A 10 anni dal salvataggio di Fonsai e dopo la conquista di Ubi al fianco di Intesa, Bologna prenota la Popolare di Sondrio sfilandola a potenziali concorrenti 
Un deal che apre la strada al terzo polo. La strategia di Cimbri e le prossime mosse
di Luca Gualtieri

Negli ambienti economici bolognesi è ancora fresco il ricorda dell’opa che quasi 30 anni fa cambiò proprietà alla più grande banca della regione. In città molti non la presero bene: «Quell’offerta è fatta con spirito fraterno, come l’invio dei carri armati sovietici a Budapest nel 1956», commentò a caldo un banchiere, sperando forse di respingere l’assalto come già era accaduto qualche anno prima con la sfortunata cordata appoggiata dalla Fiat. Speranze mal riposte. L’opa da oltre 2 mila miliardi di lire che il Credit di Lucio Rondelli lanciò sul Credito Romagnolo riuscì infatti a sbaragliare non solo le difese dei bolognesi ma anche l’offerta concorrente presentata dalla Cariplo. Il Rolo così cambiò bandiera aprendo una stagione di consolidamento che avrebbe portato prima all’integrazione tra Cariplo e Ambroveneto, poi alla nascita di Unicredit e, alla fine del decennio, alle nozze tra Intesa e Comit.

A ricollocare Bologna al centro della geografia italiana del credito ci ha pensato la Unipol di Carlo Cimbri. Oggi infatti si può dire che il capoluogo emiliano ha di nuovo una banca. Tra poco potrebbe averne due. Non solo infatti la compagnia si è installata stabilmente nel capitale di Bper (di cui detiene il 18,9%), ma ha anche deciso di scommettere sulla Popolare di Sondrio. Con il reverse accelerated book building lanciato martedì 25 Unipol ha messo nel mirino il 9,5% dell’istituto valtellinese guidato da Mario Pedranzini, una partecipazione più che sufficiente a condizionarne governance e strategia dopo la trasformazione in spa. Nel presentare l’iniziativa il compratore (oggi già al 6,9%) ha posto l’accento sulle finalità industriali del deal: «L’operazione si inquadra nella strategia di UnipolSai finalizzata a contribuire ai piani di sviluppo della banca», ha spiegato Bologna, ricordando gli accordi di bancassurance in essere con la Sondrio. Ma i pesanti pacchetti azionari rastrellati da Equita hanno anche una chiara valenza tattica. Non è un mistero che nell’ultimo anno l’istituto di Pedranzini sia finito nel radar di diversi concorrenti, dal Credem al Banco Desio, tentati dalla solidità dei conti e dall’imminente cambio di governance. Ora però il mercato non ha più dubbi su chi sia il promesso sposo e forse proprio per questo Cimbri non sembra aver fretta di chiudere la partita.

Di certo negli ultimi 18 mesi Unipol si è dimostrata uno dei soggetti più dinamici della finanza italiana. Grazie alla mediazione della Mediobanca di Alberto Nagel la compagnia si è schierata al fianco di Intesa Sanpaolo nella conquista di Ubi. Il ricco bottino dell’opas sono state le 630 filiali con cui Bper ha allargato il proprio network nel Nord Italia compiendo così un passo decisivo verso la creazione di un polo alternativo a Intesa e Unicredit.

Rallentare però non fa parte della natura di Cimbri, che già a fine 2020 ha iniziato a studiare una nuova mossa nello scacchiere bancario. Sulla carta un target possibile era Banco Bpm. L’istituto di piazza Meda è da tempo alla ricerca di un partner e, dopo aver intavolato discussioni con Ubi, Unicredit e Crédit Agricole, è tornato a corteggiare una vecchia fiamma: Bper. Malgrado la determinazione del ceo Giuseppe Castagna un merger of equals sull’asse Milano-Modena presenta però delle criticità, a partire dai costi di ristrutturazione necessari per armonizzare le fabbriche prodotto. Così, se il cda di Banco Bpm ha esaminato l’operazione (da ultimo nella riunione di martedì 11) in stretto contatto con l’advisor Lazard, Unipol ha scelto di accelerare su Sondrio. E questo malgrado agli analisti sia chiaro che il Banco ha due controllate che gli altri istituti finiti nell’orbita di Bologna (Bper e, per l’appunto, la Popolare di Sondrio) non hanno: la banca d’affari Akros e la banca d’investimenti e private banking Aletti, oltre che la centralità sulla piazza di Milano città e provincia.

Nel frattempo ad aprile Bologna ha preso saldamente in mano il timone della Bper esprimendo il ceo Piero Montani e diversi consiglieri. Le scelte non sono state casuali. Nel cda per esempio è entrato Roberto Giay, il manager di Pinerolo che oggi è deputy general manager di Unipol con delega all’area Governance, Affari Legali e Risorse Umane. Metodico e riservato, Giay ha costruito negli anni un solido rapporto con Cimbri, che lo considera uno dei suoi fedelissimi assieme al deciso Gian Luca Santi, deputy general manager con delega a Business Development e Corporate Communication. Se Giay ha fatto degli affari legali la propria area di specializzazione, Santi è nato professionalmente nel banking. Le due esperienze-chiave prima dell’arrivo in via Stalingrado sono state infatti quelle in Popolare di Novara e in Banca Antonveneta, dove ha lavorato a stretto contatto proprio con Montani. Si mormora che sia stato proprio Santi a presentare il banchiere genovese a Cimbri, che ne ha subito apprezzato la pragmatica concretezza. Se i due più stretti collaboratori del ceo sono stati posizionati come vigili sentinelle nel board di Bper, è invece rimasto a Bologna quel Matteo Laterza che oggi, come dg, ha in mano la gestione operativa della compagnia. Dalle scrivanie di questi tre manager di razza, con cui Cimbri non perde occasione per confrontarsi, sono transitati i dossier più caldi nella storia del gruppo.

C’è peraltro da scommettere che oggi all’esame ci siano già nuovi progetti. Quali? Secondo gli analisti, le opzioni per arricchire il terzo polo nato attorno a Unipol sono diverse e passano per Carige o, in via preferenziale considerate le dimensioni e la struttura delle partecipate, Banco Bpm. L’ipotesi che va per la maggiore nelle sale operative vede per l’appunto l’aggregazione delle principali ex popolari, istituti con un Dna molto simile e una forte attenzione per i territori di riferimento. Sarà questa anche l’intenzione di Unipol? Si vedrà, anche perché finora la compagnia non ha scoperto le carte sulle prossime mosse. Nel frattempo con il governo Draghi determinato a privatizzare Mps nei tempi previsti e il ceo di Unicredit Andrea Orcel ancora molto tiepido sul dossier (come già lo erano stati l’ex ceo Jean Pierre Mustier e il suo fedelissimo Diego De Giorgi), si fa strada l’ipotesi di uno spezzatino per la banca senese. In tal caso piazza Gae Aulenti potrebbe aggiudicarsi la rete del Nord Est e le dta, mentre gli altri asset potrebbero essere conferiti a Mcc per il progetto della banca del Sud e ad altri istituti privati. Tra questi ci sarà anche Bper-Unipol? Non si può escluderlo. Tra tante incognite però una cosa è certa: oggi i bolognesi hanno ottime ragioni per superare la nostalgia del vecchio Rolo, visto che il futuro del credito italiano è destinato a passare di qui. (riproduzione riservata)

Scommessa nuziale
Con UnipolSai primo socio di Popolare Sondrio prendeil via la seconda fase del risiko bancario. Tante le combinazioni possibili, due gli scenari preferiti dagli analisti. Come cavalcarli
di Elena Dal Maso

Con UnipolSai che ha fatto il primo passo in direzione della Banca Popolare di Sondrio è iniziata la nuova fase del risiko bancario. La prima è stata l’opas di Intesa Sanpaolo su Ubi e la cessione di parte degli sportelli a Bper. Ed è la stessa Bper l’anello di congiunzione fra la prima e la seconda fase di consolidamento nel settore finanziario italiano. Ora UnipolSai è al 6,9% di Popolare Sondrio con l’obiettivo definito di arrivare al 9,5%, già primo azionista della popolare lombarda su cui a giorni il Consiglio di Stato dovrà esprimersi in merito alla trasformazione in spa. Se così avverrà, le azioni inizieranno a pesare a differenza di oggi, in cui ogni socio può esprimere un solo voto per la normativa sulle popolari. Unipol, la holding controllante, ha il 19% di Bper e il suo amministratore delegato Carlo Cimbri è aperto a operazioni di m&a. Ma come dovrebbe svilupparsi la mappa del risiko bancario? Dopo la mossa di UnipolSai, il mercato oggi scommette che Bper muova su Sondrio e Unicredit a quel punto su Banco Bpm, ma vi sono analisti come quelli di Intesa Sanpaolo e Mediobanca Securities che non escludono la formazione di tre poli in Italia. Il primo composto da Intesa-Ubi, il secondo da Bper-Pop Sondrio-Banco Bpm, il terzo da Unicredit-Mps.

Sistemare Mps. Le variabili sono molte, uno dei tasselli importanti è la soluzione del problema Monte dei Paschi di Siena, debole nei bilanci e con possibili cause sulle spalle per oltre 10 miliardi di euro. Lo Stato, al 64% della banca, ha concordato con l’Ue di uscire entro fine 2021. E vorrebbe consegnarla a Unicredit. Per rendere l’operazione appetibile è stato introdotto il bonus fiscale del 2% legato alle Dta (imposte differite attive) sulle perdite pregresse riconosciute in capo alla società preda da utilizzare per una sola volta entro fine anno. Secondo i calcoli degli analisti di Mediobanca si tratta 2,5 miliardi di euro. Ma questo pare non sia sufficiente ad attirare l’attenzione del ceo di Unicredit, Andrea Orcel, le cause sono un fardello troppo pesante. Ed ecco che negli ultimi giorni è riapparsa l’ipotesi di uno spezzatino di Mps che vedrebbe il Mediocredito Centrale (in mano al ministero dell’Economia e delle Finanze) rilevare gli sportelli nel Sud Italia e Unicredit quelli del Nord. In questo caso il gruppo milanese utilizzerebbe parte delle Dta in capo a Siena ma non potrebbe più farlo a stretto giro su Banco Bpm, a meno che la legge attuale non venga modificata. Sempre dai calcoli di Mediobanca emerge che il massimo beneficio fiscale che Unicredit potrebbe ricavare non è con Mps ma con Banco Bpm, per un valore di 3,1 miliardi di euro. Ma gli analisti poi aggiungono che in una combinazione con Siena (lo stesso capiterebbe con Carige, tornata di nuovo sul mercato) l’incentivo m&a «non colmerà tutte le perdite fiscali pregresse, con la conseguenza che una maggiore redditività post fusione consentirà ulteriori rivalutazioni delle Dta nei prossimi anni». Insomma, c’è da calcolare un beneficio in più che si concretizzerebbe in futuro.

Il valore per gli azionisti. Un lungo report di Kepler Cheuvreux prende in considerazione tutte le ipotesi di m&a, ben 11. Ma alcune possono essere molto più profittevoli, avvertono gli analisti. Dove emergono le migliori sinergie? Guardando la tabella in pagina, se si prende in considerazione l’impatto al 2023 dell’utile per azione, il migliore potenziale di rialzo, pari al 33%, si avrebbe fra Bper che lancia un’operazione su Banco Bpm, a seguire quella ipotetica del Credem su Banco Desio (25%), di Sondrio su Carige (21%), di Banco Bpm su Sondrio (17%) e Bper su Carige (17%), mentre Unicredit su Banco Bpm è vista accrescitiva solo per il 7% e quella su Mediobanca addirittura in riduzione del 12%.

Secondo Mediobanca la mossa di UnipolSai su Pop Sondrio «non significa necessariamente che Unipol privilegi solo l’opzione Bper-Sondrio in alternativa a una fusione con Bper», dal momento che un m&a fra Milano e Modena «aumenterebbe di tre volte l’attività di bancassicurazione nel giro di un paio d’anni, tenendo conto anche delle filiali ex Ubi rilevate da poco da Bper». L’attività assicurativa è quella che garantisce oggi i migliori margini nel settore bancario.

Deutsche Bank ritiene invece che, con la mossa di UnipolSai su Pop Sondrio, ora si farà molto più concreta la possibilità che Unicredit muova su una preda più facile rispetto a Mps, ovvero Banco Bpm. Gli analisti considerano il gruppo milanese guidato dall’ad Giuseppe Castagna «obiettivo di potenziale consolidamento» e per questo hanno alzato la valutazione in ottica m&a a 3,3 euro per azione, pari a 0,45 volte il rapporto prezzo/patrimonio netto (p/te) nel caso di una fusione con Unicredit.

Il ruolo delle Dta. Gli analisti di Piazzetta Cuccia ricordano un fatto importante, ovvero che nell’operazione Bper-Pop Sondrio entrambe le banche sono in attivo e quindi in questo caso le Dta non entrano in gioco. E questo «potrebbe aprire la porta a una possibile fusione a tre, prima fra Bper e Sondrio e in seguito con Bper-Banco Bpm».

L’operazione di UnipolSai, ragiona a sua volta Intesa Sanpaolo, favorisce una potenziale fusione fra Bper e Sondrio «abbassando, ma non eliminando, le possibilità di un accordo tra Banco Bpm e Bper», un fatto che potrebbe anche consentire al nuovo gruppo di beneficiare della trasformazione delle Dta di Banco Bpm. Secondo i calcoli di Piazzetta Cuccia si tratterebbe di quasi un miliardo di euro.

Sul tema fusioni hanno scritto uno studio anche gli analisti americani di Keefe, Bruyette & Woods (Kbw). Ritengono che una fusione in linea generale «possa essere finanziariamente interessante per l’acquirente solo se può generare un ritorno sull’investimento (RoI) superiore al costo del capitale, un aumento dell’utile per azione a due cifre e un impatto neutro sul coefficiente Cet 1». In base a queste premesse, la possibile fusione fra Banco Bpm e Bper «è la combinazione che soddisfa più facilmente questi criteri, incluso un aumento dell’utile per azione del 54% anche dopo il pagamento di un premio di acquisizione del 40%». È infatti atteso un ritorno sull’investimento al 2022 del 7% e del 25% nel 2023 grazie alle sinergie (30% al 2021) senza dover fare aumenti di capitale.

Anche Unicredit-Banco Bpm soddisfa i criteri, «ma solo a malapena, con un aumento dell’eps del 10% per un premio di controllo del 30% e un impatto sul capitale neutro». Unicredit-Mps, invece, continua ad avere «un impatto patrimoniale negativo per la banca milanese, anche considerando gli ultimi incentivi al capitale da parte del governo». Di qui forse la necessità di uno spezzatino.

Intanto Pop Sondrio. La prima operazione, però, dovrebbe riguardare la banca popolare valtellinese. Gli analisti di Bestinver ritengono che, avendo una banca ben capitalizzata e il fondo attivista Amber fra i soci con una quota di oltre il 5% del capitale, per prendere il controllo della Sondrio andrà pagato un buon premio. Ovvero almeno 4,75 euro ad azione. (riproduzione riservata)

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