Agricole avrà una quota analoga al Leone mentre Tassara va all’1,7%. I tre grandi soci hanno venduto i diritti sul mercato 

di Andrea Di Biase

Generali, che già nei mesi scorsi aveva iniziato a limare la partecipazione in Intesa Sanpaolo, portandola dal 5,07% al 4,5%, quota con la quale il Leone si era presentato all’assemblea di inizio maggio, si avvia a diluire ulteriormente il proprio peso nella Ca’ de Sass e al termine dell’aumento di capitale dovrebbe scendere fino al 3,8%.

 

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, i portfolio manager delle 14 compagnie del gruppo triestino con in pancia titoli della banca guidata da Corrado Passera avrebbero infatti deciso di sottoscrivere poco più di un terzo della quota di competenza nell’ambito dell’aumento di capitale della Ca’ de Sass da 5 miliardi di euro. Questa decisione, come più volte spiegato dal group ceo delle Generali, Giovanni Perissinotto, è legata esclusivamente a considerazioni di convenienza economica, fatte dai portfolio manager nell’ambito delle decisioni di investimento dei fondi a copertura delle riserve assicurative. Dopo lo scioglimento della joint venture in Intesa Vita, infatti, la quota nella Ca’ de Sass non è più considerata strategica e viene gestita con una logica esclusivamente finanziaria.

 

Nel dettaglio il gruppo assicurativo triestino, che per non diluirsi avrebbe dovuto mettere sul piatto circa 211 milioni, ha invece fatto cassa cedendo sul mercato circa due terzi dei diritti d’opzione.

 

Il ricavato (una trentina di milioni di euro), sarebbe poi stato utilizzato per sottoscrivere la quota rimanente. Si tratta di poco meno di 51,4 milioni di nuove azioni Intesa Sanpaolo, emesse al prezzo unitario di 1,369 euro, un esborso complessivo di poco superiore ai 70 milioni di euro. Complessivamente, dunque, l’investimento effettuato dal gruppo Generali, al netto del ricavato dalla vendita dei diritti, dovrebbe essere nell’ordine dei 40 milioni. Una cifra ampiamente coperta dal dividendo incassato dalla Ca’ de Sass nel maggio scorso (47 milioni). Al termine dell’aumento di capitale, la partecipazione del Leone nella banca milanese scenderà così dall’attuale 4,5% a poco più del 3,8%. Una quota analoga a quella cui, dopo l’aumento, dovrebbe scendere il Crédit Agricole, attualmente al 4,99% di Intesa Sanpaolo. «La settimana scorsa», ha dichiarato ieri il ceo della banque verte Jean Paul Chifflet nel corso di una conferenza stampa a Milano, «abbiamo ceduto per 65 milioni i nostri diritti di sottoscrizione e dopo l’aumento dovremmo essere al 3,8% del capitale e dovremmo normalmente mantenere questa posizione in futuro». Chifflet ha comunque precisato che, in base agli accordi presi con l’Antitrust, dal 1° luglio la quota eccedente il 2% avrà i diritti di voto congelati e dovrà essere trasferita in un conto titoli bloccato in attesa di essere smobilizzata. L’accordo con l’authority guidata da Antonio Catricalà, che ha ancora aperta la procedura di inottemperanza nei confronti di Intesa Sanpaolo, prevedeva anche l’obbligo di vendita dei titoli solo nel caso fosse stato raggiunto in borsa un certo livello di prezzo, che non è stato invece raggiunto.

Tra i grandi soci che non hanno sottoscritto l’aumento di Intesa figura anche la Carlo Tassara, che a ricapitalizzazione conclusa dovrebbe scendere dal 2,26% all’1,75%. Anche la holding presieduta da Pietro Modiano avrebbe ceduto i diritti sul mercato incassando oltre 25 milioni, che serviranno a ridurre l’esposizione nei confronti delle banche.

 

Complessivamente, dunque, i tre grandi soci avrebbero riversato sul mercato una quantità di diritti per circa il 2% del nuovo capitale. Diritti che non sarebbero stati tuttavia rastrellati dalle grandi fondazioni. La Compagnia di San Paolo è bloccata alla soglia del 10%, mentre la Fondazione Cariplo che ha acquistato lo 0,35% della Fondazione Mps, salendo così al 4,9%, non può per ora andare oltre. Così almeno ha deciso nella sua ultima riunione la Commissione centrale di beneficenza dell’ente presieduto da Giuseppe Guzzetti. (riproduzione riservata)