di Bianca Pascotto

La figura professionale del broker è, o dovrebbe essere, sempre più diretta ad una consulenza e ad una assistenza al cliente diretta a scegliere il prodotto assicurativo maggiormente consono e adeguato alle sue necessità.

La sua qualifica di professionista intellettuale, oltre che di mediatore, lo espone ad affrontare i rischi di un suo eventuale errore, con conseguente responsabilità per danni come nell’articolata vicenda decisa dal Tribunale di Brescia.

IL FATTO

L’architetto Tizio cita il proprio broker Zeta spa avanti il Tribunale di Brescia, chiedendo il risarcimento dei danni per l’inserimento di errata clausola contrattuale nella sua polizza professionale. La polizza era stata oggetto di sostituzione e nel nuovo testo, a causa in un errore di trascrizione e di un successivo mancato controllo del broker, il rischio per danni da errata progettazione veniva assicurato purchè le opere non superassero il valore di € 2.500.000, mentre le pregresse polizze contemplavano importi garantiti ben maggiori.

Il tutto viene alla luce allorchè Tizio – in altro giudizio – ottiene un decreto ingiuntivo contro il suo cliente Beta per il pagamento delle competenze professionali per l’ammontare di € 222.226.

Il decreto viene opposto dal cliente il quale a sua volta chiede a Tizio danni per € 600.000, imputandogli l’errata progettazione delle opere commissionate.

Viene ovviamente chiamata in manleva da Tizio la propria compagnia, la quale eccepisce l’inapplicabilità della garanzia assicurativa.

Stante la fondatezza dell’eccezione e l’intervenuto fallimento di Beta, Tizio si determina a transarre la vertenza, accettando il minor l’importo di € 50.000 per le sue competenze.

Si rivolge quindi al Tribunale per ottenere la condanna del broker al pagamento della somma di € 172.226 quale riduzione per differenza dei suoi onorari, avendo dovuto accettare la transazione a condizioni svantaggiose a causa della scopertura assicurativa.

Il broker si costituisce eccependo sostanzialmente il mancato nesso causale tra il danno di Tizio (riduzione del compenso professionale) e la condotta negligente (inadeguatezza della polizza), anche alla luce della circostanza che il rischio garantito dalla polizza professionale è il danno conseguente ad un errore nell’esercizio dell’attività professionale e non il pagamento del compenso.

LA DECISIONE

Il Tribunale affronta la questione analizzando i principi che governano l’azione di risarcimento danni contrattuale ovvero: 1) verifica dell’inadempimento, 2) verifica del nesso causale tra condotta e danno, 3) determinazione dell’importo risarcitorio.

1) Quanto al primo il Giudice individua l’obbligazione cui è tenuto il broker alla luce della L. n. 792/84 e della costante giurisprudenza la quale “distingue, nell’ambito delle attività proprie del broker, quella della collaborazione intellettuale con l’assicurando per la copertura dei rischi e quella di assistenza alla determinazione del contenuto dei futuri contratti, e cioè un momento di consulenza e assistenza, anteriore logicamente e cronologicamente a quello della eventuale intermediazione nella conclusione e gestione dei contratti assicurativi……il broker, almeno nella fase che precede la messa in contatto dell’assicurando con l’assicuratore, non è equidistante dall’uno e dall’altro, ma agisce per iniziativa del primo e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali offerti sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui”.

Nel caso di specie risulta evidente, anche per stessa ammissione del broker, che la polizza aveva caratteristiche meno favorevoli rispetto alle precedenti e che non era stato offerto un prodotto consono alle necessità del cliente, pertanto l’errore del broker si è tradotto nell’inadempimento ai suoi obblighi contrattuali.

2) Quanto al nesso causale tra la condotta del broker e il minor compenso percepito da Tizio per aver dovuto accettare una transazione “obtorto collo”, il Tribunale ritiene che “non può identificarsi il danno subito dall’attore con il riconoscimento dell’intero compenso, considerato che non vi è un rapporto di causalità diretta tra la domanda azionata in via monitoria e lo scoperto, relativo semmai alla manleva rispetto alla domanda risarcitoria riconvenzionale. Nondimeno può non tenersi conto che la mancata dello scoperto abbia inciso sulla libertà negoziale. Difatti, se l’attore fosse stato certo di essere manlevato dalla propria compagnia assicurativa in caso di eventuale condanna, lo stesso avrebbe potuto determinarsi a proseguire il giudizio e vedere riconosciute le proprie pretese……….è plausibile che la mancata di scoperto, dovuta ad un inadempimento contrattuale, abbia limitato la possibilità di coltivare il giudizio.

3) E da ultimo per quanto attiene alla liquidazione del quantum, ferma la conclusione che l’inadempimento del broker ha inciso nella produzione del danno sotto il profilo della sola “perdita di chance”, per il Tribunale è ragionevole procedere con una valutazione equitativa dell’importo risarcitorio che individua essere nella misura di circa il 50% dell’importo preteso da Tizio in causa (€ 172.226), dedotto quanto percepito in sede transattiva e ricondotto nella somma complessiva di € 50.000.

Tutto sommato il broker se l’è cavata con poco.

Tribunale di Brescia sentenza del 27 maggio 2020 n. 1002,  www.dejure.it

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