di Bianca Pascotto.
All’indomani dell’entrata in vigore della Tabella Unica Nazionale (TUN) per il risarcimento del danno biologico di grave entità (in vigore dal 5 marzo), ci ritroviamo oggi nel maggio fiorito con numerose spine, costituite da svariate sentenze di merito di segnale diametralmente opposto tra loro per quanto concerne l’applicazione della Tun ai sinistri ante 5 marzo 2025. È il solito guazzabuglio che il nostro attivissimo bizantinismo giurisprudenziale si premura di renderci fruibile ad ogni novità legislativa anche laddove, francamente, non se ne sentiva la necessità.
L’agognato DPR n. 12/2025 è norma senz’altro perfezionabile ma comunque apprezzabile, avendo ricondotto a norma di legge, la tabellazione del danno biologico comprensiva anche del danno morale da applicarsi in tutto il territorio italiano.
Il DPR, poi, ha esplicitamente previsto all’art. 5 la sua applicazione ai sinistri verificatisi dopo la sua entrata in vigore ovvero dal 5 marzo in poi.
Quest’ultima previsione sembrerebbe chiara e priva di dubbi interpretativi, confortata peraltro dal principio di irretroattività della legge ex art. 11 delle preleggi, che seppur privo di veste costituzionale, può essere derogato dal solo legislatore, trovando applicazione retroattiva solo le norme favorevoli per il destinatario.
Orbene dal 7 marzo (Tribunale di Palmi) al 9 maggio (Tribunale di Termini Imerese) si sono succedute molte pronunce di opposti orientamenti tra coloro che applicano o non applicano la Tun ai sinistri pregressi, disattendendo in tal modo al principio di disuguaglianza che ritengo la norma volesse evitare.
Se la la sentenza n. 124 del 7 marzo emessa dal Tribunale di Palmi ritiene applicabile la TUN al sinistro, anzi a causa già in decisione, senza fornire la benché minima motivazione, la pronuncia del Tribunale di Perugia pubblicata il 1 aprile, si premura di esporre le argomentazioni a sostegno.
LA MOTIVAZIONE
Il giudice perugino risolve i problemi di diritto intertemporale, affermando che la TUN non ha introdotto elementi di “novellazione legislativa” al precetto delle preleggi (art. 11) che disciplina l’efficacia della legge nel tempo.
Il danno biologico, infatti, anche in assenza della TUN, sarebbe stato liquidato sulla scorta delle tabelle aggiornate comunemente in uso (leggasi milanesi o romane), pertanto l’applicazione della TUN non provoca alcun “disagio” anzi; la stessa è stata concepita come “misura dell’equità della liquidazione del danno non patrimoniale….. anche come forma di parità di trattamento che viene garantita in maniera ancora più efficace..”
Se si considera che il danno non patrimoniale è rimesso alla liquidazione equitativa del giudice nel momento della decisione, la sua quantificazione “deve essere condotta facendo governo dei criteri di determinazione dell’equità risarcitoria vigenti al momento in cui la sentenza interviene”.
Che poi l’applicazione della TUN possa prevedere un risarcimento minore rispetto a quello previsto dalla Tabelle di Tribunale di Milano, non deve essere un ostacolo alla sua utilizzazione visto che la TUN è stata elaborata “per razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori”.
E dunque che TUN sia.
BREVE CONSIDERAZIONE
È innegabile che la natura del danno non patrimoniale sia soggetta ad una valutazione discrezionale del giudicante, dovendo quest’ultimo tenere conto di molteplici fattori al fine di riconoscere una somma che rispetti i requisiti dell’art. 2056 c.c. (ovvero dei richiamati artt. 1223, 1226 c.c.), ma è altrettanto innegabile che ora il quantum dovuto è stabilito dal legislatore con il DPR 12/25, norma di legge a cui il giudice deve attenersi anche per quanto attiene alla sua applicazione temporale.
Ad avviso di chi scrive, ove l’applicazione di una norma peggiorativa rispetto ad un’altra (ricordiamo che la TUN prevede valori inferiori per l’invalidità temporanea rispetto a quanto previsto dalle tabelle del Tribunale di Milano), avvenga non in base ad una norma legislativa ma ad interpretazione giurisprudenziale, si crea discriminazione e non uguaglianza (si pensi a chi ha instaurato una causa civile con i pregressi parametri risarcitori nella ragionevole convinzione del loro legittimo riconoscimento).
La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che “nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze e del caso concreto ma anche uniformità di giudizio”; adesso i criteri ci sono e tutti gli operatori del diritto si dovranno uniformare, tutti da adesso in poi proprio in ragione delle nuove regole da seguire.
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