di Anna Messia
Contro il coronavirus lo scudo antispread ha funzionato: il volatility adjustment, lo strumento previsto dalla normativa europea Solvency II che consente alle assicurazioni di schermare parte degli effetti pro-ciclici derivanti da situazioni di forte volatilità dei mercati ha permesso alle compagnie italiane di limitare i danni dei crolli di Borsa e della crescita dello spread. Non sempre questo correttivo, che prevede precise soglie di attivazione, ha funzionato in passato, tanto che l’Ania, l’associazione delle compagnie, ha richiesto a gran voce una sua revisione in sede europea e la questione è aperta davanti all’Eiopa. Proprio ieri l’autorità che raccoglie le Ivass europee ha fatto sapere di aver rinviato la revisione di Solvency II a fine anno: uno slittamento per l’emergenza coronavirus ma anche per consentire alle autorità e alla Commissione europea di tenere conto dell’esperienza di questi mesi per mettere a punto gli aggiustamenti.
In ogni caso, questa volta (con tutti gli spread europei in rialzo), il volatility adjustment è scattato e l’indice di solvibilità medio delle assicurazioni italiane nel primo trimestre si è ridotto di soli 35 punti percentuali, nonostante le discese repentine di borsa e la tensione sui Btp, arrivando a circa il 200%. Una soglia che resta ben al di sopra del minimo regolamentare del 100% e che, ovviamente, è un dato medio. Complessivamente le compagnie sembrano quindi avere anticorpi necessari per contrastare la crisi, anche sei i pericoli non mancano, tanto che l’Ivass, l’istituto presieduto da Daniele Franco, in linea con Eiopa, ha raccomando alle imprese massima prudenza nella distribuzione dei dividendi. Così Unipol, come noto, ha deciso di congelare momentaneamente le cedole della capogruppo, distribuendo solo il dividendo di UnipolSai mentre Generali ha diviso in due tranche la sua remunerazione agli azionisti: 50 centesimi a maggio e altri 0,46 entro fine 2020, dopo verifica consiliare. «Nostre stime basate sui valori del bilancio prudenziale della fine del 2019 indicano che la flessione delle quotazioni azionarie e l’ampliamento degli spread creditizi sui titoli di debito del primo trimestre di quest’anno comportano una riduzione media del valore delle attività delle compagnie italiane pari al 7%», hanno spiegato dall’Ivass nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria di Banca d’Italia, aggiungendo che, nello stesso periodo, le plusvalenze implicite nette dei titoli in portafoglio registrate nel bilancio civilistico sono diminuite del 39%.

La volatilità dei mercati finanziari e il generalizzato aumento dei premi per il rischio richiesti dagli investitori si sono riflessi anche sulle quotazioni azionarie delle compagnie italiane, diminuite nel primo trimestre dell’anno del 29%, sebbene gli utili attesi si siano ridotti in misura molto contenuta del 3%. La caduta dell’attività produttiva espone le assicurazioni al rischio di declassamenti dei rating sui titoli obbligazionari in portafoglio, che comporterebbero un incremento del requisito patrimoniale. Per le compagnie italiane gli investimenti in obbligazioni private rappresentano circa un quinto dei portafogli, di cui quasi la metà ha un rating di classe BBB ma secondo le stime di Ivass un’eventuale revisione al ribasso del rating dalla classe BBB alla classe BB «comporterebbe un aumento contenuto dell’assorbimento del requisito di capitale del rischio spread delle obbligazioni interessate, pari a sei punti percentuali».
Certo, in ballo non c’è solo il rating ma anche eventuali svalutazioni o peggio ancora possibili default. La pandemia di Covid-19 avrà verosimilmente effetti significativi anche sulla liquidità e sulla redditività delle compagnie per eventuali riscatti di polizze d’investimento, hanno sottolineato da Ivass, ma anche a «causa della crescita delle richieste di rimborsi degli assicurati per cancellazione di viaggi, interruzione di attività lavorative, escussione delle garanzie credito, cauzione, malattia e assistenza», anche se per le compagnie italiane la raccolta di questo tipo di premi rappresenta solo il 14% dei rami danni contro il 29% della media europea. (riproduzione riservata)

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