Le norme colpiscono le attività speculative degli istituti di credito ma rischiano di affondare i mercati. In Europa solo l’Inghilterra prevede l’imposta di bollo sulle negoziazioni. Intanto la Commissione Ue pensa alla Tobin Tax 

di Luisa Leone

La scossa tellurica parte da Roma per arrivare nel cuore della city milanese. Dopo ore di smentite e conferme è ormai ufficiale che nella manovra finanziaria che verrà esaminata oggi dal Consiglio dei ministri, sono contenute due norme che rischiano di provocare non poco malumore a Piazza Affari.

Si tratta dell’imposta dello 0,15% sulle transazioni finanziarie e della tassazione separata, con aliquota al 35%, per le attività di trading speculativo svolte dalle banche. Le quali ieri in borsa hanno risentito solo parzialmente della brutta notizia, chiudendo tutte in terreno positivo, sebbene lontano dai massimi di giornata (articolo a pagina 19). In mattinata avevano beneficiato del clima più sereno che si respira in tutta Europa attorno alla vicenda Greca, in previsione dell’approvazione (avvenuta attorno a mezzogiorno) del piano di austerità da parte del parlamento ellenico.

 La decisione di inserire nella manovra le due imposizioni ha un sapore vagamente demagogico, quasi che sia stata ideata al solo scopo di far digerire all’opinione pubblica alcune misure molto impopolari ma necessarie a far quadrare i conti come quelle sulle pensioni. Il quadro si fa più chiaro se si pensa che dall’imposta di bollo dello 0,15% sono esclusi i titoli di stato e che quindi l’operazione non inciderà sui cosiddetti Bot-people, di cui il biolancio pubblico ha tanto bisogno per potersi sostenere.

Quanto all’addizionale del 35% sugli utili che le banche traggono da attività di trading speculativo, non andrà a penalizzare i clienti degli istituti di credito (non direttamente, almeno) ma gli azionisti, perché gli istituti di credito pagheranno più tasse e faranno meno utili. Altro aspetto da considerare è che le banche che svolgono queste attività all’estero, come Unicredit con Hvb ad esempio, saranno avvantaggiate

Tobin tax all’italiana. Ecco, nel dettaglio, le misure relative alle attività finanziarie. Per quanto riguarda l’imposta di bollo sulle transazioni, il Titolo V (Disposizioni in materia di entrate) stabilisce che le operazioni «concluse per il tramite di banche o imprese d’investimento sono soggette all’imposta di bollo», ma sono esclusi i titoli di Stato. L’imposta «è determinata applicando l’aliquota dell’1,5 per mille sul valore delle transazioni». Mentre per quanto riguarda la batosta fiscale sulle attività di trading speculativo delle banche, la manovra introduce un nuovo articolo nel Testo unico per le imposte sui redditi: «Tassazione separata del risultato complessivo netto della gestione delle attività finanziarie detenute per la negoziazione», per cui le banche pagheranno un addizionale del 35%, esclusi i titoli di debito e gli Oicr (organismi d’investimento collettivo di risparmio). La maggiorazione scatterà già da quest’anno, una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge che conterrà la manovra. (riproduzione riservata)

In ogni caso, dall’imposta sulle transazioni finanziarie, secondo gli esperti del settore, il governo non potrà ricavare grandi somme; e per quanto riguarda la misura sulle banche, è da qualche anno che le attività di negoziazione non producono profitti (si veda la tabella in pagina). È persino possibile che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, dopo le misure prese dal governo a favore degli istituti di credito, voglia più che altro issare una bandiera anti-speculazione. Senza contare che il responsabile dell’Economia può farsi scudo anche dell’Europa dove, si sussurrava ieri a Via XX Settembre, tutti gli Stati si stanno muovendo in questa direzione per quanto riguarda le banche. Non solo. Proprio ieri la Commissione europea ha affrontato il tema della tassazione sulle transazioni finanziarie. Secondo indiscrezioni arrivate da Bruxelles i commissari avrebbero discusso dell’opportunità di introdurre la cosiddetta Tobin Tax: un prelievo su ogni transazione finanziaria negoziata in Europa. L’idea s’inquadra nell’ambito di una più ampia riforma del bilancio Ue e permetterebbe di ridurre la sua dipendenza dai contributi statali. Una tale misura godrebbe dell’appoggio di Francia e Germania, che si sono dette disposte ad accettarla, a patto che il meccanismo riguardi tutte le piazze finanziarie europee e non penalizzi un Paese a vantaggio di un altro. Contraria, invece, sarebbe l’Inghilterra, dove però è già in vigore un sistema simile a quello che dovrebbe essere introdotto in Italia. Un altro elemento a sfavore del cosiddetto «fissato bollato» (altro articolo a pagina 5), è che questo tipo di tassa non è presente in nessun altro Paese dell’Unione, eccetto in Gran Bretagna, dove prende il nome di stamp duty. A favore della manovra nel suo complesso ieri si è schierato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che da Oxford, dove si trovava in visita ufficiale, ha detto: «È l’Europa a chiederla, oggi ciascuno si prende le sue responsabilità per il domani».