Il 55% degli italiani non sa chi abbia accesso alle proprie informazioni digitali, secondo quanto emerge da un report di VMware per il quale questa “sfiducia” rischia di minare il cambiamento guidato dalla tecnologia.

Se da un lato gli utenti guardano con diffidenza al mondo dei dati, dall’altro la maggioranza delle persone è ben disposta verso l’innovazione, con il 58% che crede che la tecnologia possa contribuire al progresso digitale del proprio Paese creando nuovi posti di lavoro e generando nuove entrate (il 61% in Italia), e con il 68% (dato identico in Europa e in Italia) che auspica investimenti nell’innovazione tecnologica per rendere il nostro mondo un posto migliore, rispetto al 6% (il 5% in Italia), per esempio, che vuole che si investa in attività come il turismo spaziale.

Mentre il 47% delle persone riconosce che l’introduzione di nuove tecnologie possa spaventare, la maggior parte ritiene tuttavia che sia necessaria per migliorare il benessere dei cittadini e della società e solo il 16% è in disaccordo con questa affermazione.

Se la maggior parte (58%) degli intervistati in Europa è sempre più preoccupata per la sicurezza del proprio digital footprint, questa percentuale scende in Italia al 44%. Quasi tre quarti (72% in Europa, 69% in Italia) degli intervistati sono preoccupati per il ruolo che la tecnologia gioca nella diffusione della disinformazione e il 48% (45% in Italia) teme fortemente che le organizzazioni stiano tracciando e registrando le attività dai propri dispositivi. Oltre a questo, solo il 10% dei consumatori (il 12% in Italia) ritiene che le aziende e i governi siano abbastanza chiari sulle tecnologie che usano e su come le usano.

Allo stato attuale, la sfiducia nei dati – si legge nel report – sta impedendo lo sviluppo del pieno potenziale che la tecnologia ha per agire come una forza positiva. Il 60% dei consumatori è spaventato o a disagio nel condividere i propri dati personali per aiutare i governi e le aziende a progettare infrastrutture più intelligenti e più green. Dato che in Italia scende a un più confortante 49%. E meno di un quinto (17%), è entusiasta della prospettiva che i sensori delle smart city possano migliorare l’efficienza dell’area di residenza, dato che in Italia sale al 27%.

Fonte: Corcom