L’aumento di capitale di Intesa Sanpaolo è stato «un grande risultato e una soddisfazione anche per l’Italia». Così l’amministratore delegato del gruppo, Corrado Passera, ha commentato, a margine dell’assemblea di Assolombarda di ieri, la chiusura della ricapitalizzazione da 5 miliardi dell’istituto.

 

Passera è soddisfatto per più di un motivo: innanzitutto si trova di fatto a non dover collocare azioni inoptate, visto che i diritti non sottoscritti sono stati pari appena allo 0,20% del capitale, a fronte di adesioni pari al 99,8% (Il consorzio di garanzia è stato coordinato da Banca Imi e BofA-Merrill Lynch). In secondo luogo i grandi soci hanno quasi tutti fatto la loro parte. Solo Generali ha sottoscritto per un terzo dei diritti d’opzione sul suo 4,45%, mentre si sono tenuti fuori il Crèdit Agricole (4,9%) e la Carlo Tassara (2,2%). Questa circostanza può dunque fare escludere a Passera che l’aumento abbia favorito l’ingresso di nuovi soci: «No», è stata la secca risposta. Nella nota che accompagna i risultati dell’aumento da 5 miliardi la banca sottolinea che «gli azionisti Compagnia di San Paolo, Fondazione Cr Padova e Rovigo, Fondazione Cariplo, Ente Cr Firenze, Fondazione Carisbo, Fondazione Cr Udine e Pordenone, Fondazione Cr della Spezia, Fondazione Cr Gorizia, Fondazione Cr Forlì, Fondazione Cr Pistoia e Pescia, in virtù degli impegni assunti, hanno sottoscritto le 907.751.838 azioni ordinarie spettanti in opzione alle partecipazioni dagli stessi detenute, corrispondenti al 24,857% dell’aumento di capitale». Inoltre Passera può vantare davanti al mercato di avere condotto in porto un aumento di capitale da ben 5 miliardi contemporaneamente a quello di Ubi Banca (1 miliardo) e in pendenza di quello di Mps (2,2 miliardi), con in prospettiva quello di Bpm (fino a 1,2 miliardi) senza che il titolo abbia subito particolari scossoni. Anzi come sottolineavano diversi azionisti il valore dell’azione, ieri invariata a 1,76 euro, complessivamente dall’inizio dell’aumento (il 23 maggio) ha guadagnato terreno, se si considera che il prezzo originario incorporava il diritto e la cedola, staccata il primo giorno dell’aumento stesso. Il prezzo dell’aumento era stato fissato a 1,369 euro il 19 maggio, offrendo i titoli agli azionisti con uno sconto in quel momento del 24%. Adesso resta l’ultimo passaggio, di fatto ininfluente all’interno dell’azionariato dell’istituto, cioè la distribuzione dell’inoptato, dal 15 al 21 giugno.