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Mps può entrare in Generali. La banca senese ha ottenuto dall’Ivass il via libera all’ops da 13,3 miliardi lanciata su Mediobanca. L’autorizzazione consentirà eventualmente a Rocca Salimbeni di possedere indirettamente il 13,2% di Generali, attualmente nel portafoglio di Piazzetta Cuccia. Anche se l’acquisto della quota nel Leone sarà un effetto naturale dell’ops il ceo di Mps Luigi Lovaglio (che in questi giorni è a Londra per incontri con investitori) ha più volte chiarito che la partecipazione non è strategica: «La quota in Generali è nice to have ma non determinante per l’operazione». Il Leone – ha spiegato il banchiere in una recente intervista – ci offre opzionalità per il futuro in termini di cooperazione ma a noi quello che importa è creare una forza competitiva nello scenario italiano». E ancora: la dipendenza del nuovo gruppo da Generali «sarà molto più bassa».
Sono una ventina, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, le società finanziarie italiane che hanno sottoscritto con il Mef l’accordo di riservatezza (Non disclosure agreement) per poter operare all’interno del Fnsi, Fondo Nazionale Strategico Indiretto da circa 700 milioni di euro iniziali, chiamato a investire nelle pmi di Piazza Affari, finora depresse da scambi rarefatti e problemi di liquidità in borsa. Metà dei capitali è fornito da Cdp, metà da soggetti privati. Chi ha firmato l’accordo? Gruppi di primaria rilevanza, soprattutto italiani, e qualche estero, a partire da Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum, Azimut, Amundi (gruppo Credit Agricole), Algebris, AComeA, Allianz, Assicurazioni Generali e Mediobanca. Ora gli accordi dovranno essere presentati nei rispettivi cda per poi essere operativi. Il fondo che investirà con ottica di lungo termine nelle mid and small cap di Piazza Affari dovrebbe essere operativo in estate e andare a investire nei titoli di piccola e media grandezza caratterizzati da valutazioni molto a sconto rispetto al mercato principale (si va anche oltre il 50%) su aziende che però continuano a registrare utili in crescita.

L’adempimento collaborativo preme l’acceleratore. Si tocca quota 45 mld di base imponibile nel perimetro degli accordi preventivi tra Agenzia delle entrate e imprese. Un potenziale bacino, comunque, in crescita: attualmente 142 società per un perimetro che può arrivare a toccare oltre 11.000 realtà ma un percorso lungo, anche sull’arco di un biennio, per il lavoro di raccordo necessario, tra l’amministrazione finanziaria da un lato e le imprese dall’altro. L’obiettivo finale è quello di non interpretare più il ruolo di guardie e ladri ma quello, inedito per il fisco, di un secondo consulente, e quello dell’impresa di un contribuente pienamente affidabile fiscalmente.
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