MPS E TESORO SELEZIONANO GLI ISTITUTI DA SCHIERARE PER L’AUMENTO DA 2,5-3 MILIARDI
di Luca Gualtieri e Fabrizio Massaro
Comincia a prendere forma il pool di banche che accompagneranno Mps nel prossimo aumento di capitale da 2,5-3 miliardi. Questa settimana, secondo quanto ha appreso MF-Milano Finanza da fonti finanziarie a conoscenza del dossier, l’istituto guidato dal ceo Luigi Lovaglio e il ministero del Tesoro (primo socio di Siena al 64%) dovrebbero selezionare le banche d’affari che saranno capofila dell’operazione. L’obiettivo? Condividere non solo l’architettura finanziaria del rafforzamento ma anche la strategia industriale in cui sarà calata e che avrà come cardine il nuovo piano. Dopo la scelta di almeno tre gobal coordinator, nel giro di un mese le discussioni dovrebbero portare anche un accordo per un consorzio di garanzia (pre-underwriting) che potrebbe essere annunciato il 23 giugno insieme al piano.

La scelta dovrebbe cadere su Mediobanca, Bofa Merrill Lynch e Jp Morgan, che dovranno mettere in piedi un consorzio di banche per coprire la quota di eventuale inoptato. La formazione al completo – il cui annuncio è atteso tra la terza e la quarta settimana di settembre – si prevede alquanto folta, con almeno una decina di intermediari tra joint bookrunner e lead manager.

Il Tesoro sottoscriverà la parte d’aumento di sua competenza ma gli investitori privati saranno essenziali perché l’aumento possa essere considerato «di mercato» da parte della Commissione europea; in caso contrario, la DgComp potrebbe considerare il sostegno economico da parte del Mef come aiuto di Stato e questo potrebbe comportare l’azzeramento di alcune posizioni, come per esempio i bond subordinati. Ecco perché, con un flottante pari al 36% del capitale, i soci privati andranno convinti della bontà dell’ennesimo piano di salvataggio.

Tra le opzioni c’è quella di coinvolgere i partner strategici del Monte che, in forza degli accordi commerciali, potrebbero avere interesse a entrare nel capitale. Si guarda soprattutto ad Axa e Anima (sebbene l’asset manager partecipato da Banco e Poste sembri alquanto freddo sull’ipotesi). La quota da collocare non è eccessiva in termini assoluti, 600-700 milioni di euro, anche se attualmente le condizioni di mercato non sono delle migliori per andare a chiedere soldi freschi.

Per convincere gli indecisi un ruolo di primo piano sarà giocato dal piano di Lovaglio, che dovrà dare un quadro aggiornato sullo stato di salute e la strategia di Mps. L’imminente rialzo dei tassi da parte della Bce dovrebbe aiutare il margine d’interesse, anche se c’è da scontare il peso dell’inflazione e della frenata dell’economia. Bisognerà capire anche l’impatto delle recenti assoluzioni in appello degli ex vertici Mps Giuseppe Mussari e Antonio Vigni sugli accantonamenti (1 miliardo su 1,8 miliardi di richieste di risarcimento) per le cause legali.

Per quanto riguarda la tempistica, l’offerta dovrebbe partire nel terzo trimestre, con ogni probabilità a ottobre, in un contesto macreconomico auspicabilmente stabilizzato. In ogni caso le banche d’affari cercheranno di tenersi le mani il più possibile libere, anche perché nel frattempo avvieranno anche una due diligence sul piano. (riproduzione riservata)
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