di Angelo De Mattia
Non era mai accaduto finora che dei criteri e della formazione delle liste per l’elezione degli organi deliberativi e di controllo di un intermediario bancario, finanziario o assicurativo si discutesse con l’anticipo di un anno rispetto alla data in cui l’assemblea deve procedere all’elezione. Invece, è quanto sta accadendo per le Generali. La non partecipazione alla recente assemblea di bilancio e al voto da parte del secondo azionista con il 5,6% della compagnia, Francesco Gaetano Caltagirone, ha scatenato l’attenzione delle cronache, anche per la prospettiva.

Ci si chiede se si manterrà la previsione che contempla la presentazione da parte del cda uscente, della lista dei componenti gli organi in questione o se le divaricazioni intervenute sul funzionamento soprattutto del consiglio e per le resistenze a introdurre il comitato esecutivo, richiesto da alcuni azionisti, nonché a nominare un direttore generale, indurranno una rivisitazione di tale previsione.

In effetti, quest’ultima, che si dice voluta soprattutto da Mediobanca – il primo azionista delle Generali con il 13% circa – applicata in una società qual è appunto la Compagnia in questione, ha un chiaro sapore monarchico, una manifestazione di autocefalia prospettica. Come per la formazione di leggi elettorali che fissano le regole del gioco, è più che opportuno, anzi doveroso, che su questa materia, anche per le modifiche da apportare a precedenti decisioni, si registri un’amplissima convergenza, se non proprio, come sarebbe auspicabile, l’unanimità dei soci.

Avere due ordini di problemi aperti, il concreto funzionamento della governance con l’ipotesi anche dell’introduzione di nuovi organi, da un lato, e la competenza nella formazione nella predetta lista, dall’altro, segnala una situazione che non potrebbe durare a lungo, senza arrivare a un preciso orientamento. Alla fin fine, dovrebbe interessare anche all’organo di controllo, l’Ivass. Certamente, non siamo più ai tempi in cui la durata della presidenza del Leone era annuale perché in tal modo Mediobanca, soprattutto quella di Enrico Cuccia, poteva meglio controllare l’organo stesso.

Sono lontane – almeno così sembra – le reazioni che si ebbero, da parte di alcuni, quando l’allora presidente Cesare Geronzi, nel 2010-2011, ricordò per iscritto, secondo quanto stabilito dal Codice Civile, che alle singole richieste di informazioni avanzate dagli azionisti e dai consiglieri al management si sarebbe data risposta non individuale, bensì nel cda. Si trattò, per quel tempo, di una posizione vissuta in maniera straordinaria, quando si trattava di un normale adempimento.
Il ruolo di Mediobanca versus Generali è mutato perché, anche in base alla legge, doveva irrevocabilmente mutare. Si può giudicare come si vuole chi propugna cambiamenti e correzioni. Ma appare un fatto che di innovazioni, innanzitutto nel funzionamento della governance, oggi la multinazionale italiana delle assicurazioni, la quale ha un personale di prim’ordine, ha bisogno.

E Mediobanca ha le carte per rispondere a questa sfida, senza arroccamenti o rilanci riduzionistici, ma prendendo atto dell’evoluzione nel frattempo intervenuta. Ciò corrisponde agli interessi aziendali, di settore e generali. (riproduzione riservata)

Fonte: logo_mf