Il rialzo dei tassi a lungo termine è destinato a proseguire, ma il costo de finanziamenti resterà conveniente a lungo. Lo scenario per fine anno con soluzioni e avvertenze
di Teresa Campo

Tassi di interesse che salgono, e non da ieri ma almeno da inizio anno, mettendo a segno a oggi un aumento di 50-60 centesimi. E questo per colpa dell’inflazione, ma non solo. Dopo i tanti «al lupo al lupo!» stavolta siamo davvero al fatidico «ultima chiamata per i mutui»? I numeri parlano chiaro: dai minimi di dicembre-gennaio l’Irs30 anni (il parametro cui sono legati i mutui a tasso fisso di pari durata) è passato da un valore appena sotto lo zero (-0,02/-0,03%) al +0,55% del 13 maggio, appena meno dello 0,58% del giorno prima. E movimenti analoghi si sono registrati anche sulle altre scadenze lunghe: allo 0,58% è arrivato l’Irs 25 anni e allo 0,55% il 20 anni partendo dagli stessi livelli. Sempre negativi e stabili sui minimi storici invece i tassi Euribor (intorno al -0,55%), cui sono invece legati i mutui a tasso variabile.
Quali i possibili riflessi di un trend di saggi al rialzo su mutui e mutuatari? Purtroppo salati almeno per quanto riguarda i finanziamenti a tasso fisso: interessi sul mutuo molto più onerosi, vale a dire rate mensili più pesanti, con conseguenze che possono spaziare dal dovere fare un mutuo di durata più lunga per renderle sostenibili fino al non potersi più permettere l’acquisto della casa che ci si poteva permettere prima. La buona notizia è che a oggi il costo complessivo dei mutui (ovverto tasso più spread, che corrisponde alla remunerazione per la banca finanziatrice) resta vicinissimo ai minimi storici, ma soprattutto tra l’1 e l’1,5% (o anche meno se si guarda solo al podio delle migliori offerte), sia sulla scadenza a 20 anni che su quella trentennale. Dunque un livello comunque molto basso. Non solo: se si guarda per esempio alle migliori offerte a 30 anni rilevate da Mutuionline, si nota che il tasso spazia dallo 0,98% del primo in classifica ( Banca Carige) all’1,45% del decimo (Banca Sella), ma che in termini di rata mensile (su 100 mila euro di finanziamento) la differenza è solo di 29 euro (da 441 a 470 euro), che si riduce a 15-20 euro se si rimane entro le prime cinque offerte migliori. E differenze analoghe si riscontrano sui mutui sempre a lungo termine ma di durata inferiore, tipo 20 oppure 25 anni. Insomma un aggravio di costo abbastanza contenuto, nell’ordine dei 250-350 euro all’anno, e solo a carico dei nuovi mutuatari, cioè di chi si accinge a comprare casa, e non quelli che l’hanno già fatto. Come noto il mutuo a tasso fisso è praticamente blindato, assicurando le stesse condizioni iniziali per tutta la durata del finanziamento. E non interessa (per ora) nemmeno chi ha fatto o farà un mutuo indicizzato, visto che come accennato per ora l’Euribor non si è mosso. Meno del 10% degli acquirenti però al momento sceglie questo tipo di tasso, proprio perché, pur offrendo condizioni ottime (il tasso finito a 30 anni si aggira intorno allo 0,45-0,55% e la rata mensile tra 291 e 300 euro) non è in grado di assicurarle per sempre perché appunto indicizzato.

La domanda però è che cosa succederà adesso. L’aumento dei tassi Irs a lungo termine è partito a dicembre-gennaio 2021 ed è apparso compatibile con lo scenario: la discesa brusca fin sotto zero era iniziata nel febbraio 2020 con l’esplosione della pandemia, per cui con l’avvio delle vaccinazioni di massa e speranze di normalizzazione più concrete (anche dell’economia) un aggiustamento al rialzo era fisiologico. E infatti l’Irs30 anni a marzo si era stabilizzato intorno allo 0,40%. Solo nelle ultime settimane il movimento al rialzo è ripartito, a seguito dei segnali di ripresa dell’inflazione registrati in varie parti del mondo, dalla Cina alla Germania e agli Stati Uniti. Un movimento più profondo quindi, destinato a consolidarsi insieme alla (auspicata) ripresa dell’economia. Il target di inflazione della Bce è del 2%, ma in Germania si stima che possa arrivare anche al 3% per fine 2021, salvo poi ritracciare, dunque solo una fiammata inflattiva dovuta alla riapertura delle attività economiche con conseguente balzo dei consumi.

Quanto al destino dei tassi (e quindi dei mutui) di sicuro le banche centrali nel 2021 non metteranno mano ai tassi ufficiali ma potrebbero rallentare il Qe a fronte di crescita di pil e inflazione dell’Eurozona. Anche senza interventi ufficiali tuttavia i tassi Irs di mercato registreranno questi cambiamenti, come del resto già avvenuto di recente. Nessuno oggi si azzarda a ipotizzare dove potranno arrivare i tassi a lungo termine per fine anno perché dipende da ripresa, vaccini, varianti e perfino Recovery Plan. Di sicuro però un ulteriore leggero rialzo è nell’ordine delle cose, così come un proporzionale rincaro dei finanziamenti. Il tutto però in un range limitato, nel senso che i tassi rimarranno ancora a lungo bassi, solo un po’ meno. Chi ha già un mutuo a tasso fisso in essere non deve preoccuparsi. Chi ne ha acceso uno indicizzato è bene che monitori la situazione. Chi invece deve ancora comprare casa non ha tanto tempo da perdere: la soluzione a tasso fisso resta comunque preferibile perché, anche se costa un po’ di più, garantisce le condizioni attuali per sempre. Secondo quanto emerge dalle rilevazioni di Mutuionline sui migliori mutui sulle varie scadenze, questo il divario tra le due soluzioni: a 30 anni 291 contro 310 euro al mese su un prestito di 100 mila euro, a 25 anni 346 contro 366, a 20 anni 427 e 438. In sostanza un divario di 15-20 euro al mese, che potrebbe però ampliarsi in caso di aumento dei tassi a lungo termine. E’ ancora presto per parlare di possibile riscossa dei mutui a tasso variabile, che potrebbero però tornare a essere una scelta almeno da valutare. (riproduzione riservata)

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