di Francesca Gerosa
Gli italiani vedono nero anche dopo la riapertura del Paese. Il 52,8% si dice pessimista per la propria famiglia, ma la percentuale sale al 67,5% con riferimento alle prospettive del Paese. È quanto emerge del rapporto annuale Confcommercio-Censis dedicato a fiducia, consumi e impatto del Covid-19. A causa della crisi il 42,3% delle famiglie ha visto ridursi l’attività lavorativa e il reddito, il 25,8% ha dovuto sospendere del tutto l’attività, il 23,4% è finito in cig. Quasi 6 famiglie su 10 nutrono il timore di perdere il posto di lavoro. Il timore di perdere il posto di lavoro o il rischio di veder ridotta, se non compromessa, la propria posizione reddituale preoccupa il 57,4% degli italiani, con un 18,6% che si dichiara particolarmente preoccupato. A maggior ragione se dovesse delinearsi lo scenario estremo dipinto da Cerved Rating Agency secondo cui il rischio di insolvenza per le aziende italiane potrebbe arrivare al 15,5%, triplicando dall’attuale 4,9%, se nuovi picchi epidemici dovessero portare a ulteriori misure di contenimento di durata fino a sei mesi. L’agenzia ritiene, comunque, che la probabilità che si verifichi un tale scenario sia bassa. La precedente analisi diffusa a febbraio indicava a rischio fallimento, nel caso più drastico, un’azienda italiana su 10. Secondo lo scenario più pessimistico, i settori con la più alta probabilità di default sarebbero le costruzioni (22%), i servizi di alloggio e ristorazione e le attività di supporto al settore turistico (entrambi al 19%). Viceversa, quelli più resilienti risulterebbero farmacie, l’industria alimentare e il commercio al dettaglio alimentare, per il quali il rischio default è circa 7-8%. Naturalmente la percentuale è destinata ad aumentare in misura maggiore per le imprese piccole (dall’11% al 21% per le microimprese) e meno strutturate (28% per le imprese individuali) con un picco del 18% al Sud dall’attuale 9%. Mentre tra i principali effetti sui consumi, evidenziati da Confcommercio-Censis, il 48% ha dovuto rinunciare definitivamente a qualsiasi forma di vacanza (week end, ponti, Pasqua, vacanze estive) e il 23% all’acquisto di beni durevoli (mobili, elettrodomestici, auto) già programmati. Per le vacanze estive, oltre la metà delle famiglie non ha fatto programmi e il 30% ha già deciso che resterà a casa; solo il 9,4% ci andrà, ma con durata e budget ridotti. Peraltro l’impatto del Covid-19 si va a innescare su una situazione già debilitata, ha sottolineato l’Ufficio Studi Confcommercio. Infatti il 2020 è iniziato con un calo tendenziale del pil del 4,8% nel primo trimestre e con veri e propri crolli ad aprile e maggio stimati, rispettivamente, in un -24% e -16%. Una crisi che viene da lontano: tra il 2007 e il 2019, infatti, ciascun italiano ha perso oltre 21.600 euro prevalentemente a causa delle forti perdite di ricchezza immobiliare e finanziaria. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli bisogna ridare «liquidità alle imprese, sbloccare i cantieri, ridurre le tasse e la burocrazia. Solo così si può ricostruire l’economia e la fiducia del Paese». (riproduzione riservata)
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