Nel primo trimestre dell’anno l’andamento dei mercati finanziari è stato negativo, con forti turbolenze nel mese di marzo: mostrando comunque una tenuta di fondo, i risultati delle forme pensionistiche complementari ne hanno risentito.

Lo sottolinea la Covip nella rilevazione sulla previdenza complementare riferita al primo trimestre, periodo in cui i rendimenti medi sono stati in generale negativi.

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%; il 7,5 e il 12,1, rispettivamente, i fondi aperti e i Pip di ramo III, caratterizzati in media da una maggiore esposizione azionaria. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato positivo (0,4%).

Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, l’impatto della crisi appare più limitato. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e per i Pip di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del Tfr è stata pari al 2%.

Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi tre mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i Pip di ramo III; restano pari al 2,5% i prodotti di ramo I. La rivalutazione del Tfr nello stesso periodo si conferma al 2%.

Alla fine di marzo il numero di posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari è di 9,185 milioni; la crescita nel primo trimestre, 68.000 unità (0,7%), è stata limitata rispetto ai trimestri precedenti. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,325 milioni di individui.

I fondi negoziali registrano 32.000 posizioni in più (1%), portandone il totale a fine marzo a 3,192 milioni. L’incremento maggiore lo ha registrato il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile, per il quale opera l’adesione contrattuale, seguito dal fondo destinato ai dipendenti pubblici, ancora peraltro caratterizzato da un livello di adesioni che rimane contenuto rispetto alla platea potenziale. Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,570 milioni di posizioni, crescendo di 19.000 unità (1,2%) rispetto alla fine del 2019.

Per i Pip “nuovi” il totale delle posizioni è di 3,437 milioni, in aumento di 18.000 unità (0,5%).

Le risorse destinate alle prestazioni a fine marzo 2020 sono pari a circa 180 miliardi di euro; peraltro il dato non tiene conto delle variazioni nel trimestre dei fondi preesistenti e dei Pip “vecchi”.

Il patrimonio dei fondi negoziali, 53,7 miliardi di euro, risulta in diminuzione del 4,3% rispetto a fine 2019. Nei fondi aperti sono accumulati 21,6 miliardi di euro, 35 miliardi nei Pip “nuovi”; nel primo trimestre, la flessione è stata, rispettivamente, del 5,7 e dell’1,4%.

Per tutte le forme, il calo delle risorse nel trimestre è spiegato in massima parte dalle perdite in conto capitale a fronte di una sostanziale stabilità dei contributi rispetto al passato. La più contenuta flessione nel caso dei Pip “nuovi” è riconducibile alla valutazione delle attività in base al metodo del costo storico che viene utilizzata per le gestioni di ramo I, che costituiscono la maggior parte del settore.

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