I DATI DELL’OSSERVATORIO SANITÀ DIGITALE DELLA SCHOOL OF M ANAGEMENT POLITECNICO DI MILANO
di Antonio Longo
Cresce la conoscenza e l’utilizzo del fascicolo sanitario elettronico (Fse) da parte dei cittadini, professionisti sanitari e pazienti comunicano utilizzando sempre più applicazioni di messaggistica istantanea mentre si riduce l’uso della telemedicina, dopo il boom registrato durante la fase più acuta dell’emergenza pandemica. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno «Sanità Digitale: ora serve un cambio di marcia!», secondo cui nel 2021 la spesa per la sanità digitale in Italia è cresciuta del 12,5% rispetto al 2020, toccando quota 1,69 miliardi di euro, pari all’1,3% della spesa sanitaria pubblica. Una crescita superiore a quella degli ultimi anni ma, a giudizio degli esperti, non ancora sufficiente a imprimere il «cambio di marcia» necessario a colmare il ritardo accumulato.

Fse sempre meno sconosciuto. Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxapharma, emerge che il 55% dei cittadini ha sentito parlare almeno una volta di Fse (era il 38% nel 2021) e il 33% lo ha già utilizzato (il 12% nel 2021). Tra i pazienti cronici o con problematiche gravi, coinvolti nella ricerca svolta in collaborazione con Aisc, Alleanza Malattie Rare, Apmarr, Fand, FederAsma, Onconauti e Ropi, le percentuali di conoscenza e utilizzo del fascicolo sanitario elettronico sono ancora più elevate, infatti l’82% lo conosce e il 54% lo ha utilizzato (nel 2021 era il 37%). Una significativa spinta è scaturita dalla pandemia che ha «costretto» gli italiani a scaricare green pass, referti dei tamponi e certificati vaccinali. «Se il fascicolo è stato attivato per tutti i cittadini e ha raggiunto ad oggi anche percentuali significative di utilizzo» spiega Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’osservatorio, «il livello di alimentazione dei documenti del nucleo minimo nella gran parte delle regioni è ancora molto limitato». In tale direzione, secondo la rilevazione effettuata dal Mitd, solo Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte hanno una percentuale di alimentazione del Fse superiore al 50%, ossia la percentuale di documenti pubblicati e indicizzati sul Fse rispetto al totale delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie pubbliche negli ultimi due anni. Altre quattro regioni, ossia Campania, Liguria, Sicilia e Calabria, hanno, invece, livelli che non superano il 5%.

Telemedicina. Sin dai primi mesi della pandemia l’utilizzo dei servizi di telemedicina è aumentato in quanto ha facilitato la collaborazione tra i professionisti e garantito continuità di cura e assistenza ai pazienti. Ma in assenza di strategie e investimenti, parte di questo effetto rischia di svanire con il ritorno alla normalità. Numeri alla mani, il 26% dei medici specialisti e il 20% dei medici di medicina generale ha utilizzato la tele-visita nel 2021, contro il 39% del 2020 e il 10% circa pre-pandemia. «La riduzione nei livelli di utilizzo della telemedicina da parte dei medici va colto come il segnale dell’esigenza di un’innovazione più strutturale, un passaggio a un modello nel quale questa non rappresenti più una soluzione di emergenza, ma un’opportunità per migliorare il sistema di cura» osserva Cristina Masella, responsabile scientifico dell’osservatorio, «ad oggi questo cambiamento di modello deve ancora essere concretizzato: per medici e infermieri le attività di telemedicina spesso costituiscono un’aggiunta in termini di tempo a quelle tradizionali». Nonostante ciò, l’interesse rimane alto, considerato che, in base ai dati riportati nel report, oltre la metà di medici e infermieri e l’80% dei pazienti vorrebbe utilizzare questi servizi anche in futuro.

App. Durante la pandemia è cresciuto l’utilizzo di app di messaggistica istantanea che hanno permesso una comunicazione veloce e diretta tra professionisti sanitari e paziente. Nel 2021 il 73% dei medici specialisti, il 79% dei medici di medicina generale e il 57% degli infermieri ha usato app di messaggistica. «Oltre a problemi di sicurezza e privacy, l’utilizzo di questi strumenti può impattare negativamente sulle attività lavorative dei professionisti coinvolti, da cui spesso i pazienti si aspettano risposte immediate» spiega Chiara Sgarbossa, direttrice dell’osservatorio, «stentano ancora a diffondersi strumenti più appropriati, sicuri e dedicati all’attività professionale». Ad oggi, infatti, solo un professionista sanitario su tre utilizza piattaforme di comunicazione dedicate o certificate, sebbene l’interesse sia elevato soprattutto tra i medici (74% degli specialisti e 72% dei medici di medicina generale).

Competenze cercasi. Il 38% delle direzioni strategiche delle aziende sanitarie coinvolte nell’indagine indica la mancanza di competenze digitali come barriera all’innovazione. «La trasformazione dell’ecosistema salute non può prescindere dal fattore umano e dalla cultura e dalle competenze degli attori coinvolti, tra cui i professionisti sanitari» evidenzia Emanuele Lettieri, responsabile scientifico dell’osservatorio, «per le aziende sanitarie è prioritario investire nella formazione del personale sanitario, soprattutto su ambiti come la cartella clinica elettronica, privacy e sicurezza dei dati e telemedicina, oltre alla formazione sugli strumenti informatici di base, necessaria per fornire ai professionisti una preparazione più completa».

La trasformazione dei servizi passa anche dalle risorse del Pnrr
La trasformazione digitale della sanità italiana passa anche attraverso gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede riforme e investimenti nel settore salute nella missione 6 con risorse pari a 15,63 miliardi di euro. «Il Pnrr sta giocando, anche nel settore sanitario, un ruolo rilevante per il rilancio del nostro paese» sottolinea Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale School of Management del Politecnico di Milano, «in particolare, il potenziamento della sanità territoriale, anche grazie allo sviluppo di servizi di telemedicina, e la raccolta e valorizzazione dei dati in sanità, in particolare attraverso la diffusione del fascicolo sanitario elettronico, rappresentano alcune delle principali sfide per i prossimi anni. Il Pnrr rappresenta un’occasione epocale di rilancio perché assegna al settore della sanità investimenti sostanziali sulla digitalizzazione. Tuttavia, l’effettiva disponibilità e l’efficace messa a terra di queste risorse è tutt’altro che scontata. Lo sblocco di questi fondi da parte delle istituzioni europee è condizionato allo sviluppo in tempi rapidi di programmi e riforme la cui realizzazione non è semplice, soprattutto a causa della frammentazione della governance del sistema sanitario pubblico». Dalla ricerca svolta in collaborazione con Fiaso sulle direzioni strategiche delle strutture sanitarie italiane emerge che tra gli ambiti di investimento previsti dal Pnrr il 64% dei direttori ritiene molto rilevante lo sviluppo di soluzioni aziendali per garantire la raccolta del dato di cura del paziente, come la cartella clinica elettronica, in tal senso il 60% delle aziende sanitarie ha intenzione di investire in questo ambito. A seguire, i sistemi per l’integrazione ospedale-territorio, in particolare la telemedicina, rilevante per il 56% dei direttori e ambito di investimento previsto nel 2022 per il 58% delle aziende sanitarie, e le soluzioni che consentono l’integrazione con sistemi regionali e/o nazionali come il fascicolo sanitario elettronico, ambito prioritario per il 47% dei direttori. Inoltre, i direttori delle aziende sanitarie ritengono molto rilevante l’attuazione degli interventi identificati nelle linee di indirizzo del Pnrr, ma il 46% di loro denuncia come ci sia ad oggi ancora poca chiarezza su come utilizzare le risorse in gioco

. Inoltre, durante la pandemia si è sviluppato una maggiore conoscenza, e un più diffuso utilizzo, del fascicolo sanitario elettronico. «Anche su questo fronte ci si aspetta nei prossimi anni un’evoluzione importante» osserva Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’osservatorio, «dato che nell’ambito del Pnrr le risorse per potenziare i Fse regionali non mancano, con 610 milioni di euro per l’adozione e utilizzo del Fse da parte delle regioni, di cui 299,6 milioni per il potenziamento dell’infrastruttura digitale dei sistemi sanitari e 311,4 per aumentare le competenze digitali dei professionisti del sistema sanitario».
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