Lo studio realizzato da Coface sul comportamento di pagamento in Cina mostra che nel 2022 meno imprese hanno dovuto affrontare ritardi di pagamento – il 40% degli intervistati nel 2022 contro il 53% nel 2021. Inoltre, il ritardo medio è sceso da 86 a 83 giorni

In Cina il numero di imprese soggetto a gravi ritardi di pagamento superiori al 2% del fatturato annuo è in calo: dopo un incremento significativo nel 2021 con segnalazioni da parte del 64% degli intervistati, la percentuale è scesa al 36%, il dato più basso dal 2016. Secondo l’esperienza di Coface, dal momento che l’80% dei pagamenti prolungati non viene mai pagato, la liquidità di un’azienda è considerata a rischio quando questi costituiscono una percentuale del fatturato annuo superiore al 2%.

Nel 2022, il 34% degli intervistati dell’industria chimica ha affermato che i gravi ritardi rappresentavano oltre il 10% del proprio fatturato, con un incremento di 8 punti percentuali rispetto al 2021, il tasso più alto tra i 13 settori oggetto di analisi. Anche la stabilità finanziaria degli operatori del settore del legno ha subito un peggioramento: le imprese del settore hanno infatti registrato maggiore importo di insoluti (40% rispetto al 33% del 2021).

Dopo una politica rigida con regole più restrittive di finanziamento nei confronti delle società immobiliari, il governo cinese ha allentato la propria posizione a fine 2022, grazie a un importante programma di misure. L’edilizia rimane il settore con i ritardi di pagamento più lunghi (96 giorni), data la fase di correzione del mercato immobiliare.

Il 30% delle aziende intervistate (in tutti i settori) ha indicato l’aumento dei prezzi delle materie prime come principale motivazione dei ritardi di pagamento, contro il 23% nel 2021. L’impennata dei prezzi delle materie prime in seguito alla guerra in Ucraina e la pressione sulle catene di approvvigionamento hanno portato a un forte rialzo dei prezzi dei fattori produttivi nel 2022, mettendo ulteriormente sotto stress le risorse finanziarie delle imprese.

Maggiore ottimismo dopo la fine delle politiche zero-Covid

La politica rigida della Cina nei confronti del Covid ha colpito duramente le imprese nel 2022. Anche se il boom dei prezzi delle materie prime e il calo della domanda hanno condizionato in modo significativo la liquidità e le vendite (rispettivamente per il 24% e il 23% degli intervistati), il 61% ha dichiarato che la scarsa disponibilità di manodopera a causa delle misure di contenimento è stato il principale fattore di impatto su liquidità e vendite.

Per i prossimi 12 mesi, le aziende mostrano un crescente, anche se modesto, ottimismo in termini di vendite e liquidità. Le imprese che si aspettano un miglioramento delle vendite sono passate dal 44% nel 2021 al 50% nel 2022, mentre per la liquidità dal 27% nel 2021 al 49% nel 2022.

Nel complesso, gli intervistati sono sempre più ottimisti sulle prospettive economiche per i prossimi 12 mesi, poiché il governo cinese ha abbandonato la politica zero-Covid a fine 2022. La percentuale di aziende che si aspetta una crescita economica è aumentata dal 68% nel 2021 all’84%. Coface prevede che la crescita del PIL cinese acceleri tra il 4% e il 5% nel 2023.

“Dopo un periodo particolarmente complesso, iniziato con il Covid, dalla Cina arrivano segnali di ripresa che sono sicuramente incoraggianti. La percentuale di imprese che hanno dovuto affrontare ritardi di pagamento è in netta discesa, e anche una lieve diminuzione del ritardo medio sono da intendersi come la prova che l’allentamento della politica “zero-Covid” ha portato reali benefici alle imprese” – commenta Ernesto De Martinis, Ceo di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa. “L’incremento delle vendite che si registra, l’aumento della liquidità, sono elementi che giustificano un certo ottimismo per il 2023, per cui quest’anno è possibile prevedere una crescita del PIL cinese certamente significativa”.