Euler Hermes: il Made in Italy vale 140 mld ed esporta per 42. Ma l’84% è degli industriali
L’agroindustria fattura (molto), s’indebita poco e paga tardi
di Luigi Chiarello

L’agroalimentare italiano vale quasi 400 mila addetti, che lavorano in poco meno di 7 mila imprese. Queste hanno generato un fatturato cumulato di oltre 140 mld di euro nel 2018 (+2,2% sul 2017). Di questi 140 mld, ben 42 provengono dall’export, ma a incassare la fetta maggiore della torta è l’industria, che esprime l’84% dell’export agroalimentare italiano. L’agricoltura, invece, non riesce ad avere la stessa dinamicità dell’industria alimentare sui mercati a causa della struttura finanziaria sottodimensionata delle aziende agricole e per difficoltà legate alla logistica del fresco. A fotografare le performance del comparto è l’outlook 2019 di Euler Hermes (gruppo Allianz).

Il report evidenzia un miglioramento del profilo di rischio e un calo delle sofferenze bancarie; specie per il vino, il cui export (6 mld di euro) è molto positivo, sebbene rallenti sui mercati tradizionali. Sul versante insoluti, invece, va male: il settore ha vissuto un aumento della rischiosità nel 2018 con una crescita a doppia cifra degli indicatori di frequenza e severità sia sul mercato domestico sia nell’export. La crescita maggiore nel mercato interno, che ha quasi raddoppiato gli importi medi dei mancati pagamenti. Di contro, secondo EH, il ricorso al credito, storicamente basso nell’agroalimentare è in ulteriore diminuzione negli ultimi esercizi, sull’onda dell’export in crescita; specie per i trasformati che «incamerano porzioni più elevate di valore aggiunto». Ciò significa che l’agroindustria si finanzia all’interno della filiera, piuttosto che ricorrere all’indebitamento bancario. A riprova di questo, la scarsa sensibilità del settore, testata da EH, all’immissione di liquidità sul mercato da parte Bce.

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