lunghi mesi si era temuto il peggio. La proposta di modifica all’operatività dei fondi immobiliari italiani era stata determinata dalla volontà del governo di contrastare i cosiddetti fondi familiari e gli immobiliaristi che utilizzavano i fondi come imprese di costruzioni. Ma l’effetto era stato perverso andando, di fatto, a bloccare anche gli investitori istituzionali ed esteri in Italia con enorme danno per il sistema Paese. Oltre a questo, i player stranieri avevano lamentato il problema dell’applicazione di una retro tassazione iniqua che poneva a serio rischio la redditività iniziale dell’investimento. (riproduzione riservata)