Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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I ritocchi e le limature sono proseguiti fino all’ultimo momento. Anche per misure a costo zero. L’esempio è la la norma per dare facoltà alle quotate di prevedere l’emissione di azioni con voto plurimo. Una modifica alle attuali regole, pensata come incentivo per dissuadere le aziende a trasferirsi all’estero dove tale pratica è già prassi, e per rafforzare la presa degli azionisti di controllo contro scalate ostili. Prevista dalle prime bozze la norma era stata cancellata in una versione del testo circolata nel primo pomeriggio ed è poi rientrata in una seconda bozza diffusa poco prima dell’inizio del Consiglio dei ministri.
Ma non poteva essere diversamente per un intervento da 155 miliardi di liquidità, finanziato per 55 miliardi in deficit. Le linee portanti prevedono risorse per 3,25 miliardi sulla sanità. Altri 15 miliardi andranno agli ammortizzatori sociali, in un pacchetto lavoro che il premier Giuseppe Conte ha quantificato in oltre 25 miliardi. C’è l’allungamento della cassa integrazione, con l’Inps e non più le Regioni ad autorizzare quella in deroga, anticipandone il 40%. Per gli autonomi e i professionisti iscritti alla gestione separata Inps il decreto conferma il ristoro di 600 euro di indennizzo.
Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffett, ha perso da inizio anno più del mercato. A Wall Street le quotazioni delle azioni Berkshire Classe A sono scese infatti di oltre il 25% contro un calo dell’indice S&P500 del 14%. E adesso alcuni investitori chiedono un cambio di strategia. La scorsa settimana Bill Smead, che conta Berkshire Hathaway tra le prime dieci partecipazioni nel suo fondo Smead Value, ha espresso disappunto per l’approccio seguito dall’oracolo di Omaha, ritenendolo troppo difensivo
La mancata cessione di PartnerRe da parte di Exor non è piaciuta alla borsa, dove il titolo della holding di casa Agnelli, complice la non brillante seduta di Piazza Affari, ha perduto il 7,2% chiudendo la giornata a 43,9 euro. Poco sono servite quindi le note di alcune case di affari, tra le quali Equita e Mediobanca, che pur tagliando il prezzo obiettivo sul titolo della holding hanno mantenuto una raccomandazione «comprare». Per John Elkann, che ha preferito mandare a monte l’operazione piuttosto che riconoscere lo sconto chiesto dai francesi di Covéa, ieri è stato il giorno in cui ha dovuto spiegare alla famiglia il suo no all’operazione.
  • Poste cambierà piano industriale a fine anno
I numeri del primo trimestre sono stati migliori delle previsioni degli analisti, ma il bilancio di Poste Italiane ha inevitabilmente risentito del lockdown partito a fine febbraio per l’emergenza coronavirus: l’utile netto del gruppo guidato da Matteo Del Fante nei primi tre mesi dell’anno è stato pari a 306 milioni, in calo del 30,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In frenata anche la redditività, con un risultato operativo (ebit) in calo del 28,6% a 441 milioni. Mentre il fatturato ha mostrato capacità di tenuta: -3% a 2,75 miliardi, con una crescita dei ricavi da pagamenti e mobile e dei servizi assicurativi che ha mitigato il calo di servizi finanziari e corrispondenza.
Da segnalare inoltre che il Cet1 Ratio di BancoPosta è pari al 18% e il solvency II del gruppo assicurativo Poste Vita è pari al 226%, più di due volte il minimo richiesto dal legislatore.

  • Fideuram, raccolta a +163%
    Fideuram ha archiviato il primo trimestre con un utile netto consolidato di 222 milioni di euro, in calo del 3% rispetto allo stesso periodo del 2019. L’istituto del gruppo Intesa Sanpaolo ha sottolineato che i coefficienti patrimoniali «si posizionano molto al di sopra dei livelli minimi richiesti dalla normativa». Il Cet 1 è balzato al 27,5% dal 19,2% dello scorso dicembre, per effetto dell’aumento dei fondi propri conseguente alla decisione di destinare a riserva l’utile 2019. L’attività commerciale è più che raddoppiata a 2,7 miliardi di raccolta netta (+163%). La raccolta si è interamente concentrata sulla componente di risparmio amministrato (3,3 mld). Le masse amministrate ammontavano a 223 miliardi. Il margine di interesse è salito del 12% a 48 milioni e il cost-income è migliorato al 29%
  • Nexi, intesa con Net I.
    Nexi ha siglato un accordo con Net Insurance, che diventa il partner assicurativo in Nexi Open, l’ecosistema di servizi in open banking lanciato da Nexi a metà aprile. Nexi metterà i servizi innovativi di Net Insurance a disposizione delle proprie banche partner, che potranno offrire ai propri clienti coperture assicurative mirate, attivabili all’istante in modalità digitale. E questo in ambiti come lo sport, i viaggi, la mobilità e i bagagli. Sono disponibili anche polizze individuali per la clientela operante nel commercio, nei servizi e nel turismo

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  • Rischio hacker, dubbi sulla privacy L’app «Immuni» sotto accusa
Diverse segnalazioni, molte osservazioni critiche. Sulla garanzia della privacy, sui rischi di hackeraggio, sulla partecipazione cinese (seppur minima) nella società che ha creato l’app, sul rischio di «transito di dati» verso Apple e Google e comunque verso mani straniere. Ma non una vera e propria bocciatura per Immuni, l’app della società milanese Bending Spoons scelta dal governo come strumento per ridurre il rischio di una seconda ondata di contagio. Il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha approvato la relazione sulla applicazione per il tracciamento dei contatti. Il documento adesso sarà trasmesso al Parlamento dove è in discussione il decreto legge che disegna la cornice giuridica dell’operazione.

  • Exor, sfuma il tesoretto da 9 miliardi Ora c’è il rebus della cedola Fca
C’è un prima e un dopo in tempi di Coronavirus. Per Exor, la holding della famiglia Agnelli, il prima era aver messo in cantiere due operazioni, la vendita di Partner Re a Covea e la fusione Fca-Psa, che insieme avrebbero significato qualcosa come 11 miliardi di ricchezza in più. Il dopo è che i francesi di Covea ci hanno ripensato, ritirando l’offerta da 9 miliardi di dollari per il gruppo riassicurativo, e la fusione tra Fca e Psa, seppur ancora in piedi, rischia di dover fare i conti con una modifica dei termini che in tempi di pandemia sta diventando la regola. Si spiega così il calo di ieri del titolo Exor del 7,2%, penalizzato dal primo effetto concreto della crisi in atto sulle operazioni avviate dalla holding della famiglia Agnelli.
Vendere il gruppo di riassicurazione al gigante francese e chiudere, come da schema annunciato a dicembre scorso la grande fusione nel mondo dell’auto, avrebbe infatti cambiato in modo sensibile i numeri della holding. Exor aveva infatti rilevato Partner Re nel 2016 al termine di una scalata ostile partita l’anno precedente per 6,9 miliardi di dollari (dai quali vanno sottratti 660 milioni di dividendi staccati da Partner Re). Il passaggio a Covea avrebbe così significato portare nelle casse 9 miliardi di dollari cash. Dunque, ai cambi attuali 8,3 miliardi di euro. A questo dato bisogna poi aggiungere la cassa di 0,8 miliardi presente in Exor e i dividendi in arrivo da Fca-Psa.

 

  • Casse, ai professionisti 600 euro per altri 2 mesi
Ai professionisti iscritti alle casse di previdenza privatizzate l’indennità di 600 euro sarà erogata anche con riferimento ai mesi di aprile e maggio, dopo la prima tranche riguardante marzo. A tale scopo il Fondo per il reddito di ultima istanza è stato rifinanziato con 650 milioni di euro. Un importo che dovrebbe consentire di coprire tutte le richieste, anche a fronte di un ampliamento della platea dei beneficiari di marzo. In base agli ultimi dati elaborati dall’Adepp (l’associazione degli enti previdenziali) la prima tornata ha visto accolte 471.932 richieste e altre mille sono ancora in lavorazione. Il controvalore supera di poco i 283 milioni di euro, di cui 280 già finanziati anche per effetto del decreto interministeriale 10 del 4 maggio con cui sono stati aggiunti 80 milioni ai 200 previsti inizialmente.

  •  Covéa-PartnerRe: perché l’operazione è fallita
Martedì sera, la mutua assicuratrice Covéa ha annunciato che “condizioni attuali senza precedenti” e “grandi incertezze che pesano sulle prospettive economiche globali” non le hanno più permesso di acquistare il riassicuratore bermudiano da Exor, la holding della famiglia Agnelli. Da allora, entrambe le parti si incolpano a vicenda per il crollo della transazione. Per Exor, il caso è risolto: Covéa si era impegnata a rilevare PartnerRe per 9 miliardi di dollari in contanti, secondo i termini di un memorandum d’intesa formalizzato il 3 marzo. L’entourage della holding ha indicato che non era in vendita e di aver preso in considerazione la transazione solo a causa del prezzo elevato offerto da Covéa.
– in contanti. Soprattutto, a quella data, la gravità della pandemia era già evidente e il memorandum d’intesa escludeva esplicitamente la pandemia come motivo di chiusura dell’operazione, secondo la holding. Un punto che Covéa contesta, per il quale le clausole di uscita sono state specificate solo nel contratto definitivo, non ancora firmato. Solo venerdì scorso Covéa è tornata ad Exor, guidata da John Elkann, per rinegoziare al ribasso il prezzo della transazione. Impensabile per Exor, la cui dottrina è quella di non rinegoziare mai un accordo raggiunto. La holding ritiene inoltre che la pandemia avrà un impatto limitato sulla riassicurazione, il rischio che pesa maggiormente sugli assicuratori. Guidata da Thierry Derez, l’assicuratore francese Covéa ritiene, da parte sua, di aver fatto tutto il possibile per garantire il successo dell’operazione.  Tuttavia, la mutua è mal disposta a pagare a PartnerRe un prezzo elevato in un momento in cui la pandemia di Covid-19 pesa sulla maggior parte dei settori economici, e ha fatto precipitare le valutazioni degli operatori assicurativi e riassicurativi.
  • Un altro doloroso contrattempo per il gruppo francese
E’ un duro colpo per Covéa. Per mancanza di un accordo sul prezzo di PartnerRe, Covéa deve rassegnarsi ad abbandonare un’operazione strategica. “Abbandonando l’acquisizione di PartnerRe, Covéa si priva dell’opportunità di migliorare significativamente la diversificazione delle sue attività”, osserva Benjamin Serra, analista di Moody’s. Con PartnerRe, il quarto più grande assicuratore francese voleva diversificare la propria attività al di fuori del settore delle assicurazioni danni e responsabilità civile e anticipare le grandi trasformazioni del settore. Inoltre, mirava a diventare molto più internazionale, dato che la maggior parte delle sue attività si svolge ora in Francia attraverso i marchi Maaf, MMA e GMF. Il fallimento è tanto più scioccante se si considera che questo non è il primo tentativo della Covéa. Già nel 2018 l’assicuratore aveva cercato di mettere le mani sul riassicuratore francese SCOR. Tuttavia, il gruppo ha dovuto fare marcia indietro, poiché SCOR ha rifiutato qualsiasi riavvicinamento con il suo capo, Denis Kessler, che non ha esitato a portare la questione in tribunale accusandolo di violazione della fiducia. Covéa deve quindi rinunciare alla sua vendetta su SCOR. Tanto più che, secondo le nostre informazioni, la mutua assicuratrice si è impegnata a non effettuare ulteriori operazioni nel settore riassicurativo per un periodo di diciotto mesi.
  • Perché le banche e gli assicuratori dominano il mercato in Europa
Con l’annuncio della vendita della partecipazione del 22% di PNC Financial in BlackRock, il più grande asset manager al mondo con quasi 6,5 trilioni di dollari in gestione, ha perso il suo maggiore azionista e i suoi ultimi legami con un gruppo bancario. Il contrasto con l’Europa è particolarmente evidente. Il leader europeo nella gestione patrimoniale, la francese Amundi, con oltre 1.500 miliardi di dollari in gestione alla fine del 2019, è il più grande gestore patrimoniale in Europa.
Il Gruppo Crédit Agricole è una società controllata dal Gruppo Crédit Agricole. Seguono la filiale di gestione dell’assicuratore britannico Legal & General, poi la francese Natixis IM, filiale del gruppo BPCE, e AXA IM. Le società controllate da gruppi bancari (UBS, Deutsche Bank, BNP) e assicuratori (Allianz, APG, Generali) completano il quadro. Il controllo delle reti di distribuzione dei prodotti di risparmio e di investimento è uno dei motivi principali di questa marcata differenza tra le due sponde dell’Atlantico