Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

Il sistema italiano di previdenza complementare appare una realtà fortemente dinamica dal punto di vista legislativo, essendo in corso una serie di adeguamenti normativi dettati dal recepimento anche in Italia della direttiva comunitaria Iorp 2. Entro giugno andranno poi operati gli adeguamenti alla direttiva Shareholder rights. Paolo Pellegrini, vicedirettore generale del Mefop, illustra il quadro complessivo.
BPM Vita Accumula 2 è un contratto di assicurazione di ramo I a premi ricorrenti, con rivalutazione del capitale e con prestazione aggiuntiva in caso di decesso da infortunio. Il prodotto è stato pensato per coloro che desiderano costituire un piano di risparmio assicurativo non vincolante, dove quest’ultimo elemento deriva dalla possibilità di riscattare, sia parzialmente che totalmente, il capitale dopo 12 mesi senza penali. Si tratta quindi di un prodotto a basso rischio dove il capitale viene investito gradualmente nel tempo in forma di Pac (piano di accumulo), senza rischi in quanto il motore finanziario è una gestione separata. I premi corrisposti, al netto dei costi, verranno infatti indirizzati nella gestione separata BPM Valore, e la compagnia riconosce annualmente al capitale assicurato una partecipazione al rendimento della gestione che non può essere inferiore allo 0%. Il prodotto è a vita intera, e la sua durata coincide con la vita dell’assicurato o prima nel caso il contraente eserciti la facoltà di riscattare totalmente le prestazioni assicurate.
Il consiglio di Cattolica, venerdì 15 ha approvato le modifiche della governance che saranno portare al voto dell’assemblea del 27 giugno, con il solo voto contrario del consigliere Alberto Minali, ex amministratore delegato. Un testo unico, dopo che i soci dissidenti, alla vigilia, avevano rinunciato alla richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria con un documento alternativo.
Le misure messe in campo dal governo sono efficaci per contrastare l’emergenza, ma hanno bisogno di qualche messa a punto per velocizzare i processi ed eliminare le lungaggini burocratiche. Ne è convinto Alessandro Vandelli, amministratore delegato, che non nasconde la preoccupazione per i grandi esclusi degli ultimi provvedimenti: le aziende in ristrutturazione.
Molto più elastici nella composizione, con una potenza di fuoco dieci volte superiore rispetto alle precedenti emissioni, i nuovi Pir, per quanto solo su carta, stanno ricevendo un’ottima accoglienza dal mercato. La normativa rientra nel decreto Rilancio, appena approvato dal governo, all’articolo 143. Si tratta, nel concreto, di una forma parallela di Piani individuali di risparmio rispetto a quelli vigenti. Il modello nuovo prevede l’investimento di almeno il 70% del fondo in società che non appartengono al paniere Ftse Mib e al Ftse Mid e possono non essere quotate, mentre il 30% delle quote del fondo è libero di essere collocato a discrezione del gestore, che può comprare blue chip come Eni o Intesa Sanpaolo, ma anche oro o titoli di Stato. Il testo di legge parla di «piani di risparmio a lungo termine che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70% del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato».
Le famiglie italiane hanno messo da parte 20 miliardi di euro durante il lockdown, ha detto a MF-Milano Finanza l’ad di Fineco, Alessandro Foti. Nonostante la crisi che ha lasciato diversi cittadini senza lavoro o in cassa integrazione, il tasso di risparmio è in media aumentato probabilmente perché sono state rinviate le spese e molti hanno accantonato risorse per motivi precauzionali. «Il risparmio degli italiani continua a essere una grandissima risorsa, ancora di più in questi momenti difficili», osserva Foti. E non a caso i consulenti finanziari hanno lavorato a pieno ritmo per raccogliere questa ricchezza. Come dimostrano i dati sui flussi, le reti hanno lavorato senza sosta anche nelle settimane più nere della crisi, nemmeno il blocco delle attività imposto dalla pandemia le ha fermate. A partire proprio da Fineco, che ad aprile ha realizzato quasi un miliardo di euro di raccolta netta, facendo salire a 3 miliardi il bilancio dei primi quattro mesi del 2020 rispetto ai 5,8 miliardi di tutto il 2019.
La regola è semplice e logica: se un’acquisizione è stata ideata con pagamento cash, ha ampie probabilità di non andare in porto. Se invece è stata studiata con scambi azionari, allora le chance che vada a buon fine sono superiori. Anche se il momento rende tutto più complicato.
La pandemia di coronavirus sta infatti mettendo a dura prova il mondo degli affari a livello globale e molte operazioni annunciate prima dell’esplosione del Covid 19 stanno trovando grandissime difficoltà o quantomeno le parti stanno rivedendo le regole di ingaggio.
L’episodio più clamoroso è avvenuto in settimana quando è definitivamente tramontata la cessione da parte di Exor del riassicuratore PartnerRe ai francesi di Covéa. L’operazione prevedeva il pagamento di 9 miliardi di dollari cash per essere finalizzata, ma di fronte alla richiesta da parte dei transalpini idi uno sconto di circa 2,5 miliardi di dollari per le mutate condizioni del business, John Elkann, presidente della holding di casa Agnelli, ha preferito non trattare sul prezzo e tenere PartnerRe nel suo portafoglio. Il giorno seguente la borsa ha punito la decisione del nipote dell’avvocato Giovanni Agnelli facendo crollare il titolo Exor del 7%. Ma è ancora presto per dire chi abbia avuto ragione, il risultato infatti si vedrà soltanto nel medio termine.
Alcuni studi legali hanno dato corso al reclutamento online di pazienti Covid-19 offrendo valutazioni gratuite delle cartelle cliniche ai fini della proposizione di cause di responsabilità medica. La vicenda pone all’attenzione il tema del contenzioso da responsabilità medica nell’emergenza, che con ogni probabilità affollerà le aule giudiziarie nel prossimo lustro. Nell’ultimo mese il dibattito politico si è soffermato sull’opportunità di un intervento legislativo volto per limitare le ipotesi di responsabilità sanitaria nei casi di Covid-19. Si tratta di valutare se la disciplina vigente offra strumenti idonei a contemperare le esigenze di tutela dei danneggiati senza aprire la strada al proliferare di contestazioni velleitarie.

Il datore di lavoro non è automaticamente responsabile degli infortuni dovuti al Covid-19. Ne risponde, penalmente e civilmente, solo nel caso in cui venga accertata la sua responsabilità per dolo o per colpa (come avviene, cioè, per ogni altra tipologia di infortunio in carenza delle misure di sicurezza sul lavoro). A precisarlo è l’Inail, in un comunicato stampa diffuso ieri, per rispondere al dibattito sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19, promosso da alcuni imprenditori, secondo i quali le norme del decreto Cura (dl n. 18/2020), unitamente alle istruzioni dell’Inail, scaricherebbero sui datori di lavoro le responsabilità civili e penali, in caso di contagio da Covid-19 di un loro dipendente.
Nonostante gli effetti economici della pandemia, Cattolica assicurazioni ha archiviato il primo trimestre con numeri positivi. La raccolta premi complessiva è migliorata del 2,8% su base annua a 1,549 miliardi di euro. Nel business Danni diretto si è riscontrata una flessione dell’1,9%. L’aumento della raccolta Vita è stato del 4,9%, con una forte incidenza delle unit linked (28,7% sul totale). Il combined ratio è migliorato al 92,6%. Il risultato operativo ha segnato un deciso incremento del 20,5% a 72 milioni e il roe operativo si è attestato al 7,4%. L’utile netto di Gruppo, pari a 14 milioni, è sceso del 45,9% a causa di svalutazioni su investimenti nel settore azionario e su alcuni fondi comuni. L’utile adjusted è diminuito del 38,3% a 18 milioni.
Unipol ha chiuso il primo trimestre con un utile netto consolidato di 134 milioni di euro, in calo del 21,5% su base annua. La raccolta diretta assicurativa è ammontata a 3,1 miliardi. Il ramo Danni si è attestato a 2 miliardi (-1,5%), e il Vita a 1,1 mld (-13,2%). Il combined ratio netto riassicurazione si è posizionato al 92%, in miglioramento dal 94,6% di marzo 2019. La controllata UnipolSai ha registrato un netto consolidato di 171 milioni, in calo del 7,2% su base tendenziale.

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  • Il Seveso che esonda l’ultima calamità su Milano stremata
Il Seveso che esonda è in effetti un problema che da quarant’anni non si risolve. Bresso, 26 mila abitanti, che confina con Milano, 1 milione e 400 mila, blocca nel suo territorio le vasche dove far defluire le acque del torrente che a Milano- Niguarda è stato interrato e che, quando s’ingrossa, si divincola dalla trappola di cemento e sbuca fuori dai tombini. Come ieri, quando i 133 millimetri di pioggia in dieci ore sono precipitati sulle spalle di una città stressata.
  • Il cielo sopra Venezia nero di fumo Incubo veleni dal rogo in fabbrica
Il cielo sopra Venezia è una coperta di fumo nero. Spaventa per quel che non dice ma lascia intendere. La nube arriva da Porto Marghera, scivola sulla laguna, si posa sul Canal Grande e rende la città spettrale per un paio d’ore. Questa volta l’incubo si chiama 3V Sigma, azienda chimica specializzata nella produzione di composti anche per la cosmesi, dove si produce il gel per i capelli, 60 dipendenti che da un anno denunciano la carenza di sicurezza e lo stoccaggio di prodotti combustibili in enormi taniche da 1500 litri — si chiamano tank — a ridosso dei serbatoi. Serbatoi (tk) di solventi saltati per aria a fabbrica distrutta. L’uomo ustionato è un un indiano di 33 anni, grave come il collega rumeno di 30, dipendenti di ditte esterne delle manutenzioni, avvolti dalle fiamme e ricoverati negli ospedali di Padova e Verona. Tre ore d’inferno e lingue di fuoco fino a quaranta metri. Un grumo nero in cielo. Nube sì ma con ricadute limitate dice l’Agenzia regionale per la protezione ambientale — che però invita a non raccogliere gli ortaggi — come se bastasse ad allontanare lo spettro del rischio chimico in una città che ci convive da decenni, e più volte si è ribellata.
  • Unipol, l’utile è in calo ma batte le stime di mercato Possibile cedola in autunno
L’emergenza coronavirus si abbatte anche sui conti Unipol, che tuttavia batte le stime del mercato e conferma che «non avrà difficoltà a raggiungere i target 2020». Il primo trimestre si è chiuso per il gruppo con un risultato netto consolidato pari a 134 milioni (-21,5%) e una raccolta premi diretta pari a 3,11 miliardi (-6,1%). In miglioramento, anche in questo caso frutto del blocco della circolazione legato al coronavirus, il combined ratio netto (il rapporto tra i premi e i sinistri pagati) sceso al 92% rispetto al 94,6% di un anno fa. In larga misura per la stessa ragione – la pandemia – a fine marzo il Solvency ratio (il maggiore indicatore di forza patrimoniale di un’assicurazione) era sceso invece al 155% dal 187% di fine dicembre (e dalle ultime osservazioni si è posizionato intorno a 140-145%, ha precisato Carlo Cimbri, patron del gruppo, parlando con gli analisti). Ben più robusto – e più significativo, come indicatore di gruppo – il Solvency della controllata Unipol-Sai, che a fine trimestre si è assestato al 226%, dal 284% di fine dicembre (le ultime osservazioni lo fotografano a quota 180, ha aggiunto Cimbri). UnipolSai ha a sua volta chiuso i primi tre mesi con un utile netto consolidato pari a 171 milioni di euro (-7,2%), anche in questo caso migliore delle stime degli analisti. Nel periodo considerato, inoltre, Unipol ha scelto di restituire un mese di premi Rc auto ai propri clienti, una scelta costata 120 milioni.

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  • Contagi in azienda, il caso resta aperto
La matassa è ancora ingarbugliata. Da quando il contagio (con danni fino al decesso) da Covid-19 è stato riconosciuto dall’Inail come infortunio sul lavoro si è scatenata una diatriba a tre: imprenditori, Inail e sindacati. Il dibattito scatenato dalla questione ha indotto l’Inail a una nota di chiarimento. «In riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, — spiega l’Inail — è utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale per il datore di lavoro. Sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail».
  • Bombassei: serve più chiarezza Una legge sulle responsabilità
«Bene le nuove linee guida diffuse ieri da Inail — approva il presidente di Brembo, Alberto Bombassei —. Riportano la questione della responsabilità delle imprese rispetto al rischio da Covid 19 nel giusto solco. Ma non bastano». «Parliamo pur sempre di una circolare. Credo che la questione andrebbe chiarita anche all’interno di un veicolo legislativo. Su questa materia non si può lasciare margine a dubbi e interpretazioni», risponde il fondatore della società specializzata nella produzione di sistemi frenanti, 2,6 miliardi di fatturato nel 2019, con sede centrale alle porte di Bergamo, uno dei territori più colpiti dall’emergenza sanitaria. «L’allarme è stato manifestato dal presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi. Ma anche da tanti imprenditori dei territori più duramente colpiti dalla pandemia, penso al presidente degli industriali di Brescia, Giuseppe Pasini. Condivido con loro questo grido d’allarme e di ribellione. Imputare all’imprenditore la responsabilità dell’infezione contratta da un dipendente nel caso del coronavirus è una distorsione delle regole del diritto che non può essere taciuta».
  • «Rischi ridotti con protocolli e vigilanza»
Avvocato Gabriele Minniti, lei si occupa di responsabilità delle imprese. Cosa rischiano per i contagi tra i lavoratori? «Di essere indagate in base al Decreto 231 del 2001 che prevede sanzioni interdittive, pecuniarie e patrimoniali per gli enti. Responsabilità che ricorre tutte le volte in cui un dipendente commetta, nell’ interesse o a vantaggio dell’ ente, un reato, come possono essere le lesioni e l’omicidio colposo in violazione della normativa anti infortunistica legate al contagio». «L’ ente non è responsabile se ha adottato e attuato modelli di gestione idonei a prevenire i reati ed ha incaricato un organismo interno di vigilare». «Secondo Confindustria, appena il 36% delle pmi è dotato di modello organizzativo. Il resto corre rischi elevatissimi di responsabilità amministrativa da reato». Le sanzioni previste? «Ad esempio, interdizione dall’esercizio dell’attività, divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, esclusione da agevolazioni e finanziamenti e condanne al pagamento di sanzioni pecuniarie fino a 1,5 milioni». Come possono escludere le responsabilità? «Applicando subito le procedure anti contagio, come l’uso dei dispositivi di protezione individuale, indicate nei vari dcpm e nei protocolli siglati tra Governo e parti sociali e affidando a un organismo interno il compito di verificarne la corretta applicazione nonché prevedendo sanzioni per chi non le osserva».
  • Azienda chimica in fiamme Due ustionati, nube su Venezia
Ieri, sopra il polo industriale di Porto Marghera, un mostro nero di fuoco e fumo ha riacceso le paure di una città che da un secolo convive con la chimica industriale, temendo il disastro. Quando il fuoco divampa oltre i cancelli dello stabilimento 3V Sigma, specializzato in solventi e vernici, sono da poco passate le 10. Brucia un serbatoio, poi consumato dal rogo. I dipendenti dell’impianto chiamano i pompieri. Ma sono i lavoratori delle imprese vicine ad allertare la sala operativa del Simage, il Sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze che dal ’98 sorveglia Porto Marghera; la 3V Sigma, infatti, è l’unica realtà a non aver aderito al protocollo Simage, ma i in questi casi le richieste di soccorsi devono partire da quei telefoni. Nelle prime ricostruzioni il detonatore sarebbe un saldatore, usato da due operai di una ditta esterna, la General Montaggi di Terni. Entrambi travolti dall’esplosione, hanno riportato ustioni sul 30 e 50% del corpo: uno viene accompagnato in auto all’ospedale più vicino (sarà poi trasferito a Padova), il secondo deve aspettare l’elisoccorso per essere trasportato a Verona. Il vero miracolo è il contenimento del rogo a un solo serbatoio: se fossero bruciati anche i due gemelli, adiacenti, l’incendio starebbe ancora consumando lo stabilimento. La Sigma era già finita sotto esame due volte da parte dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti lavoro, a luglio gli operai scioperavano per chiedere più sicurezza, a marzo la Cisl scriveva al prefetto, qualche giorno fa si parlava di 125 mila litri di xilene ammassati nei piazzali.
  • Fango e danni, il Seveso allaga Milano
Lo scenario e pure la sceneggiatura sono sempre gli stessi. Le cinque ore filate di bomba d’acqua della notte tra giovedì e venerdì riportano il Seveso a rimettere fuori la testa. Così Milano ieri si è risvegliata sott’acqua, con cantine allagate, macchine come gommoni, una linea della metropolitana interrotta, alberi caduti e blackout in serie. La portata del diluvio la dà il sindaco Beppe Sala nel messaggio su Facebook con cui dà il buongiorno, in questo caso manco troppo, alla città. Spiega come sia venuta giù in poche ore «una quantità d’acqua pari a un terzo del totale da inizio anno»: 132 millimetri e pure parecchia grandine a peggiorare le cose. Travolto, come storicamente accade è il quartiere di Niguarda, ormai la Venezia di Milano, ma senza nessun privilegio estetico, soltanto la dura e forzata convivenza con ogni scherzo dell’acqua alta. Se a Milano c’è una pozza, qui minimo diventa un lago. E se sulla città cadono tuoni e fulmini, come successo la scorsa notte, la gente sa che dovrà svegliarsi con stivali e secchi in spalla.
  • UnipolSai, profitti a 171 milioni
Il gruppo Unipol e la controllata UnipolSai hanno approvato ieri i risultati consolidati del primo trimestre che ha chiuso al 31 marzo. Per quanto riguarda Unipol il risultato netto consolidato è stato pari a 134 milioni di euro contro i 171 milioni al primo trimestre 2019, quindi con un calo del 21,5%. I conti di UnipolSai mostrano un risultato netto consolidato pari a 171 milioni contro i 184 milioni del primo trimestre 2019 (-7,2%), la raccolta diretta assicurativa a 3,1 miliardi, due miliardi per il ramo danni (-1,5%, e 1,1 per il ramo vita 1,1 (-13,2%), il combined ratio netto riassicurazione al 92%, in miglioramento rispetto al 94,6% dello scorzo anno. Su questi valori ha influito il blocco delle attività produttive e la conseguente riduzione significativa della circolazione stradale che si è osservata a partire dalla seconda settimana di marzo. Per quanto concerne gli altri settori in cui opera Unipol, «la pandemia sta avendo ripercussioni sul settore alberghiero dopo che è stata disposta, a partire dal mese di marzo 2020, la chiusura di gran parte delle strutture ricettive in gestione», sottolinea una nota. Nel primo trimestre dell’anno la redditività lorda del portafoglio ha ottenuto un rendimento del 3,5% degli asset investiti (3,9% al 31 marzo 2019). «La situazione attuale non dovrebbe dare criticità e per questo, quest’anno, gli obiettivi previsti sono raggiungibili, ma bisogna vedere cosa accadrà nella seconda metà dell’anno», ha commentato l’ad di Unipol gruppo, Carlo Cimbri.

  • Il governo: non c’è responsabilità se l’impresa attua i protocolli
l riconoscimento dei casi di contagio Covid-19 come infortunio da parte dell’Inail «non assume alcun rilievo per sostenere un’accusa di responsabilità penale o civile del datore di lavoro». E l’imprenditore risponde delle infezioni di origine professionale «solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa». In una nota diffusa a poche ore dalla riapertura delle attività produttive l’Istituto per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ha voluto sgombrare il campo da ogni equivoco e rispondere alle preoccupazioni che si sono levate dall’intero mondo delle imprese. Nei prossimi giorni Inail aggiornerà la circolare dello scorso 3 aprile, adottata in piena emergenza, per precisare il quadro normativo legato al nuovo profilo di rischio. Ieri la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha incontrato i vertici dell’Istituto per affrontare la questione e ha condiviso l’orientamento che è stato dato: «Fondamentale per le aziende – ha affermato – sarà il rispetto dei principi stabiliti dai protocolli di sicurezza stipulati da parti sociali e Governo.
  • Il Covid infortunio spaventa le Pmi
Da malattia il coronavirus diventa incidente sul lavoro. Gli imprenditori di ogni dimensione, senza distinzione di segmenti d’attività, ma anche i professionisti, lo studio di geometri, il laboratorio di falegnameria, la grande catena di distribuzione, l’artigiano con i macchinari nel capannone, lo studio associato di avvocati, il negozietto con il garzone: spaventa non solo per motivi affettivi ed etici il caso in cui un dipendente rimanga contagiato dal terribile coronavirus. La paura è che la malattia possa diventare una rivalsa o un processo penale, perché il contagio da coronavirus non è più considerato malattia bensì è sempre un incidente sul lavoro anche se l’azienda si è attenuta agli standard più rigorosi di igiene, anche se il dipendente si è contagiato nella vita privata.
  • Necessaria una norma di copertura delle responsabilità
L’esplicita qualificazione dell’infezione da Covid-19 quale infortunio sul lavoro (articolo 42, comma 2, Dl 17 marzo, n. 18) rischia di ispirare accertamenti giudiziali per ipotesi di responsabilità penale della persona fisica a titolo di lesioni e/o omicidio colposo e quindi della stessa persona giuridica (ai sensi dell’articolo 25-septies Dlgs 8 giugno 2001, n. 231) per non aver adottato misure di protezione ispirate dal principio di precauzione. L’espressa previsione legislativa di equivalenza Covid 19 – infortunio pone, infatti, oggi in capo al singolo, datore di lavoro, un obbligo di protezione non determinato dalla propria attività produttiva, ma dettato appunto da un principio di precauzione.
  • Unipol conferma i target e vuole distribuire la cedola
La volontà di distribuire la cedola a fine anno non è mutata. I target, almeno per il 2020, sono confermati e a questi prezzi Unipol potrebbe valutare un’ulteriore ascesa nel capitale di UnipolSai. Carlo Cimbri, ceo della holding e presidente della compagnia, a valle della presentazione dei risultati del primo trimestre archiviati con un calo dell’utile ma con un combined ratio sceso al 92%, ha provato a mettere in fila le priorità delle aziende in tempi di crisi da Coronavirus. E così se sulla gestione industriale costi e benefici in parte si compensano, cala il giro d’affari ma anche la sinistrosità, sul piano della gestione finanziaria tutto è meno prevedibile in un contesto di mercati altamente volatili. Fatte queste premesse, però, sul tema della cedola di Unipol, il manager ha tenuto a sottolineare che «a oggi ci sono tutte le condizioni di natura finanziaria e patrimoniale per farlo.
  • Il cda di Cattolica chiederà ai soci la delega per aumento di capitale
Un’unica proposta di modifica dello statuto, come previsto, ma due novità di non poco conto: il cda di Cattolica si appresta a chiedere all’assemblea che sarà convocata per il prossimo 26-27 giugno una delega per procedere con un aumento di capitale di massimo 500 milioni. Il management punta dunque ad avere a disposizione una carta utile da giocare in tempi rapidi in caso si presentasse la necessità. Non si placa poi lo scontro con l’ex amministratore delegato Alberto Minali. Il consiglio ha infatti deliberato di proporre in assise un atto di revoca dalla carica di consigliere. Questo dopo avergli levato le deleghe da ceo il 31 ottobre scorso. La ragione? Secondo un parere redatto tra gli altri dal professor Giulio Tremonti Minali non si muoverebbe in sintonia con il board poichè in alcuni occasioni ha votato contro le delibere proposte, come ieri relativamente al nuovo statuto. Minali, ovviamente, risponderà con una causa di risarcimento danni, atto a valle del quale presenterà le dimissioni dal cda.
  • Doppia operazione, Vittoria acquisisce Palazzo V dell’Eni
Conclusa ieri, dopo 4 giorni di closing, la doppia operazione di compravendita di due portafogli immobiliari tra, da un lato, Vittoria Assicurazioni, e, dall’altro, i due investitori internazionali York Capital Management e Stoneweg. Un’operazione dal valore commerciale complessivo di oltre 400 milioni di euro, in cui Vittoria Assicurazioni ha acquistato, dai due investitori internazionali, due immobili localizzati a Roma e Monza (redditività media del 6% lordo) , ma soprattutto la quota di controllo (il 51%) del fondo Pegasus, proprietario del Palazzo Quinto dell’Eni, a San Donato Milanese. Immobile che ospita la funzione Exploration and Production della principale energy company italiana, inserito negli annali della storia dell’architettura, progetto dello studio Gabetti-Isola.

  • Rendiconti dei costi entro il 30 aprile, ma dal 2021
Anche il 2020 sarà un ennesimo anno di rodaggio. Per andare a pieno regime, l’informativa che gli intermediari devono fornire a ogni singolo cliente per renderlo consapevole dei costi effettivamente sostenuti per il servizio di investimento, dovrà fare ancora molta strada. La Mifid2 è stata varata a livello europeo nel 2014, recepita in Italia nel 2017, entrata in vigore nel 2018 e dopo il rinvio di un anno, gli intermediari nel 2019 per la prima volta hanno inviato il resoconto dei costi ex-post ai clienti. Tutti questi anni non sono comunque bastati agli operatori per giungere preparati all’appuntamento con l’invio di una rendicontazione chiara, corretta e non fuorviante dei costi, come richiesto dalla direttiva Mifid2 che – ricordiamo – è già in corso di revisione in sede Ue. Lo scorso anno la gran parte degli intermediari ha anche cercato di trovare tutti gli escamotage possibili per non far percepire agli investitori quando spendono per i propri investimenti finanziari.
  • Fondi pensione uscirete dal letargo?
Alla fine arrivò l’azionariato attivo anche per i fondi pensione italiani. C’era già stata la direttiva europea (Iorp2) che li aveva obbligati a prendere in considerazione il rischio Esg. Ora ecco un’altra direttiva, la Shareholder Rights2 recepita dal d.lgs. 49/2019, che entrerà in vigore nel mese di giugno. In sintesi: i fondi pensione chiusi, aperti e preesistenti, dovranno informare sul loro sito web come faranno “pesare” le proprie partecipazioni azionarie nella vita delle aziende di cui sono soci. Dovranno scriverlo nero su bianco. E quella strategia varrà per almeno tre anni: si chiama engagement o azionariato attivo. È nei fatti un confronto con il management delle aziende quotate.