di Andrea Deugeni
La quota dell’1,72% delle Assicurazioni Generali in portafoglio alla Fondazione Crt non si vende. È «strategica». Come anticipato la scorsa settimana da MF-Milano Finanza, Giovanni Quaglia e Massimo Lapucci, rispettivamente presidente e segretario generale dell’ente torinese che in assemblea a Trieste aveva appoggiato l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, hanno fatto muro in «Commissione bilancio, patrimonio e investimenti» della fondazione sulla dismissione della partecipazione nel Leone di fronte alla richiesta di uscita dall’investimento da parte di alcuni consiglieri d’indirizzo. A quanto risulta, i componenti dell’organismo interno critici della gestione hanno motivato i propri desiderata, ponendo in primis un tema di coerenza, visto che la scelta di crescere nel capitale delle Generali (dall’1,3% di settembre 2021 all’attuale 1,72%) era stata fatta da Quaglia e Lapucci per sostenere l’affermazione di un piano strategico alternativo a quello di Philippe Donnet. Poi uno di convenienza: è stato fatto notare come, venuto meno l’appeal speculativo dello scontro assembleare fra Mediobanca e gli ex pattisti Caltagirone e Del Vecchio, il titolo rischi in futuro di perdere valore. Infine, è stata messa sul tavolo anche una ragione di governance, in riferimento all’attuale configurazione-funzionamento del board del Leone: l’eventualità che Caltagirone continui, è stato detto apertamente, in un muro contro muro con l’amministratore delegato rappresenta una persistente pressione al ribasso sul prezzo delle azioni. Dunque, meglio vendere.

In una nota, i vertici Crt hanno spiegato che «le Generali continueranno a essere un investimento strategico. Pertanto, l’ipotesi di dismettere, anche solo parzialmente, l’attuale quota è, allo stato, priva di ogni fondamento», ipotesi oltretutto avanzata soltanto da una minoranza. In più, «è stata evidenziata l’importanza della gestione finanziaria dinamica della fondazione che ha portato negli ultimi anni a un progressivo rafforzamento finanziario e patrimoniale, nonchè del contributo fornito in termini di dividendi incassati da alcune partecipazioni strategiche, tra cui Generali, Cdp e Banco Bpm». Sui rischi di deprezzamento del titolo, i vertici dell’ente hanno tranquillizzato i consiglieri di indirizzo spiegando che sono stati stipulati dei derivati di copertura «collar» con ampia banda di oscillazione. A quanto risulta a MF-Milano Finanza, la «campagna» di Crt per sostenere Caltagirone è costata all’ente 126 milioni di euro, cifra sborsata per comprare negli ultimi sei mesi un pacchetto aggiuntivo di 6,8 milioni di azioni, a un prezzo medio di acquisto di 18,5 euro. E in borsa ieri il titolo, in calo dello 0,55%, è già sceso a quota 18 euro. Molto lontano dai massimi di oltre 21,1 euro pre-assembleari. L’impressione è che il tema sia soltanto rimandato: secondo il regolamento investimenti le decisioni sull’allocazione del patrimonio spettano al Consiglio di indirizzo, dove potrebbe coalizzarsi una maggioranza pro-dismissione. (riproduzione riservata)
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