di Elena Dal Maso
Mediobanca conferma il piano industriale al 2023 e chiude il terzo trimestre dell’anno 2019-2020 (gennaio-marzo) con un utile di 84,6 milioni, in linea con il consenso della banca per 85 milioni a fronte di ricavi leggermente più alti, 581,9 milioni su 570 preventivati dagli analisti. Il punto forte del bilancio sono il margine di intermediazione (l’attività della banca ordinaria), 360,2 milioni, e le commissioni da wealth management, 158,8 milioni, che portano il totale a 519 milioni contro attese del consenso per 495 milioni. I costi per 199,8 milioni sono risultati nel trimestre migliori delle attese per 305 milioni, mentre gli accantonamenti sui crediti per 100 milioni sono sopra le previsioni per 95 milioni. Il wealth management ha contribuito agli utili del gruppo per 66,5 milioni negli ultimi nove mesi, +18,8%, mentre il segmento consumer ha totalizzato 247,9 milioni di utile, -3,2% nei nove mesi, e il corporate e investment banking ha apportato 155,2 milioni (-25,6%), il Principal Investing (titolo Generali) 225,3 milioni (+3%), la holding functions (tesoreria) ha segnato una perdita di 140,5 milioni. Il Cet 1 al 31 marzo era al 13,9%, al netto di 60 punti base della quota di dividendo già accantonata nei primi sei mesi dell’esercizio in corso ed è superiore di 600 pb ai minimi regolamentari previsti dalla Bce. Agli analisti l’ad Alberto Nagel ha ricordato che la merchant bank ha una «bassa esposizione ai titoli di Stato, 5,4 miliardi, di cui 3,3 italiani». Il manager ha aggiunto che la generazione di capitale resterà forte: il Cet1 2021 pre distribuzione del dividendo e buyback «è visto al 15% circa anche in caso di un costo del rischio raddoppiato rispetto ai livelli pre-Covid». Per Keefe, Bruyette & Woods il Cet 1 è in linea «e la banca continua a essere ben capitalizzata con un coefficiente Cet 1 Fully Loaded del 13,7% calcolando anche il Danish Compromise» sulla partecipazione in Generali. (riproduzione riservata)

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