Nel 2019 la propensione al risparmio delle famiglie italiane è lievemente salita dal 7,5% del 2018 al 7,7%. È quanto emerge dalla relazione annuale della Banca d’Italia relativa agli investimenti degli italiani. «Lo scorso anno, dice via Nazionale, «è rimasta prevalente la quota di famiglie, circa il 90%, che ha ritenuto opportuno risparmiare». Nel frattempo la crescita dei consumi è stata pari allo 0,5%, in frenata dal +0,9% del 2018, riflettendo una stagnazione degli acquisti di beni e un incremento di quelli di servizi (0,9%).
Secondo un’indagine straordinaria condotta dalla Banca d’Italia tra la fine di aprile e l’inizio di maggio su 3 mila persone, la metà degli intervistati si attende un peggioramento della condizione reddituale della propria famiglia a un anno dall’intervista; la quota sale a oltre il 70% tra i lavoratori autonomi, rispecchiando le preoccupazioni per gli effetti della pandemia sull’attività dei settori più colpiti (in particolare il commercio al dettaglio non alimentare, le attività turistiche e i servizi alla persona), caratterizzati da una maggiore incidenza di piccole e medie imprese. Dal sondaggio è emerso che la metà delle famiglie intende ridurre le spese per attività ricreative anche una volta terminate le restrizioni.
Intanto il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha mostrato una dinamica simile ai consumi. Nel 2019 è cresciuto dell’1,1% a un tasso inferiore rispetto all’anno precedente (+1,8%) a causa sia del rallentamento dei redditi da lavoro, soprattutto per la minore crescita dell’occupazione dipendente, sia per la contrazione di quelli da proprietà. E nel primo trimestre del 2020 il reddito disponibile ha risentito della flessione dei redditi da lavoro determinata dall’emergenza sanitaria. «Secondo nostre valutazioni, coerenti con l’andamento atteso dell’attività economica nei diversi settori e basate su ipotesi circa la sensibilità al ciclo delle diverse tipologie di impiego, la diminuzione dovrebbe essere stata rilevante per i lavoratori dipendenti e ancora più marcata per gli autonomi, anche se con forti differenze che riflettono la diversa incidenza dei provvedimenti restrittivi sulle attività», afferma Banca d’Italia.
Da queste tendenze scaturiscono le stime 2019 sulla ricchezza netta delle famiglie, ossia il valore delle attività finanziarie e reali al netto delle passività, che in base ai calcoli di Banca d’Italia è cresciuta dell’1,9% a 8,1 volte il reddito disponibile.
La componente immobiliare, stima la Banca d’Italia, è scesa dello 0,5% in linea con il 2018, quindi l’incremento della ricchezza netta è stato determinato prevalentemente dalla variazione della ricchezza finanziaria aumentata del 5,2% a 4.455 miliardi di euro grazie al rally di azioni e obbligazioni dello scorso anno che ha aumentato il valore degli asset nei portafogli. Alla fine del 2019 le attività finanziarie avevano raggiunto il 42% della ricchezza totale lorda (l’altra parte è costituita dall’immobiliare) ed erano pari a 3,7 volte il reddito disponibile, un valore elevato nel confronto con i principali paesi europei.
Quindi, afferma Via Nazionale, le famiglie e le imprese affrontano la difficile fase congiunturale con una struttura finanziaria più equilibrata di quella che avevano alla vigilia della doppia recessione del 2008-2013.
Nei primi mesi del 2020 le famiglie hanno risentito della contrazione del reddito seguita alle misure di contenimento della pandemia e della caduta dei corsi dei titoli, che ha ridotto la ricchezza finanziaria; sono cresciute l’avversione al rischio e la preferenza per strumenti finanziari più sicuri.
Tanto che alla fine dell’anno poco meno di un terzo (32,9%) dei 4.455 miliardi di ricchezza finanziaria, pari a 1.460 miliardi, era detenuto in depositi (1.295 miliardi) e circolante (165 miliardi), in rialzo di oltre sette punti percentuali rispetto al 2007. Nel 2019 i flussi sui depositi sono stati pari a 58 miliardi nel 2019, in netto aumento dai 22,5 miliardi del 2018.
Nel frattempo la quota allocata in prodotti del risparmio gestito (voce che comprende fondi comuni, polizze e fondi pensione) è ancora salita, raggiungendo il 31,6% dal 30,2% del 2018 (19,8% nel 2007), ovvero 1.403 miliardi: un aumento sostenuto dall’effetto mercato che ha fatto salire il valore degli asset, mentre i flussi di 21,5 miliardi nel 2019 sono risultati in calo dai 36,6 miliardi del 2018. «Questi strumenti migliorano il profilo di rischio-rendimento del portafoglio finanziario aumentando la diversificazione, anche geografica, degli investimenti: secondo nostre stime nel 2019 l’esposizione complessiva, diretta e indiretta, delle famiglie verso titoli esteri sarebbe stata pari al 21,1% delle attività finanziarie e quella verso i titoli pubblici italiani al 12,3%», sottolinea Banca d’Italia. La gran parte degli strumenti del risparmio gestito è rappresentata dalla voce assicurazioni, fondi pensione e tfr pari a 1.122 miliardi, di cui 808 miliardi del ramo Vita, con flussi di 25,4 miliardi nel 2019 (17 miliardi nel Vita) dai 38 miliardi (30 miliardi nel Vita) del 2018. Mentre le quote di fondi hanno una consistenza di 480 miliardi con una raccolta 2019 di soli 26 milioni dai 1,3 miliardi dell’anno precedente.
In calo invece dal 6,8% del 2018 al 6,1% il peso dei titoli obbligazionari che a fine 2019 valevano 271 miliardi, di cui 135 miliardi in titoli di Stato italiani, perché si è accentuato il rosso della raccolta pari a -33 miliardi (nel 2018 i deflussi erano stati di 9 miliardi) di cui 15,8 miliardi in uscita dalle obbligazioni governative dell’Italia per i rendimenti ai minimi, mentre nel 2018 i flussi erano stati positivi per oltre 10 miliardi. Giù anche l’incidenza delle azioni e delle partecipazioni scese dal 22,1% al 21,8% per un importo a fine 2019 di 967 miliardi e deflussi pari a 16 miliardi dai -19 miliardi del 2018. (riproduzione riservata)

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