Al via la nuova class action, non limitata ai consumatori. Online una piattaforma ad hoc
Platea di beneficiari allargata. Si può aderire in corsa
Pagina a cura di Antonio Ciccia Messina

Class action per tutti, non solo per i consumatori e utenti, ma per tutti i soggetti danneggiati e chiunque ritenga sia stato leso un suo diritto (per esempio, anche professionisti e titolare di ditte individuali); con l’intervento del rappresentante comune nei momenti topici del procedimento e, in particolare, quando bisogna stabilire l’importo a favore dei singoli o quando bisogna fare accordi con l’impresa.
Dal 19 maggio 2021 è partita la nuova class action, introdotta dalla legge 31/2019 e più volte rinviata, che sostituisce e cambia i connotati alla ormai vecchia e abrogata versione del codice del consumo. Molte le novità: dalla possibilità di aderire anche in un secondo momento; all’allargamento della platea dei beneficiari e di chi può promuovere la class action (saranno protagoniste di primo piano le associazioni di consumatori iscritte nell’elenco del ministero dello sviluppo economico), fino alla creazione di una piattaforma telematica dove verificare quali azioni sono in corso. Ecco, in sintesi, cosa cambia.

La nuova azione: parti e oggetto. La nuova class action trova posto nel codice di procedura civile (titolo VIII bis dedicato ai procedimenti collettivi), mentre prima era collocata nel Codice di consumo. L’azione sarà sempre esperibile, non solo dai consumatori, ma da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di «diritti individuali omogenei».

L’azione potrà essere proposta da ciascun componente della «classe», nonché delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come obiettivo la tutela dei suddetti diritti, e che saranno iscritte in un elenco tenuto dal ministero della giustizia.

La riforma amplia l’ambito di applicazione oggettivo dell’azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

L’azione si propone contro imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.

Il giudice. Il giudice competente a conoscere l’azione di classe è la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (tribunale delle imprese), del luogo dove ha sede la parte resistente.

La domanda si propone con ricorso e al procedimento si applica il rito sommario di cognizione.

Il portale ministeriale. Per garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso deve essere pubblicato sul portale del ministero della giustizia. Portale sul quale sono raccolte inoltre le azioni collettive promosse in Italia. La piattaforma è operativa dal 20 maggio. L’iscrizione della causa avviene a opera della cancelleria del tribunale per darne pubblicità. Si crea quindi un fascicolo telematico dell’azione di classe al quale chiunque potrà accedere e consultarne l’avanzamento.

L’adesione. La riforma prevede che l’adesione del danneggiato possa avvenire in due distinti momenti:

nella fase immediatamente successiva all’ordinanza che ammette l’azione;
nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio.
Il processo. Il giudice ha poteri istruttori rafforzati.

Tra l’altro ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’impresa il Tribunale può considerare dati statistici e presunzioni semplici. Il giudice, poi, può ordinare all’impresa di fornire documenti con particolari cautele quando si tratti di segreti commerciali e di atti riservati a carattere personale, commerciale, industriale e finanziario relative a persone ed imprese.

Inoltre il tribunale può applicare sanzioni amministrative pecuniarie (da 10 mila a 100 mila euro) sia alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di esibire le prove, sia alla parte o al terzo che distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio.

La sentenza. La sentenza emessa dal tribunale delle imprese, che accoglie l’azione di classe, ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Con la sentenza, inoltre, il tribunale provvede in ordine alle domande risarcitorie e restitutorie solo se l’azione è proposta da un soggetto diverso da un’organizzazione o da un’associazione.

La sentenza determina l’importo che ogni aderente deve versare a titolo di fondo spese e nomina: un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione (e decidere sulle liquidazioni), un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare).

Dopo la sentenza, tocca al rappresentante comune degli aderenti predisporre e depositare un progetto dei diritti individuali omogenei prendendo posizione su ciascuna domanda individuale.

Il giudice delegato decide con decreto motivato, sull’accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al resistente, al rappresentante comune e all’avvocato difensore dell’attore. A favore del difensore di cui l’aderente si sia avvalso è dovuto un compenso determinato con decreto ministeriale.

Se il resistente provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute in un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune.

Se, al contrario, il resistente non adempie, anche la procedura di esecuzione forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune.

La chiusura della procedura avviene o quando tutti saranno stati pagati o quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi.

Quota lite. La riforma disciplina il compenso derivante dalla cosiddetta quota lite, cioè una somma che l’impresa resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente. Si tratta di un compenso ulteriore, quindi, rispetto alla somma che il resistente dovrà pagare a ciascun aderente come risarcimento.

La somma è una percentuale sull’importo complessivo che il resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale (la percentuale scende all’aumentare del numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni.

Anche l’autorità giudiziaria può aumentare o ridurre, in misura non superiore al 50%, l’ammontare del compenso liquidato sulla base dei seguenti criteri: della complessità dell’incarico, del ricorso all’opera di coadiutori, alla qualità dell’opera prestata, alla sollecitudine con cui sono state condotte le attività e al numero degli aderenti.

Gli accordi. La riforma regolamenta gli accordi transattivi tra le parti.

In corso di causa il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. Inoltre, dopo la sentenza che accoglie l’azione, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l’impresa o con l’ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità un analogo schema di accordo di natura transattiva.

L’inibitoria. A completamento della revisione dell’impianto normativo, viene disciplinata l’azione inibitoria collettiva (con sostituzione degli abrogati articoli 139 e 140 del codice del consumo). Con l’azione inibitoria collettiva chiunque abbia interesse, anche una organizzazione o associazione iscritta nell’elenco del ministero della giustizia, può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti commesso nello svolgimento delle rispettive attività o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva. Nel procedimento il tribunale per le imprese, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare, su richiesta di parte, alla parte soccombente, con la cessazione della condotta, l’adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti e il pagamento di una penale in caso di ritardo nell’adempimento.

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