di Roxy Tomasicchio  

Le famiglie italiane spendono ancora troppo poco per poter dire che la ripresa dei consumi sia in atto. Se è vero che, dati Confcommercio alla mano, per la prima volta da 12 mesi a questa parte, dopo la netta contrazione di marzo, l’indicatore dei consumi (Icc) registra, ad aprile, un aumento dell’1,1% rispetto allo stesso mese del 2010, e un incremento dello 0,4% rispetto al mese precedente, è pur vero che l’incidenza sul pil è ancora risicata. È l’Istat, infatti, ad affermare che, nel primo trimestre, il contributo alla crescita del Pil della domanda nazionale è stato di 0,2 punti percentuali: 0,1% i consumi delle famiglie, 0,1% le spese della p.a. e 0,0% gli investimenti. Più nel dettaglio, la spesa delle famiglie residenti è aumentata dello 0,2% nel primo trimestre rispetto al trimestre precedente. Non va meglio se ci si sposta dal livello congiunturale a quello tendenziale (I trim. 2011 sul I trim. 2010): la spesa delle famiglie è aumentata dello 0,8%. In particolare gli acquisti di servizi sono cresciuti dell’1,5%, i consumi di beni non durevoli dell’1,4%, mentre quelli di beni durevoli sono diminuiti del 6,8%.

Insomma, continuano a esserci elementi positivi (sì, ma deboli) e negativi che contribuiscono al clima di incertezza sulle prospettive a breve dell’economia. Di riflesso, se le spese vengono fatte a piccole dosi, anche gli acquisti a rate sono limitati. E ciò porta a percentuali non molto diverse riferite al credito al consumo. Tanto da spingere gli operatori di settore a dichiarare che quello in corso sarà «un anno di transizione».

«Nel primo quadrimestre del 2011 il settore del credito al consumo ha fatto registrare un calo del -3,4%, che fa seguito al -5,3% del 2010 e al -11,3% del 2009», spiega a ItaliaOggi Sette Giuseppe Piano Mortari, direttore operativo di Assofin (Associazione italiana del credito al consumo e immobiliare). «Dunque ancora un segno negativo nell’anno in corso, anche se meno accentuato rispetto al biennio precedente. I dati sono lo specchio della crisi: in un periodo in cui si è registrato un calo del potere d’acquisto e del reddito reale delle famiglie ed è aumentata la disoccupazione, i consumatori hanno rimandato più che in passato gli acquisti di beni e servizi, soprattutto quelli di sostituzione (tali sono la gran parte dei consumi di beni durevoli) e questo ha determinato un calo della spesa e del ricorso al credito al consumo. Il calo ha riguardato soprattutto i finanziamenti finalizzati (cioè quelli erogati attraverso i punti vendita di beni e servizi)», dice ancora Piano Mortari, «che si sono ridotti del 13,3%, mentre i finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio sono diminuiti del 9,7% e le carte rateali del 4,1%. In controtendenza i prestiti personali, aumentati del +8,4% rispetto allo stesso periodo del 2010. L’intero 2011 si configura come un anno di transizione, con un andamento non troppo dissimile dal 2010 e l’attesa di qualche possibile segnale di ripresa nella seconda metà dell’anno».

Guardando indietro la musica non cambia: «Nel 2010 il mercato del credito al consumo ha continuato a manifestare segnali di debolezza riflettendo la fragilità del contesto macroeconomico», spiega Rita Romeo, senior economist di Prometeia, gruppo di consulenza e ricerca economica finanziaria, commentando a ItaliaOggi Sette i dati pubblicati nella relazione annuale di Banca d’Italia, secondo cui «le consistenze di credito al consumo concesse da banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici si sono ridotte alla fine dell’anno rispetto a dicembre 2009 (-0,3% – variazione che tiene anche conto di tutti i crediti cartolarizzati)». A parere di Romeo, «le criticità sul mercato del lavoro, la riduzione del reddito disponibile (in termini reali) e i riflessi della fase di debolezza sulle decisioni di spesa delle famiglie hanno ulteriormente penalizzato l’espansione del credito, che già negli anni scorsi si era manifestata nella flessione dei flussi erogati. In particolare il credito finalizzato ha registrato una contrazione marcata scontando la riduzione dei consumi di beni durevoli, e in particolare delle immatricolazioni di auto. L’evoluzione del credito al consumo nel primo trimestre del 2011 conferma il trend di contrazione a testimonianza del persistere della fase di difficoltà del comparto, per effetto sia delle debolezza delle condizioni economiche delle famiglie sia dei cambiamenti normativi in atto». Insomma un quadro ancora grigio, considerando che, aggiunge Romeo, «lo scenario di modesta crescita dell’attività economica previsto da Prometeia per il biennio 2011-2012 non sembra permettere una solida inversione di tendenza del mercato del credito al consumo in tempi brevi. In un contesto in cui l’aumento della spesa delle famiglie si manterrà contenuto (e a ritmi inferiori rispetto a quanto registrato nel 2010, compresi tra +0,7% e +0,9% in termini reali) la ripresa del comparto sarà debole». Poche le speranze che la situazione possa risollevarsi grazie alla domanda di mutui: mentre lo scorso anno, stando ai dati dell’Osservatorio sul credito al dettaglio realizzato da Assofin, Crif e Prometeia, il mercato aveva iniziato a dare segnali di miglioramento proprio grazie agli investimenti immobiliari (alternativa appetibile rispetto agli strumenti finanziari), a maggio si conferma il calo del 14% della domanda di mutui ipotecari. In attesa dell’edizione aggiornata dell’Osservatorio (la 30ª sarà diffusa a fine mese), infatti, sono i dati del barometro Crif su mutui a prestiti a dare il polso della situazione: nei primi cinque mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, resistono segni negativi della domanda di mutui (-3% rispetto al 2010 e al 2008, -8% rispetto al 2009 e -6% rispetto al 2007). Così come si conferma, a maggio, il calo della domanda di prestiti (-7%) con punte del -15% nella domanda cumulata del periodo gennaio-maggio 2011 rispetto al 2008.

L’auspicio degli addetti al lavori, quindi è che la riforma del settore appena introdotta possa portare un’iniezione di fiducia nei confronti del credito al consumo, contribuendo a ridare slancio al settore.

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