La pandemia ha rimesso in moto il consolidamento europeo Possibili acquirenti sono Santander, Bnp, Ing e Intesa Sanpaolo. Mentre tra le prede si scommette su Abn, SocGen, Commerzbank e Banco Bpm
di Luca Gualtieri

Quando 25 anni fa il Santander cominciò a investire in America Latina l’intenzione del patron Emilio Botin era scommettere su un’area del mondo che vantava tassi di crescita più allettanti rispetto a quelli europei. L’iniziativa ha avuto successo e oggi quasi la metà dei profitti del gruppo spagnolo sono realizzati oltre oceano. Ufficialmente la strategia viene sempre confermata, anche se i tempi sono cambiati e le geografie economiche non sono più quelle di inizio secolo. Soprattutto è difficile prevedere quali potrebbero essere gli effetti della pandemia su un continente dove l’instabilità economica e istituzionale è all’ordine del giorno. Ecco perché da qualche tempo analisti e banker suggeriscono che la strategia di Santander potrebbe cambiare, spostando di nuovo il baricentro verso l’Europa. Sul vecchio continente il gruppo non fa grandi incursioni almeno da quando, nel 2007, partecipò al break up di Abn Amro in cordata con Fortis e Rbs. Il trofeo di quella battaglia però, la Banca Antonveneta di Padova, venne subito girato al Montepaschi dietro pagamento di nove miliardi in contanti. Una retromarcia dorata. Oggi è tempo per un nuovo blitz nel mercato europeo? In molti sono pronti a scommetterlo. In un report di recente pubblicazione per esempio la società di consulenza americana Alvarez & Marsal ha lanciato la suggestione di un merger tutto spagnolo tra il Santander e il Bbva, un deal che darebbe vita al campione del banking europeo. Non è escluso però che, a determinate condizioni, la banca spagnola presieduta da Ana Botin possa mettere nel mirino target di altri paesi. Se infatti la Brexit ha reso meno appetibili le banche britanniche, sono molte oggi le realtà europee che le basse valutazioni e la fluidità degli assetti di controllo rendono facilmente contendibili. La olandese Abn Amro per esempio capitalizza poco più di 10 miliardi, pari alla metà del proprio patrimonio tangibile. Trattandosi per giunta di una public company un’eventuale offerta ostile non incontrerebbe grandi ostacoli come accaduto sul mercato italiano con i blitz di Intesa Sanpaolo su Ubi e del Crédit Agricole sul Creval. Ancora meno cara in termini di multipli è la francese Société Générale che quota a meno di 0,4 volte il patrimonio a 22,3 miliardi. Negli anni scorsi la banca era finita nel mirino di Unicredit, ma le forti resistenze politiche hanno mandato a monte le ambizioni del ceo Jean Pierre Mustier. Semmai oggi a Parigi c’è chi strizza l’occhio a un’integrazione tutta transalpina con Bnp Paribas. L’unione dei due gruppi guidati rispettivamente da Frederic Oudea e Jean-Laurent Bonnafé darebbe infatti vita a un player gradito non solo ai mercati («avrebbe molto senso», commenta un recente report di Morgan Stanley), ma anche alla politica. Al di là del Reno la preda perfetta è da tempo Commerzbank. Per l’istituto tedesco (poco più di otto miliardi di capitalizzazione e un price/book value di 0,32) Berlino cerca da anni un partner, ma tutte le soluzioni studiate finora, da un merger con Deutsche Bank a operazioni con l’italiana Unicredit, con la francese Bnp o con l’olandese Ing si sono rapidamente arenate. Diversi analisti scommettono però che nei prossimi mesi il dossier potrebbe riprendere quota, anche grazie al voto politico atteso per il prossimo autunno. Tra le possibili prede sullo scacchiere europeo vanno infine ricordati diversi gruppi italiani, da Banco Bpm alla Popolare di Sondrio fino alla ambita ma cara Fineco (che quota 4,8 volte il patrimonio contro una media dello 0,5 delle banche commerciali tricolori). E i predatori? Detto di Santander, Bnp e Ing, non si può trascurare Ubs che, secondo rumor di mercato, lo scorso anno si sarebbe avvicinata alla rivale Crédit Suisse per studiare un merger tutto svizzero. Ma soprattutto nell’arena del consolidamento bancario europeo potrebbero entrare le due italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit. Dopo l’opas su Ubi, la prima ha ormai quasi saturato il mercato tricolore e cercherà molto probabilmente il prossimo salto dimensionale oltre confine. Al contrario Unicredit sembra orientata a guadagnare quote di mercato in Italia, mettendo nel mirino banche commerciali come il Banco o Mps. Molti analisti infine si chiedono se Generali vada inquadrata come predatore o come possibile preda. Finora l’indipendenza del gruppo guidato da Philippe Donnet e partecipato da Mediobanca non è mai stata messa in discussione, ma i movimenti nella governance e i rumor su un possibile interesse da parte proprio di Unicredit potrebbero aprire scenari inediti anche per la principale multinazionale finanziaria italiana. (riproduzione riservata)

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