Dati allarmanti quelli che arrivano dall’Istat sulle condizioni economiche della popolazione. Infatti, secondo le analisi dell’Istituto, il 22,8% della popolazione è risultata a rischio di povertà nel 2023, o esclusione sociale. Un valore comunque in calo rispetto al 2022 (24,4%), a fronte di una riduzione della quota di popolazione a rischio di povertà che si attesta al 18,9% (da 20,1% dell’anno precedente) e di un lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%).

Istat indica che nel 2022, il reddito medio delle famiglie (35.995 euro) è aumentato in termini nominali (+6,5%), segnando però una netta flessione in termini reali (-2,1%), considerata la forte accelerazione dell’inflazione. Il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,3 volte quello delle famiglie più povere (era 5,6 nel 2021).

L’incidenza del rischio di povertà si riduce per tutte le tipologie familiari e in particolare per gli individui che vivono in famiglie con quattro componenti (21,8% rispetto al 24,8% del 2022) e per le coppie con due figli (20,6% rispetto a 23,4% del 2022) e con un figlio (19% rispetto a 21,3%) che hanno beneficiato dell’assegno unico universale.

Il rischio di povertà rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%), diminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2% del 2022).

Peggiora per gli coloro che hanno come fonte principale il reddito da lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022). Infine, il rischio di povertà si riduce per gli individui in famiglie con solo italiani e aumenta per i componenti delle famiglie con almeno un cittadino straniero (40,1% rispetto al 39,6% del 2022).