di Carlo Giuro
L’investimento sostenibile percorre nuove tappe verso un definitivo atterraggio nel vissuto finanziario italiano. Va evidenziato in primo luogo come le tre autorità di vigilanza europee (Eba, Eiopa ed Esma-Esas) hanno aggiornato il loro supervisory statement congiunto sull’applicazione del Sustainable finance disclosure regulation (Sfdr), in modo da promuovere un’applicazione efficace e coerente e una supervisione nazionale del regolamento Ue in materia di informativa sulla finanza sostenibile, creando così condizioni di parità e tutelando gli investitori. Le Esas (European supervisory authorities) raccomandano che le autorità nazionali competenti e i partecipanti al mercato utilizzino l’attuale periodo intermedio dal 10 marzo 2021 al 1° gennaio 2023 per prepararsi all’applicazione del prossimo regolamento delegato della Commissione, contenente le norme tecniche di regolamentazione applicando anche le misure pertinenti dell’Sfdr e il regolamento sulla tassonomia secondo le relative date di applicazione.

Con specifico riferimento al settore previdenziale assume particolare rilevanza la pubblicazione da parte del Mefop delle linee guida per fondi pensione e casse di previdenza sulla stewardship, ovvero l’insieme delle politiche di impegno degli investitori verso le società in portafoglio. Il documento, che era stato oggetto di un confronto con le principali associazioni di categoria e di una consultazione pubblica, che si è conclusa lo scorso 10 gennaio, costituisce il primo strumento normativo di soft law in Italia in ambito pensionistico, collegato in senso tematico ma indipendente dagli obblighi della direttiva Shareholder Rights 2 sull’impegno a lungo termine degli azionisti, attualmente applicabili alle forme pensionistiche complementari.

Operando indipendentemente dagli obblighi normativi applicabili ai fondi pensione, sottolinea il Mefop, possono rappresentare anche per le casse di previdenza, escluse dall’ambito dei destinatari della direttiva, un utile strumento attraverso il quale avvicinarsi gradualmente ai temi della stewardship in maniera volontaria.

La veste di investitori istituzionali e la funzione sociale a loro ascritte spingono anche gli enti di previdenza privati e privatizzati a un ruolo proattivo sugli aspetti su cui insiste la direttiva. Talune casse hanno peraltro già esercitato il diritto di voto nelle assemblee di alcune delle società da loro partecipate. Pur rivolgendosi a tutti gli investitori previdenziali, le linee guida riconoscono e prendono atto delle diversità esistenti tra fondi pensione e casse di previdenza nei modelli operativi e negli obblighi di adempimento alle previsioni normative. Gli enti di previdenza infatti non rientrano nell’ambito dei destinatari della direttiva, ma possono fare propri gli stimoli provenienti dalla normativa per avviare iniziative di stewardship anche nel loro settore. Le linee guida costituiscono una prima versione, ispirata alle migliori prassi internazionali, pur nel rispetto delle specificità del settore previdenziale italiano. La messa a terra dei principi favorirà la diffusione di conoscenze ed esperienza, potenzialmente in grado di generare una spinta alla loro revisione. Le future versioni delle linee guida continueranno a sostenere gli attori del mercato, supportandoli nell’integrazione dei principi a beneficio sia della qualità delle attività condotte sia della reputazione degli investitori. Possono essere adottate senza alcun obbligo di adesione o dichiarazione di conformità. I fondi pensione e le casse di previdenza hanno la facoltà di comunicare al pubblico l’uso delle linee guida e, laddove lo ritengano opportuno, fornire ulteriori dettagli circa l’implementazione dei principi.

Come viene rimarcato le linee guida sono state preferite ad altri strumenti, a cui sarebbe stato possibile ricorrere per rispondere agli obiettivi prefissati, per l’approccio più flessibile nell’applicazione e di minore invasività e impatto sugli adempimenti, in grado di favorire un processo graduale e consapevole di crescita del sistema. Ma quali sono state fino ad ora le scelte dei fondi pensione in materia di adozione della politica di impegno e le relative motivazioni? Sulla base di un’analisi Mefop e Assofondipensione una prevalenza ha optato per l’explain (fornire una comunicazione al pubblico chiara e motivata delle ragioni dell’eventuale scelta di non adempiere alle disposizioni), pari a circa il 69%. Approfondendo l’analisi per tipologia di fondi pensione si palesa come siano stati soprattutto i negoziali e i preesistenti, simili per modello gestionale, a propendere per questa scelta. I fondi pensione aperti hanno invece optato soprattutto per il comply (adempiere alle disposizioni del decreto), potendo far riferimento a quanto già implementato dai propri soggetti istitutori.

La scelta dell’explain non sembra quasi mai definitiva. Entrando nel merito delle attività svolte dai fondi che hanno optato per il comply (31%), tutti dichiarano di aver implementato un’attività di monitoraggio nei confronti delle aziende investite su aspetti rilevanti quali la strategia, i risultati finanziari e non, i rischi, la struttura del capitale e l’impatto sociale, ambientale e di governance. Il 95% effettua attività di engagement al fine di incoraggiare le imprese verso comportamenti virtuosi e l’82% esercita il diritto di voto su temi ritenuti rilevanti: tra questi circa la metà ha definito una propria politica di voto, utile a disegnare il perimetro entro il quale svolgere tale attività. (riproduzione riservata)
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