La famiglia guarda con distacco al pressing di Delfin e Caltagirone su Mediobanca
di Andrea Deugeni
La discontinuità nella governance della banca è una battaglia che non interessa a Ponzano. In caso di scontro prevarranno gli storici legami di fiducia che legano Edizione all’istituto

In un’eventuale battaglia per la contesa di Mediobanca, in assemblea i Benetton non appoggerebbero liste concorrenti a quella del cda. Per intendersi, il copione andato in scena in Generali a fine aprile con Francesco Caltagirone e Leonardo Del Vecchio che hanno votato contro il ceo uscente appoggiati dalla famiglia di Ponzano Veneto non si ripeterebbe in Piazzetta Cuccia. Quello tra Alberto Nagel e Alessandro Benetton, infatti, non è solo un rapporto formale fra cliente industriale e banchiere d’affari a cui è stata affidata l’advisory su due partite nevralgiche per la famiglia trevigiana, come il riassetto di Atlantia e il merger fra Autogrill e Dufry che darebbe vita a un leader globale del travel retail. C’è di più, tanto che chi segue da tempo i destini dei Benetton in questi giorni in cui la tensione lungo l’asse Milano-Trieste non accenna a scemare, si spinge a ricordare i legami molto stretti e la stima profonda che legava il dominus di Mediobanca, Enrico Cuccia, e Gilberto Benetton. Così mentre a Treviso tirano il fiato dopo un inizio anno che fra elezione del nuovo cda di Edizione, messa a punto dell’opa difensiva su Atlantia e voto in Generali, non ha conosciuto sosta, stando a quanto risulta a MF-Milano Finanza i Benetton guardano con un certo distacco alle grandi manovre che gli ex pattisti del Leone intenderebbero trasferire a monte della catena, in Mediobanca appunto, dove la dinastia detiene il 2,1%. Fonti a conoscenza del dossier spiegano che se lo scontro andato in scena a Trieste non era comunque tema sentito da Edizione, tanto che da Ponzano era stata fatta filtrare la volontà di giocare un ruolo pacificatore, «a maggior ragione quella in Piazzetta Cuccia non è una battaglia che interessa ai Benetton». Le fonti aggiungono che la famiglia veneta nutrirebbe perplessità anche sulla volontà di gestione da parte di due privati di un business che presenta una regolamentazione ad hoc, come dimostra il muro appena alzato da Bce, e nel cui capitale il peso degli investitori istituzionali, che a Trieste ha sancito la vittoria della lista del board, è addirittura maggiore (al 47,6%). C’è la consapevolezza che in uno scontro assembleare l’estrema rilevanza del mercato rischierebbe di ripetere l’esito delle Generali. Insomma a Ponzano, com’era già chiaro nel giorno del voto per la governance del Leone, non interessa fare il bis schierandosi per la discontinuità. Mediobanca è fuori dai radar: in un eventuale redde rationem nell’assise di bilancio di ottobre 2023 prevarrebbero dunque legami storici di fiducia. Intanto dopo i rumors della scorsa settimana di una possibile contro-opa su Atlantia da parte di fondi infrastrutturali come Kkr, Macquarie ed Eqt, indiscrezioni conseguenti a un report di Citi, in Edizione non si attendono mosse avverse e bollano il report degli analisti Usa come un’analisi teorica. (riproduzione riservata)
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