L’aumento per elevare le pensioni
di Simona D’Alessio  

Voto conclusivo (con esito positivo scontato) oggi, in aula alla camera, per la mini-riforma Lo Presti, che stabilisce la facoltà per le casse di previdenza privatizzate dei professionisti di elevare il contributo integrativo fino al 5%. Il provvedimento (1.524-B, che va a modificare l’articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) è stato discusso ieri pomeriggio nell’assemblea di Montecitorio e tutti i gruppi hanno annunciato che si esprimeranno a favore: si prevede, dunque, un finale di partita in linea con il primo passaggio parlamentare della pdl, che l’11 maggio 2010 ottenne quasi l’unanimità (ci fu un solo «no»). Al senato, invece, il testo ha dovuto attendere quasi un anno per essere licenziato (il via libera è arrivato il 5 aprile) con due modifiche: si è precisato che l’aliquota contributiva «non può essere inferiore al 2% e superiore al 5%», e che la riforma è «senza nuovi oneri per la finanza pubblica». Secondo il relatore Giuliano Cazzola (Pdl), è un provvedimento «semplice, perché costituito da un articolo, ma importante», estremamente atteso dagli enti, che «potranno così disporre di un primo, valido strumento» a beneficio delle categorie che rappresentano, contribuendo a garantire loro in futuro una pensione più congrua. A giudizio di Nino Lo Presti (Fli), primo firmatario, l’attenzione del legislatore «viene riservata soprattutto ai giovani liberi professionisti. Il passaggio dal sistema contributivo al retributivo, infatti, ha annullato la «Bengodi» di una volta, quando si riceveva una quota molto vicina all’ultimo stipendio, o al reddito mensilmente ripartito», incalza il deputato finiano, pertanto è necessario impegnarsi adesso per sostenere l’avvenire pensionistico delle nuove generazioni.

E se, nel corso del dibattito nell’emiciclo, l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano (Pd) afferma di non gradire che l’incremento dell’integrativo ricada ancor più pesantemente sul cliente, il leghista Massimiliano Fedriga mette nero su bianco le sue perplessità in un ordine del giorno che verrà esaminato prima del voto: si impegna il governo, si legge, «ad approvare l’incremento del contributo integrativo, imponendo alle casse un uso» delle risorse «finalizzato all’adeguatezza delle prestazioni», evitando, specifica poi a ItaliaOggi l’esponente del Carroccio, che gli organismi abbiano la «tentazione di servirsi di quelle somme per questioni di carattere gestionale», ossia per mettere, all’occorrenza, i conti in ordine. Pronta la replica di Lo Presti, che considera fuori luogo i sospetti leghisti, rivendicando la bontà di un intervento legislativo che «non costituisce oggettivamente alcun aiuto per le casse, che sono loro stesse impegnate ad assicurare la sostenibilità agli iscritti».

C’è, infine, un secondo ordine del giorno depositato e firmato da tutti i capigruppo che invita l’esecutivo ad agire affinché, nel programma di riordino previdenziale, sia garantita «l’equità del rapporto fra l’aliquota contributiva soggettiva e il contributo integrativo» pronto a salire, a discrezione degli enti, fino alla quota del 5%.