Un quinto dei Paesi rischia di vedere il proprio ecosistema collassare a causa del declino della biodiversità. Lo spiega un indice di Swiss Re, che lancia un ulteriore allarme sul piano economico visto che il 55% del pil globale dipende proprio dal corretto funzionamento degli ecosistemi naturali e, quindi, dalla tutela della biodiversità.

In particolare, 39 Paesi del mondo hanno ecosistemi che versano in condizioni critiche su almeno un terzo del loro territorio, tra cui il nostro. Secondo l’indice, in fondo alla classifica si trovano Malta, Israele, Cipro, Bahrain e Kazakistan. L’Italia è diciottesima, comunque nei peggiori venti e la quinta più a rischio nell’Eurozona (dopo Malta, Grecia, Spagna e Belgio). Tra le economie del G20, Sudafrica e Australia sono i Paesi più fragili. Inoltre, Paesi con una forte dipendenza dai settori agricoli, come Kenya e Nigeria, sono suscettibili di shock devastante. Tra i Paesi con gli ecosistemi più intatti ci sono Brasile e Indonesia.

L’indice realizzato dallo Swiss Re Institute, che tecnicamente si chiama BES (Biodiversity Ecosystem Services), permette alle aziende e ai governi di tenere conto nel processo decisionale del valore della biodiversità e gli effetti negativi sull’economia di una sua riduzione. Quest’ultima provoca effetti negativi su fornitura di cibo, accesso all’acqua, qualità dell’aria: tutti elementi vitali per mantenere la salute e la stabilità delle società e delle economie. I problemi più gravi si riscontrano in merito a scarsità di risorse idriche, erosione costiera e impollinazione.

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