di Francesco Priore*

Le aggregazioni in corso e quelle prossime venture, reti cedute al modico prezzo di 1 euro, gli annunci ufficiali e i rumor che riguardano le intenzioni delle banche, confermano che il mercato dei servizi finanziari sta esaurendo la fase di consolidamento senza dare segnali d’inversione. Mentre l’esigenza di disporre di professionisti capaci di consigliare scelte funzionali e oculate è aumentata perché il risparmio è diminuito e i servizi finanziari sono diventati molto sofisticati. L’unico segno di vitalità è il mantenimento dello share acquisito, 6-6,5% della ricchezza, oltre al fatto che i nuovi clienti sono più facoltosi di quelli che escono. La concentrazione degli intermediari, più che dimezzati, dei promotori finanziari, dimezzati anch’essi se si aggiunge il turnover alla riduzione ufficiale del 40%, l’aumento costante dell’età media dei promotori finanziari (46 anni), l’inesistente ricambio generazionale (gli under 30 sono meno del 3%), la disintermediazione costante del fondi comuni dal 15% al 5-6% lasciano prevedere un’implosione, magari lenta, del sistema. Il dato che il 32% dei fondi comuni sia intermediato dai pf conferma che il sistema non si pone l’obiettivo di offrire strumenti funzionali per gli investimenti a medio e lungo termine. I risparmi vengono incanalati in obbligazioni bancarie, titoli in genere non quotati e di fatto vincolati sino alla scadenza, o in index e unit linked, prodotti costosi e mediamente vincolati, con buona pace della Mifid. Il problema non è la sopravvivenza del sistema, sgr, reti e pf, ma la necessità di soddisfare correttamente e professionalmente i bisogni del mercato. Quanto potrà durare il sistema, se va avanti per inerzia, è facile da calcolare. Basta fare una regressione lineare sulle masse gestite, sul numero degli intermediari e sull’aumento dell’età dei pf: le rette potrebbero convergere in un unico polo. I pf in attività sono quelli che si possono preoccupare di meno, si sono più o meno dimezzati ma il loro portafoglio è raddoppiato, se continuano a lavorare con la serietà e l’impegno dimostrato possono stare tranquilli, c’è solo l’immagine generale che può peggiorare se il mercato e la categoria continuano a decrescere. Oggi c’è un eccesso di portafogli ma questi non vengono utilizzati per sostenere i neofiti e in qualche caso vengono usati come incentivo per i trasferimenti. I trasferimenti sono un fatto positivo, è un segno di vitalità, ma anche questo modesto, siamo a meno dell’1% l’anno. Se si leggono i dati di consistenza delle reti, gli incrementi o decrementi annui sono spesso sotto la decina, ma questi trasferimenti, non solo dei pf ma anche degli asset, sono a somma zero per il sistema. (riproduzione riservata)

*docente di marketing finanziario all’Università di Ferrara