Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Sanzionate le vittime di attacchi informatici. Il regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr) prevede un’ammenda salata (fino a 20 milioni di euro) a carico degli enti che subiscono attacchi premeditati di cybercriminali. E se non è causa espressa di esonero da responsabilità l’azione dolosa del terzo, non lo è neppure l’assenza di danni per gli interessati a seguito dell’illecita intrusione. È quanto si desume dall’ingiunzione del Garante della privacy dell’11 aprile 2024 n. 198, che ha deciso un caso di “data breach” e cioè di violazione della sicurezza da cui deriva una violazione di dati personali.
Il fornitore di servizi informatici responsabile in proprio in caso di data breach: se le violazioni alla sicurezza dipendono da scelte del fornitore esterno, a quest’ultimo, infatti, vanno applicate le sanzioni previste dal Gdpr. È quanto deciso dal Garante della privacy con l’ingiunzione dell’11/4/2024 n. 198, con la quale è stata irrogata una sanzione pecuniaria di 25 mila euro a una azienda speciale fornitrice di servizi IT a una camera di commercio. Nel caso specifico a causa di un errore umano, il personale dell’azienda non ha cancellato un file con dati di oltre 22 mila utenti, che è stato carpito dagli hacker.
Il rischio dei mancati pagamenti è in cima alle preoccupazioni degli esportatori dei principali Paesi che, tuttavia, rispetto a un anno fa, si lasciano andare (forse troppo) all’ottimismo. Gli analisti, infatti, restano più cauti sullo sviluppo del commercio internazionale, reso più incerto, negli ultimi anni, da diverse variabili: dalla pandemia all’invasione dell’Ucraina, fino alle tensioni in Medio Oriente. A delineare questo scenario in chiaroscuro è la terza edizione del Global survey 2024 di Allianz Trade, società specializzata nell’assicurazione dei crediti commerciali, che ha intervistato oltre 3.000 esportatori in Cina, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.
Le imprese appaiono sempre più consapevoli sui rischi e sulle opportunità legati al cambiamento climatico. L’87% delle società italiane quotate considera, infatti, nei propri processi di gestione del rischio quelli correlati ai mutamenti ambientali mentre una società su quattro ha sviluppato un’analisi di scenario utile a prevedere gli impatti evolutivi sulla propria organizzazione. Peraltro, il 41% delle società (era il 18% l’anno precedente) dichiara la presenza di almeno un membro, all’interno del Consiglio di amministrazione, dotato di competenze in tema Esg (ossia i profili riguardanti la sostenibilità ambientale, sociale e di governance) e cambiamento climatico. È lo scenario delineato nella seconda edizione del rapporto “L’attuazione delle raccomandazioni Tcfd nelle società quotate italiane”, curato da Deloitte, che approfondisce le modalità con cui le società, appartenenti agli indici azionari, nel 2023 hanno affrontato i temi legati al cambiamento climatico e alla transizione energetica attraverso l’analisi di documenti pubblici, siano essi redatti per obbligo di legge o in forma volontaria.
L’agevolazione edilizia prevista dal dl 34/2020 (art. 119), a oggi da utilizzare in quattro quote annuali di pari importo, va infatti verso la detraibilità in dieci anni. Ma ciò vale solo per il primo beneficiario che sceglie di utilizzare la somma maturata a scomputo diretto delle imposte. La situazione è del tutto diversa per chi ha ricevuto il credito tramite cessione o sconto in fattura (quando ancora possibili), che avrà tra le mani un importo scontabile in quattro anni. E le tempistiche si frammentano ancora di più entrando nel dettaglio del tipo di credito acquisito e del prezzo a cui gli istituti lo hanno acquistato, con casi in cui il cessionario dovrà scontare la somma in cinque o in sei anni.

I danni del caldo saranno molto più pesanti del previsto: ogni grado che si aggiunge causa una emorragia del 12% della crescita globale L’Italia è tra i Paesi più esposti. Una ricerca di Adrien Bilal di Harvard e Diego Kanzig della Northwestern University colma nel modo più traumatico la lacuna. «Finora si pensava che l’impatto sul Pil globale dello shock climatico fosse nell’ordine dell’1-3%, tutto sommato tollerabile », spiega il report. Ora c’è la dimostrazione scientifica che il danno può arrivare a sei volte di più: «Abbiamo preso a riferimento un periodo di sei anni da un trauma, come la certificazione di un aumento di un grado, e individuato la perdita globale di ricchezza, produttività, raccolti agricoli, posti di lavoro. Senza contare le perdite umane dovute a inondazioni, siccità, uragani, incendi. Perché gli effetti vengano meno, sempre che siano rimosse le cause dello shock ovvero che si riduca sostanzialmente l’emissione di CO2 , devono passare almeno altri dieci anni, e non è detto che si riesca a recuperaredel tutto». Se non si interviene con decisione, scrive il report, si va incontro a una perdita del 31% del “welfare” mondiale, gli interventi di assistenza ai cittadini. I due ricercatori documentano in 70 pagine fitte di equazioni, tabelle, modelli econometrici le loro stime.
Il patrimonio delle casse di previdenza, che erogano le pensioni ad alcune categorie di professionisti, è destinato a salire a 110 miliardi a fine anno, dai 104 del 2023 e i 55,7 miliardi del 2011. Risorse in crescita pressoché costante che spesso sono state messe al servizio di importanti partite finanziarie, da Monte dei Paschi di Siena a Banco Bpm passando per le Generali e Intesa Sanpaolo.
Arriva dal passato l’attacco al ricco business della sanità privata. Da quelle società di mutuo soccorso nate con una legge del lontanissimo 1886, poi rivista nel 2002. Le “mutue” in questi ultimi anni si sono riorganizzate, modernizzandosi e andando a occupare gli spazi lasciati liberi sia dalle assicurazioni private che dai fondi sanitari integrativi di categoria. Insieme, i tre soggetti fanno il mercato della spesa “intermediata”. Sul piatto ci sono circa 41,5 miliardi (dati 2022, ultimi disponibili) di spesa per la sanità che gli italiani tirano fuori dal proprio portafoglio per pagarsi medicine, analisi, specialisti e accertamenti clinici. Di questi, solo 4,7 circa sono “intermediati” da vari soggetti. Gli altri sono “out of pocket”, pagati direttamente dai cittadini. Lo spazio di crescita è enorme. In Italia la spesa intermediata è soltanto l’11% del totale, secondo la ricerca Focus Sanità Integrativa di Onws. In Francia è il 43%, in Spagna e in Uk il 25%, in Germania il 20%.
Prima e immaginaria regola della serendipità applicata al business: quando non si cerca il profitto a tutti i costi, alla fine può capitare di trovarlo anche oltre le aspettative. Lo testimoniano i numeri delle società benefit: sono più ricche, più redditizie e pagano meglio i propri dipendenti rispetto alle aziende tradizionali, anche se non puntano al guadagno come unico obiettivo. Sono le evidenze messe in luce da un rapporto realizzato da Intesa Sanpaolo con Nativa, InfoCamere, Università di Padova, Camera di commercio di Brindisi-Taranto e Assobenefit su questa categoria di imprese, caratterizzate dall’inserimento nell’oggetto sociale di finalità di beneficio comune che vadano oltre il semplice profitto aziendale. Tradotto: l’obiettivo è sempre guadagnare e far guadagnare i soci, ma cercando allo stesso tempo di raggiungere obiettivi di carattere sociale.
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L’esercito dei replicanti ha preso il controllo di Wall Street. A fine 2023, ha calcolato Morningstar, negli Stati Uniti i fondi passivi e gli Etf hanno superato per la prima volta i fondi attivi quanto a patrimonio gestito: 13.300 miliardi contro 13.200 miliardi. Il sorpasso arriva al termine di una lunga cavalcata, avviata nel 1970 dal pioniere dei fondi indicizzati e creatore del colosso Vanguard, Jack Bogle, al motto di: «Non cercare l’ago nel pagliaio; compra l’intero pagliaio!». Fuor di metafora, meglio comprare un intero indice azionario che andare alla ricerca delle società più promettenti in Borsa.
Danimarca, Svizzera e Germania si confermano tra i Paesi europei con la percentuale più alta di aziende che pagano con puntualità i propri fornitori. L’Italia resta ancora distante dai best performer europei. Ad analizzare le ultime tendenze e i comportamenti di pagamento delle imprese italiane, a confronto con le altre realtà europee e internazionali, è l’osservatorio annuale realizzato da Cribis con i dati sui pagamenti commerciali raccolti a livello globale dal Dun & Bradstreet Worldwide Network di cui Cribis è partner. In questa analisi vengono messe a confronto le abitudini di pagamento delle imprese in 39 Paesi del mondo che rappresentano circa il 90% del Pil mondiale e le principali economie con cui le imprese italiane hanno rapporti commerciali. Oltre ai dati nazionali, lo Studio Pagamenti offre diversi livelli di approfondimento per dimensione, regione, settore e trend storici, che consentono di analizzare il grado di virtuosità delle imprese nei confronti dei fornitori.
Un importante appello lanciato da eminenti scienziati ha evidenziato di recente che «il Servizio Sanitario Nazionale è in grave crisi, c’è il rischio di non riuscire più ad assistere tutti». Ancora una volta emerge la necessità di salvaguardare la natura pubblica e universale del nostro SSN, anche in relazione alla scarsa capienza della politica fiscale e di una popolazione notevolmente più anziana. È probabile che tutti concordino sull’importanza del SSN e delle sue prerogative fondanti, ma è altrettanto probabile che la domanda su «chi paga ora e nel medio/lungo periodo» non troverebbe la stessa concordia nelle risposte. E una volta risolto questo cruciale dubbio, quali dovrebbero essere le prestazioni che uno Stato dovrebbe mutuare, considerato che ciascuno riceve nel corso della vita, mediamente, cure di qualità e quantità variabili? Il tema va affrontato, quindi, non solo in relazione al livello medio di assistenza e alle sue fonti di finanziamento — che rimangono le questioni principali per garantire il servizio sanitario pubblico e universale — ma anche alle probabilità che ognuno di noi ha o avrà di ricevere cure e assistenza sanitaria di qualità durante il proprio ciclo di vita.
Undici diversi modi per andare in pensione nel 2024. Tra riforme e contro riforme, agevolazioni per lasciare prima del tempo, il sistema previdenziale assomiglia sempre di più a un Torre di Babele. Basta vedere la tabella pubblicata qui sotto che raggruppa i modi di pensionarsi per rendersene conto. Orientarsi non è facile. Proprio per questo lunedì 27 potrete trovare gratuitamente in edicola con Il Corriere della sera la guida pratica di Leonardo Comegna «Tutto Pensioni Quando si può lasciare e con quanto». Tutte le cose da conoscere per conoscere i propri diritti, le regole da rispettare e programmare il proprio futuro. Nel libro c’è anche un utile specchietto che consente di capire in base all’età e alla data di inizio della contribuzione quando si potrà lasciare il lavoro.
I nostri nonni e genitori sono spesso andati in pensione con un assegno pari ad almeno l’80% della loro retribuzione. Per noi, oggi, non è più così: per arrivare a quel livello abbiamo bisogno della «pensione di scorta» che si può creare attraverso la previdenza integrativa. Quanta parte del nostro stipendio dovremmo risparmiare ogni mese e investire in un fondo pensione per poter raggiungere quell’80% che le generazioni precedenti potevano ottenere dalla sola pensione Inps? La risposta è «dipende». Gli ingredienti sono il nostro percorso professionale (dipendenti o autonomi), l’età e il profilo di rischio scelto. Nelle tabelle abbiamo innanzitutto stimato per 30, 40 e 50enni, dipendenti e autonomi, l’apporto che potrà dare la pensione di base: si tratta di lavoratori completamente nel sistema di calcolo contributivo, che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi. L’età della pensione varia tra i 64 anni e 8 mesi di un 50enne e i 65 anni e 9 mesi di un 30enne, grazie al requisito di pensione anticipata contributiva (oggi pari a 64 anni di età con 20 di contribuzione), raggiungibile quando l’importo dell’assegno sia pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale (circa 1.325 euro netti). Il requisito tuttavia non è «fermo», ma viene adeguato ogni due anni all’aumento dell’attesa di vita: nelle simulazioni abbiamo ipotizzato una bassa crescita dell’attesa di vita. Si tratta dello scenario più prudenziale in ottica di pianificazione pensionistica, perché andando in pensione prima si ha meno tempo per pianificare una rendita integrativa.
Da luglio le nuove auto saranno più intelligenti. Si accorgeranno se il guidatore supererà i limiti della corsia e automaticamente manovreranno lo sterzo, freneranno in caso di emergenza, capiranno se chi siede davanti al volante ha bevuto troppo, individueranno pedoni e ostacoli quando si fa retromarcia. E una scatola nera, come quelle degli aerei, memorizzerà tutti i parametri come velocità, frenata e molto altro. Insomma, tra meno di due mesi ci sarà una piccola ma importante rivoluzione per le macchine di nuova immatricolazione che dovranno essere attrezzate per legge da almeno otto Adas (Advanced Driver Assistance Systems), assistenti alla guida fondamentali per la sicurezza stradale.
Paola Pietrafesa, amministratore delegato e direttore generale di Allianz Bank Financial Advisors sarà l’ospite d’onore del Moscova Experience day, organizzato mercoledì 22, dalle 16, da Moscova & partners al Design Museum in Piazza Compasso d’Oro 1, a Milano (ingresso da via Ceresio 7, Via Bramante 42 e piazzale del cimitero monumentale). Con Pietrafesa ci sarà Angelo Rindone, giovane imprenditore milanese esperto di Intelligenza artificiale, di innovazione e pioniere del crowfunding in Italia. Il tema della giornata di lavoro, condotta da Giancarlo Locatelli è l’innovazione e di come questa possa sostanziarsi anche in un nuovo rapporto con i subagenti assicurativi.
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