Secondo il dg Sabatini il fenomeno potrebbe estendersi anche ad altri clienti e mettere a rischio il mercato di questi strumenti. Ecco perché l’Associazione vuole modifiche al regolamento del Tesoro 

di Luisa Leone

Il governo prende tempo sul regolamento per i derivati destinati agli enti locali perché teme di essere accusato di fare il gioco delle banche. Ma l’Abi lancia l’allarme: bisogna ridare fiducia al sistema o si rischia l’integrità dello stesso mercato dei derivati. L’avvertimento arriva dal direttore generale dell’Associazione bancaria italiana, Giovanni Sabatini, che davanti a una platea riunita presso la Corte dei conti per discutere di derivati ed enti locali ha spiegato: «C’è il rischio che si diffonda tra gli enti locali la prassi di recedere unilateralmente dai contratti in essere», atteggiamento che potrebbe poi essere imitato anche dal resto della clientela non bancaria, perché basato anche sulla non riconosciuta legittimità del margine di intermediazione in questo tipo di contratti.

 

Ma una tale inadempienza dei clienti potrebbe colpire anche gli intermediari e, «laddove tale situazione si estendesse a un numero rilevante di partecipanti al mercato dei derivati, si arriverebbe a compromettere addirittura l’integrità dello stesso mercato, intesa come capacità del mercato di garantire le regole del gioco».

Numeri precisi in merito a quanti contratti siano stati già unilateralmente risolti non ce ne sono, ma il ragionamento di Sabatini serve «a non trascurare una criticità che al momento è di carattere micro, perché relativa a pochi operatori, ma che rischia di propagarsi all’intero mercato tramutandosi in un fenomeno di natura sistemica».

 

Insomma per l’Abi non c’è solo la questione del regolamento del Tesoro sui derivati agli enti locali, ma anche la partita con Consob e Bankitalia per il riconoscimento della legittimità dei margini di intermediazione per i contratti su derivati over the counter. Un problema posto nel giugno 2010 ma sul quale l’Abi non ha ancora ricevuto risposta. Tanto che c’è da chiedersi se, dopo l’emanazione della tanto attesa nuova disciplina per gli enti, le banche italiane riprenderanno a operare su questo mercato senza le assicurazioni chieste a Consob e Bankitalia. Insomma, dopo le scottature degli anni passati, gli istituti di credito sono molto più guardinghi. Di certo vorrebbero che il regolamento che detterà le nuove norme per la vendita di derivati agli enti locali recepisse le loro osservazioni. Nelle settimane passate ci sono state molte polemiche sull’indiscrezione che il ministero dell’Economia, nella nuova bozza, avrebbe accolto le richieste dell’Abi, polemiche che hanno portato anche a un’interrogazione parlamentare a firma di Elio Lannutti e Cinzia Bonfrisco. Ma quali modifiche chiede l’Associazione delle banche italiane? Nelle osservazioni alla prima versione del regolamento (messo in consultazione nel 2009), l’Abi ha chiesto che nella nuova disciplina si adotti un approccio «deterministico» e non «probabilistico» nella presentazione degli scenari collegati alla possibile evoluzione dell’investimento. Insomma, secondo gli istituti di credito, al momento della stipula dei contratti si dovrebbe esporre ai clienti una serie di scenari standard, spiegando cosa accadrebbe all’investimento al variare di alcuni parametri di riferimento (what if), tra cui i tassi di interesse. Fuorviante sarebbe invece affiancare a queste informazioni anche quelle che mettono a confronto le possibili performance dei derivati con investimenti risk free (come i titoli di Stato), così come previsto dal modello probabilistico. Un’informazione in più, è vero; ma che, secondo le osservazioni dell’Abi alla prima bozza di regolamento, potrebbe generare confusione invece che maggiore chiarezza. Prima di tutto perché potrebbero portare a conclusioni diverse a seconda degli assunti di partenza scelti dagli intermediari; poi perché potrebbe indurre gli investitori a scambiare per possibilità concrete quelle che sono invece solo probabilità che certi eventi si verifichino. Infine, il confronto con un investimento risk free non avrebbe senso nel caso dei derivati sottoscrivibili dagli enti, che sono quelli a copertura di rischi come quelli di cambio (tipicamente utilizzati dagli enti locali), che non sono investimenti speculativi ma appunto strumenti per tutelarsi da rischi come quello della variazione dei tassi. (riproduzione riservata)