di Luca Gualtieri
Un’aggregazione può essere un acceleratore e un potenziale miglioratore del risultato strategico di Unicredit. Così ieri Andrea Orcel ha affrontato l’argomento delle operazioni straordinarie nella sua prima uscita da amministratore delegato del gruppo. Un’uscita che, insieme alla presentazione dei risultati trimestrali, è valsa al titolo un rialzo del 5% a 9,28 euro. Presentando i numeri il banchiere romano ha precisato comunque che «l’m&a non è uno scopo in sé» e che qualsiasi deal dovrà avere luogo «nel migliore interesse dei nostri azionisti». Le speculazioni che da mesi si rincorrono sul mercato hanno candidato Unicredit a molte operazioni, dalla privatizzazione del Montepaschi a un’integrazione con Banco Bpm fino a un blitz sulle Generali. Di tutti questi ipotetici scenari però ieri ovviamente Orcel non ha voluto parlare. Semmai il ceo si è soffermato nel delineare la strategia del gruppo in vista del piano industriale che con ogni probabilità sarà presentato a settembre. Proprio nei giorni scorsi del resto il ceo avrebbe iniziato a richiedere alle diverse divisioni della banca un aggiornamento dei target strategici alla luce degli effetti della pandemia. Partendo da questi dati nelle prossime settimane dovrebbe entrare nel vivo la revisione della strategia per la quale non sembra però che al momento siano stati conferiti mandati a società di consulenza o banche d’affari.

Unicredit ha bisogno «di tempo per rilanciare e rafforzare il business», ha spiegato Orcel, secondo cui in futuro la banca potrebbe «anche non beneficiare nella stessa misura dei fattori che hanno positivamente compensato questo trimestre». Più in generale, secondo il banchiere, Unicredit ha «fondamenta solide» come la posizione di capitale e di liquidità e la qualità dell’attivo; da qui l’ad intende «spostare la banca in maniera decisa da una fase significativa di ristrutturazione e ritracciamento» per portarla a una «che porti ritorni sostenibili sopra il costo del capitale». A sottolinearlo lo stesso Orcel nella presentazione dei risultati del primo trimestre, che ha avuto risultati «forti». Fra i temi chiave indicati dal manager la centralità dei clienti e della tecnologia, che sarà «incorporata in tutti i nostri processi decisionali», e la riduzione della complessità.

Sempre ieri Unicredit ha presentato i risultati dei primi tre mesi che hanno visto un utile di 887 milioni, superiore alle stime degli analisti. Il risultato si confronta con la perdita di 2,71 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno determinata da rettifiche per il coronavirus e da poste straordinarie. Il gruppo ha registrato ricavi per 4,7 miliardi (+10,6%) trainato da un aumento delle commissioni (1,7 miliardi, in rialzo del 4,3%) e delle attività di negoziazione. Il costo del rischio invece è stato contenuto (a 15 punti base) per effetto della stagionalità e della disciplina dei costi. Tutto ciò ha più che compensato l’impatto di condizioni di mercato ancora sfavorevoli per il margine di interesse che si è attestato a 2,2 miliardi, in calo del 3,1%. Sul fronte della posizione patrimoniale il Cet 1 fully loaded si è attestato al 15,92%.

Nel frattempo gli scenari di m&a evocati da Orcel hanno messo in agitazione i sindacati: «si parla di mega fusioni tra banche, che potrebbero interessare anche più di due gruppi, in relazione alle quali occorre porre la massima attenzione», ha dichiarato il segretario della Fabi Lando Sileoni. (riproduzione riservata)

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