di Sergio Luciano

Le immatricolazioni di auto nuove crescono un po’ in tutto il mondo, Italia compresa, soprattutto trainate dalle motorizzazioni ibride ed elettriche, oltre che dai primi parziali dispositivi di guida autonoma, ma questa rivoluzione potrebbe rappresentare l’ultima fase di vera crescita per il settore automotoristico. Perché? Non è facile spiegarlo, se non si riesce a inquadrare dall’alto i fenomeni in corso.

Innanzitutto l’automazione. Nel corso del 2018 Tesla ha tagliato 7 mila posti di lavoro incrementando i ricavi del 30% e riducendo i prezzi delle vetture di alta gamma del 20%, senza diminuire il margine industriale, avendo investito soltanto 200 milioni in nuovi robot guidati dall’intelligenza artificiale. Potrebbe sembrare un’ottima notizia per il settore, ma a ben vedere non lo è: innanzitutto perché, comunque, Tesla continua a perdere soldi, e poi perché l’industria dell’auto, che deve ovviamente seguire l’esempio del gruppo di Elon Musk, è sempre stata un’industria ad alta intensità di manodopera, e la inevitabile campagna di tagli occupazionali che sta per iniziare avrà ripercussioni sulla stabilità delle aziende (con scioperi e polemiche politiche) contribuendo anche a rendere il settore molto meno simpatico ai consumatori.

Ma c’è di più, e di peggio. Dagli Stati Uniti al resto del mondo si sta diffondendo a valanga il pensiero unico del car-sharing, la formula cioè di non acquistare più l’auto ma di usare quelle che si possono affittare sulle varie piattaforme web disponibili in tutti i Paesi avanzati. Peccato che nessuna – nessuna! – di queste piattaforme riesca ancora a maturare un solo dollaro di utile. È vero che sono tutte piattaforme in fase di lancio, e devono tenere i prezzi bassi, ma è anche vero che in nessun caso la marginalità della vendita di un’autovettura potrà essere eguagliata da quella di un noleggio: lo dimostra la storia pluridecennale delle grandi aziende di autonoleggio classico come Avis o Hertz, che sono in attivo perché praticano prezzi alti, ma non nuotano per niente nell’oro. E dunque nessuno, tra i boss mondiali dell’auto, sa dove andrà ad attestarsi il nuovo equilibrio tra ricavi da vendite e ricavi da noleggio, nessuno sa quando si fermerà la rincorsa all’innovazione tecnologica su carburanti e guida autonoma, nessuno sa quanto si guadagnerà nel settore tra dieci anni. Con tante incertezze, decidere oggi gli investimenti pluriennali tipici del comparto e convincere i grandi investitori istituzionali a mettere molti soldi nelle aziende automobilistiche sta diventando sempre più difficile.

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