IL VOSTRO QUESITO

Ci siamo posti un problema relativo alle coperture RCO per quanto riguarda la possibile rivalsa da parte dell’INAIL in caso di Contagio da COVID 19.
LA CLAUSOLA RCO cita testualmente:

Responsabilità Civile verso i prestatori di lavoro
La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato fino alla concorrenza della somma indicata nella Scheda
di polizza relativa alla presente Sezione di quanto questi sia tenuto a pagare (capitale, interessi e spese)
quale civilmente responsabile:
– ai sensi degli articoli 10 e 11 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e dell’articolo 13 del Decreto Legislativo
23 febbraio 2000 n. 38, per gli infortuni (escluse le malattie professionali) per i quali l’INAIL sia tenuto ad
erogare una prestazione, sofferti da lavoratori da lui dipendenti (compresi gli apprendisti) assicurati ai
sensi dei predetti D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e Decreto Legislativo 23 febbraio 2000 n. 38 e addetti
alle attività per le quali è prestata l’assicurazione.

Ora non possiamo definire il contagio da Covid un infortunio anche perché ci troviamo di fronte a dei certificati presentati dai dipendenti che riportano la dicitura malattia.

Anche volendo non possiamo definire con certezza né le circostanze né la data del contagio vista la lunga incubazione del virus.
Posto che si dovrà andare in causa per determinare eventualmente le responsabilità del datore di lavoro, viste le premesse, la compagnia si farà carico delle spese di difesa legale e soprattutto riconoscerà poi il rimborso richiesto eventualmente dall’INAIL anche se si tratta di malattia?
Avremmo bisogno di un riscontro al più presto perché i clienti ci stanno chiedendo come sono garantiti contro questo rischio ora che devono riaprire i cantieri con mille prescrizioni sulla sicurezza.

L’ESPERTO RISPONDE


Come da lei evidenziato, la malattia da Covid 19 è una patologia che può interessare l’apparato respiratorio con conseguenze anche gravi.
Il Governo, poi, con il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, ha ritenuto, all’articolo 42, che “2. Nei casi accertati di infezione (trattasi dunque di infezione e non di infortunio; n.d.r.) da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro”, “Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati (appunto perché non sostanziano fattispecie di infortunio, essendo “malattia” parificata all’infortunio; n.d.r.) ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019″.
Dopo alcune settimane, l’ INAIL, con circolare n. 13 del 3 Aprile 2020, ha ribadito: “Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARSCoV-2) in occasione di lavoro. L’articolo 42, comma 2, del decreto in oggetto stabilisce che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.

Non può quindi mettersi in dubbio che il Covid 19 sia una malattia, seppur equiparata ad infortunio, stante il maggior rischio che i lavoratori, operanti in cantieri o negozi e quindi affollati o a stretto contatto con colleghi o clienti, possano correre in siffatte attività.

Premesso quanto sopra, potrebbero esservi seri problemi per il caso di polizze di RCO, che non prevedessero anche la copertura delle malattie professionali. Ciò in quanto verosimilmente (la lettrice non ci ha prodotto tutte le C.G.A. della polizza) il contratto di assicurazione ha certamente un glossario, con la precisazione delle differenze tra malattia e infortuni, e tale evento non dovrebbe essere ricompreso, appunto perché nell’ oggetto del contratto è chiaramente precisato: “per gli infortuni (escluse le malattie professionali)” ancor più perché l’ assicurazione delle malattie professionali è prevista come estensione della garanzia base degli infortuni sul lavoro dei dipendenti e di norma prevede massimali più bassi rispetto a quelli prestati per gli infortuni sul lavoro, per non parlare delle esclusioni per il caso di malattie professionali dovute a violazione di norme di legge per la prevenzione delle malattie professionali.

Ai sensi del combinato disposto degli articoli 10 e 11 del D.P.R n. 1124 del 30 giugno 1965, l’INAIL può agire in regresso quando vi sia stata condanna penale, per un reato perseguibile di ufficio, del datore di lavoro o di un suo dipendente per i fatti che hanno causato l’infortunio o la malattia professionale. Pertanto si instaurerà sempre un procedimento penale in caso di morte del lavoratore, mentre esso si incardinerà solo nel caso di lesioni personali dolose con un’inabilità temporanea superiore ai 20 giorni o colpose con una inabilità temporanea superiore a 40 giorni o che abbiano determinato postumi invalidanti al lavoratore e comunque sempre dovute a violazione di norme antinfortunistiche.

Le infezioni da Coronavirus, come è noto, oltre a poter avere – nei casi più gravi e in presenza di qualche patologia concomitante – esito mortale hanno – come insegnano le statistiche – una durata della malattia spesso superiore ai 40 giorni, col conseguente incardinarsi di procedimento penale, tutte le volte in cui venisse accertata la violazione di norme antinfortunistiche; praticamente l’INAIL non potrà mai agire in regresso contro il datore di lavoro per lesioni comportanti una malattia di durata fino a quaranta giorni per le quali non può darsi luogo ad alcun procedimento penale, pur in presenza di accertate violazioni d norme antinfortunistiche. Altra premessa indispensabile è che sia provato il nesso eziologico tra la malattia e il contagio avvenuto durante l’espletamento dell’attività lavorativa o “in occasione” della stessa.
Con la ripresa delle attività previste per la “fase 2”, l’INAIL ha pubblicato lo scorso 23 aprile un documento tecnico contenente le misure di contenimento per il contagio del Coronavirsu nei luoghi di lavoro nella fase di riapertura delle attività lavorative; in tale documento è evidenziata la possibilità di contrarre il virus in relazione alle varie attività svolte con riepiloghi e schemi sulle “classi di rischio e aggregazione sociale” e “le classi di aggregazione e rischio per il settore ATECO “; il 24 aprile, poi, le parti sociali ed il Governo hanno raggiunto un accordo per l’ aggiornamento del “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.

Nel caso di contagio da Covid-19 e di effettiva sua riconducibilità all’attività lavorativa o ad “occasione di lavoro”, l’INAIL potrà agire in regresso contro il datore di lavoro nel caso di condanna penale, reale o potenziale, sua o di un qualsiasi dipendente per reati perseguibili di ufficio, con possibilità di dover pure risarcire il lavoratore o i suoi aventi causa per il danno non coperto dalla garanzia INAIL.

Tutto ciò premesso, riteniamo che la malattia da Covid-19, seppur equiparata normativamente ad infortunio sul lavoro, potrebbe non rientrare nella garanzie assicurativa di polizza di R.C.O. che non comprendesse l’estensione di copertura alle malattie sul lavoro.