Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Per il risarcimento dei danni, contabilità a più vie. Seguendo la prassi operativa, è possibile intercettare tre modalità attraverso cui individuare l’insorgere dell’evento generatore del risarcimento: a) perdita o danneggiamento di un bene merce; b) perdita o danneggiamento di un bene strumentale; c) casistiche diverse dalle precedenti. Così, benché non di rado le imprese si trovino a dover gestire eventi che comportano la perdita (totale o parziale) di uno o più beni aziendali, l’eventuale ricorso alla copertura assicurativa permette di esorcizzarne il rischio nonché abbattere (almeno in parte) gli effetti sul bilancio aziendale ottenendo un sollievo economico. In generale, per lo standard Oic 12, i rimborsi assicurativi vanno riportati nella voce A.5 “Altri ricavi e proventi” del conto economico. Tuttavia, nel caso in cui la perdita riguardi i c.d. beni merce non occorrerà effettuare alcuna scrittura in contabilità in quanto la stessa verrà rilevata automaticamente all’atto della valutazione delle rimanenze finali. Così, una volta attivata la procedura assicurativa per l’ottenimento del risarcimento danni, ciò che assume rilevanza contabile è la differenza tra la perdita definitiva e quella parziale del bene (per quest’ultimo, è possibile anche ricorrere alla riparazione del bene). Civilisticamente, le indennità assicurative sono rilevate per “competenza”, concorrendo al reddito dell’esercizio in cui l’impresa ha subito la perdita o il danneggiamento.
Per l’imputazione temporale dei risarcimenti, occhio ai principi di prudenza e competenza di cui all’articolo 2423-bis del codice civile. Infatti, stando alle indicazioni dell’Oic 15, i crediti che si originano per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi sono iscrivibili in bilancio se sussiste un titolo al credito, ossia se essi rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso l’impresa. Sul piano fiscale, coordinando le norme degli articoli 6 e 85 del testo unico, si rileva che rientrano tra i redditi d’impresa anche i proventi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento danni (ossia redditi “della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”). In particolare, il risarcimento – anche assicurativo – percepito dai titolari di reddito d’impresa determina il sorgere di: a) ricavi, se l’indennizzo reintegra la perdita o il danneggiamento di beni produttivi di ricavi; per i beni “merce”, se l’indennizzo è superiore a quello contabilizzato, la differenza costituisce sopravvenienza attiva; b) una plusvalenza o una minusvalenza, se l’indennizzo reintegra la perdita o il danneggiamento di beni strumentali o patrimoniali; c) una sopravvenienze attiva, se le indennità su beni strumentali sono conseguite per un ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi
Cambia la formazione obbligatoria sulla sicurezza lavoro. Il 17 aprile, con tre anni di ritardo (il termine è scaduto il 30 giugno 2022), infatti, la conferenza permanente per i rapporti tra stato, regioni e province autonome ha approvato l’Accordo finalizzato all’individuazione della durata e dei contenuti minimi per i percorsi formativi in materia di salute e sicurezza, come previsto dal decreto Fiscale (decreto legge n. 146/2021 convertito dalla legge n. 215/2021) mediante riforma dell’art. 37 del dlgs n. 81/2008 (TU sulla sicurezza del lavoro). L’Accordo, che si compone di sette parti (si veda tabella), introduce diverse novità che, nel complesso, ridisegnano il quadro sulla formazione obbligatoria in materia di sicurezza lavoro. Infatti, fissa o riformula, tra l’altro, la durata, contenuti e modalità della formazione per tutti i soggetti obbligati: lavoratori, preposti, dirigenti, ecc. Tra questi compaiono la prima volta i datori di lavoro che, insieme ai dirigenti e ai preposti, devono ricevere «adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico».
Una impresa su due ha rinviato gli investimenti. È questo, senza giri di parole, l’effetto più evidente dei nuovi dazi introdotti dagli Stati Uniti: il 58% delle aziende italiane ha congelato i piani di crescita. Un dato che pesa, e che segnala un rallentamento improvviso in un sistema produttivo che, fino a pochi mesi fa, mostrava fiducia e dinamismo. È l’effetto immediato di un clima economico che si è fatto più instabile. Le guerre in Ucraina e Medio Oriente, le tensioni tra Stati Uniti e Cina, l’inflazione ancora alta e i tassi d’interesse che restano elevati anche in Europa: tutto contribuisce a creare incertezza. E quando c’è incertezza, le imprese si muovono con cautela. È questo il contesto analizzato dal primo EY-Parthenon Bulletin, un rapporto trimestrale che fotografa come stanno cambiando le strategie delle imprese italiane.
L’obiettivo di un parco immobiliare italiano più efficiente dal punto di vista energetico è la montagna da scalare. L’80% degli edifici italiani, infatti, è ancora inefficiente. E senza un cambio di rotta, la decarbonizzazione arriverà nel 2103. Oltre otto edifici su dieci in Italia sono stati costruiti prima del 1990. Di questi, circa il 79% si colloca nelle classi energetiche più basse, inferiori alla D. Si stima che l’efficientamento “smart” del patrimonio edilizio più vetusto consentirà di ridurre del 29% i consumi energetici annui e del 5% quelli idrici, con un calo atteso delle emissioni tra il 20 e il 24%, pienamente in linea con gli obiettivi fissati dalla direttiva europea sulle case green. Il risparmio economico potenziale è quantificato in 17-19 miliardi di euro all’anno, pari fino al 19% della spesa complessiva sostenuta dalle famiglie per l’energia, se si intervenisse in modo mirato sugli edifici più vecchi, adottando soluzioni smart, digitali e ad alta efficienza.
La trasformazione digitale del Servizio sanitario nazionale entra nel vivo. Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, il 2024 segna un punto di svolta: 2,47 miliardi di euro investiti in soluzioni digitali per la salute, il 12% in più rispetto all’anno precedente. Il Pnrr sta finalmente producendo risultati visibili, con l’implementazione delle piattaforme di Telemedicina, la digitalizzazione degli ospedali e lo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico 2.0, elementi centrali del disegno di riforma. I dati sono stati presentati durante il convegno ‘Sanità digitale: i germogli della trasformazione’, organizzato dall’Osservatorio sanità digitale del Politecnico di Milano, che ha analizzato l’impatto concreto degli investimenti del Pnrr nel settore salute. I segnali della transizione digitale sono evidenti, ma faticano a consolidarsi. Il Fascicolo sanitario elettronico, strumento essenziale per l’integrazione delle cure e l’efficienza del sistema, è stato utilizzato finora solo dal 41% dei cittadini. Tra questi, sei su 10 hanno già dato il consenso al trattamento dei dati, mentre un ulteriore 25% si dice disponibile a farlo. Anche tra i professionisti, l’adozione rimane disomogenea: 57% tra i medici di medicina generale, 44% tra gli specialisti.

Mediobanca si trova al centro di due operazioni, che potrebbero rappresentare una svolta storica per la banca. La prima, in ordine di tempo, è l’Offerta Pubblica di Scambio (Ops) lanciata dal Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca nel gennaio scorso. La seconda è l’Ops lanciata da Mediobanca stessa su Banca Generali alla fine di aprile. Quale interpretazione dare di queste due operazioni? Data la posizione di Mediobanca nel sistema economico-finanziario italiano, compresa la sua presenza nelle Assicurazioni Generali, e dato che lo Stato italiano detiene ancora una partecipazione in Mps, sono abbondati i commenti che hanno privilegiato gli aspetti politici e i “giochi di potere”. Non che questi aspetti siano assenti, ma credo che valga la pena di partire dalla logica industriale di queste operazioni.
Il risparmio è una risorsa chiave per l’Italia e necessita di essere valorizzato per generarne di nuove e sostenere i bisogni di famiglie e imprese. «Questo obiettivo è quanto mai urgente alla luce dell’ingente liquidità detenuta da famiglie e imprese: circa 2.000 miliardi di euro fermi in depositi, pari al 97% del Pil, un valore superiore di sei punti percentuali rispetto alla media europea. Questa massa monetaria liquida, se non investita, perde valore», commenta Marco Tofanelli,segretario generale di Assoreti.

La riforma dei medici di famiglia prevede per i nuovi medici che entrano in servizio l’assunzione dentro al Servizio sanitario nazionale. Sembrano tutti d’accordo: dalle Regioni che da mesi la stanno elaborando, al ministro Orazio Schillaci. Lo scopo è quello di migliorare l’assistenza sul territorio garantendo la disponibilità di un dottore dalle 8 alle 20. I medici già in servizio potranno mantenere il loro status di autonomi. La riforma però è ostacolata dal sindacato Fimmg che rappresenta il 63% degli iscritti. Oggi i medici di base sono liberi professionisti stipendiati dal Servizio sanitario nazionale, ma gestiscono autonomamente il proprio lavoro: sono obbligati a garantire solo 15 ore settimanali per 1.500 pazienti e possono declinare le richieste dell’Asl, come è accaduto con l’esecuzione dei tamponi durante il Covid o con il rifiuto di essere ingaggiati nelle Case della Comunità. Ma c’è un altro ostacolo, ben più potente.
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Dal mercato al tribunale. L’offerta pubblica di scambio lanciata il 24 novembre 2024 da Unicredit sulle azioni Banco Bpm allunga i tempi già lunghi del proprio percorso. Sei mesi dopo l’annuncio di Andrea Orcel siamo ancora al giorno uno e non si vede una fine, né quale potrà essere. Il confronto tra le parti, oggi formalmente in mano al mercato, visto che l’Ops è iniziata da tre settimane anche se con apporti irrisori, si trasferisce ora nelle aule di giustizia e in quelle della politica europea. La situazione si ingarbuglia. I tempi si dilatano. Giovedì della scorsa settimana la Consob ha sospeso per 30 giorni l’ops in corso, su cui già Unicredit prospettava un prolungamento dei tempi di almeno una settimana. Al momento, l’operazione che doveva concludersi il 23 giugno scivola in avanti al 23 luglio, probabilmente al 30. Sempre che basti. Venerdì 23 maggio Unicredit ha infatti annunciato un ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale, contro l’applicazione del principio del Golden Power, imposto dal governo.
L’Italia della finanza è tra le migliori d’Europa per la comunicazione trasparente e digitale, con Intesa Sanpaolo e Generali capofila rispettivamente per il comparto bancario e assicurativo. Lo rivela lo studio «.trust Finance» della società di consulenza Lundquist, secondo cui entrambe le società rappresentano eccellenze in un panorama in cui soltanto il 17% degli istituti europei parla concretamente dei propri investimenti digitali, creando un vuoto che potrebbe compromettere la loro credibilità. «Il rischio più grande oggi? Non comunicare i temi che contano davvero — dice Joakim Lundquist, ceo di Lundquist —. Il digitale e la sicurezza sono diventati i driver di fiducia nel settore finanziario e restare in silenzio su questi fronti può diventare un boomerang per la reputazione».
Private capital e M&A: è un anno di sfide e opportunità. Aon e lo studio Gianni & Origoni ne fanno il tema di u incontro domani nelle prestigiose sale della Fondazione Rovati in corso Venezia a Milano. L’evento si articolerà in due panel, moderati da Andrea Foti (Aon) e Stefano Bucci (Gianni & Origoni). Al tavolo sui Global Funds sono attesi Gabriele Cipparone (Apax Partners), Luca Bassi (Bain Capital), Giampiero Mazza (CVC), Francesco Orsi (Eurazeo), Valentina Pippolo (Nextalia), Marco Bellino (PAI), e Francesco Pascalizi (Permira). Alla sessione sulle banche d’affari parteciperanno Marco Samaja (Lazard), Giuseppe Baldelli (Mediobanca), Emilio Greco (Morgan Stanley), Irving Bellotti (Rothschild), Carmine Visconti (UBS) e Alberto Gennarini (Vitale). Si chiude con il rinfresco firmato dal due stelle Michelin Andrea Aprea, partner fisso della Fondazione
Il mondo sta già avvertendo gli effetti dei cambiamenti demografici che stanno rimodellando le economie, le culture e le vite individuali. Con il rallentamento della crescita demografica globale e l’aumento dell’aspettativa di vita, le società di tutto il mondo sono chiamate a ripensare cosa significhi vivere pienamente in un arco di vita più lungo. Oggi la maggior parte della ricchezza (e quindi la capacità di spesa) è concentrata nella fascia di chi ha un’età adulta, matura ed è a fine carriera o già in pensione. Negli Usa, per esempio, la fascia più ricca è quella tra i 65 e 69 anni, mentre in Europa tra i 55 e i 64 anni. Numeri che testimoniano quanto la pianificazione patrimoniale costituisca uno strumento essenziale per una corretta gestione, valorizzazione, conservazione e trasmissione dell’insieme dei beni familiari, tanto più in un quadro normativo e istituzionale in continua evoluzione. Su questi temi, esperti internazionali, economisti, decision-maker e premi nobel si confronteranno in occasione del primo Longevity Economic Forum 2025, organizzato da Unicredit a Milano il prossimo 28 maggio.
Mentre le forze demografiche, tecnologiche e ambientali stanno modificando gli equilibri, l’obiettivo appare chiaro: costruire un futuro che dia priorità allo scopo, alla vitalità e alla resilienza. Non si tratta solo di vivere più a lungo, ma di prosperare, creando un mondo in cui ogni fase della vita offra opportunità di realizzazione. Sono le conclusioni a cui è giunta la ricerca «Lifestyle & Leisure Trends» che Unicredit, in collaborazione con Fidelity e Nica (National Innovation Centre Ageing), ha realizzato in tre Stati (Italia, Germania e Austria) per esaminare le tendenze emergenti dello stile di vita e le loro implicazioni per il settore dei servizi finanziari. Lo studio, che sarà presentato il prossimo 28 maggio a Milano al primo Longevity Economic Forum 2025, mette in evidenza come l’allungamento della vita (le proiezioni indicano che l’aspettativa di vita potrebbe presto avvicinarsi al traguardo del secolo) renda obsoleti i modelli di pensionamento tradizionali. Pensioni flessibili, piani di pensionamento graduali e polizze assicurative modulari sono essenziali per affrontare rischi diversi e non lineari. Le istituzioni finanziarie devono innovare per supportare questi cambiamenti e allinearsi con una generazione che sta ridefinendo la realizzazione, la sicurezza e l’indipendenza finanziaria.
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